Folklore Orientale

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view post Posted on 12/12/2011, 22:10
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Se ci sono degli aspetti interessanti della cultura tradizionale/popolare che vi piacciono, potete condivideli qui. Si può parlare delle usanze, delle immagini tipiche(ex daruma, maneki neko), delle leggende e tutto cio che rappresenta l'aspetto "tradizionale" del nostro amato mondo orientale.


INDICE:

Akai Ito bandieraj-1
Ainu bandieraj-1
Amaterasu, la dea del sole bandieraj-1
Bambole coreane southkorea
Capodanno Lunaresouthkorea
Casa Giapponese bandieraj-1
Castello di Himeji bandieraj-1
Chaehwa, i fiori di seta southkorea
Changdeokgung Il palazzo reale southkorea
Cha no yu bandieraj-1
Chongmyo e Sajik southkorea
Cuseok, Giorno del Ringraziamento southkorea
Daruma bandieraj-1
Doljanchi southkorea
Festa delle Lanterne southkorea
Festival di Kimje southkorea
Festività in Giappone bandieraj-1
Fiume Han southkorea
Fontane Zen bandieraj-1
Fortezza di Hwaseong southkorea
Geisha bandieraj-1
Geta bandieraj-1
Giardini Coreani southkorea
Giardini Giapponesi bandieraj-1
Gisaeng southkorea
Hanami bandieraj-1
Hanbok southkorea
Hanfu china2
Hanok, le case tradizionali coreane southkorea
Ikebana bandieraj-1
Insegne Imperiali bandieraj-1
JJimjilbang le saune coreane southkorea
Kappa bandieraj-1
Kimono bandieraj-1
Kokeshi bandieraj-1
Kotatsu bandieraj-1
Loto D'Oro china2
Love Hotel bandieraj-1
Maneki Neko bandieraj-1
Meoto Iwa bandieraj-1
Musica di Gaya e la nascita del «gayageum» southkorea
Ninja bandieraj-1
Oiran bandieraj-1
Omiai Kekkon bandieraj-1
Onsen bandieraj-1
Origami bandieraj-1
Oroscopo Cinese china2
Pepero Day southkorea
Rituale Buddista Yŏngsanjae southkorea
Ryokan bandieraj-1
Samurai bandieraj-1
Seijin no Hi bandieraj-1
Shamisen bandieraj-1
Shintoismobandieraj-1
Sirene di Jeju southkorea
Sottae e Changsŭng southkorea
Tabi bandieraj-1
Tarye, la cerimonia del te southkorea
Tempio Haenisa southkorea
Tempio Pŏpchusa southkorea
Tempio Ssanggyesa southkorea
Tempio T'ongdosa southkorea
Tōdai-jibandieraj-1
Torii bandieraj-1
Tsuki no Usagi bandieraj-1

Edited by Alannah - 29/12/2012, 15:04
 
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view post Posted on 13/12/2011, 11:48
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Daruma

daruma



Il Daruma è una figura votiva Giapponese priva di gambe e braccia che rappresenta Bodhidharma(Daruma in Giapponese), il primo fondatore dello Zen. La bambola consiste in un volto stilizzato di un uomo con barba e baffi, ma con gli occhi bianchi. Questo perché è usanza disegnare un occhio con l'inchiostro nero, quando si esprime un desiderio. Se il desiderio si avvera, allora si passa a disegnare anche l'occhio mancante. Il Daruma è generalmente colorato di rosso, ma se ne trovano anche di dipinti in verde, giallo e bianco.

Molti modelli di Daruma hanno il baricentro molto basso, quindi se vengono spinti in giù, si rialzano automaticamente. Questa caratteristica lo ha reso un simbolo positivo che rappresenta ottimismo, costanza e determinazione.
Il Daruma moderno deriva da una versione più antica che si chiamava Okiagari-koboshi, che in italiano si può tradurre come: "piccolo monaco rotondetto" o "piccolo monaco sempre-in-piedi".
È stato anche protagonista di una filastrocca per bambini del XVII secolo che recita così:

Hi ni! fu ni!
Fundan Daruma ga
Akai zukin kaburi sunmaita!


Una volta! Due volte!
Sempre il Daruma di rosso vestito
Incurante torna seduto!



Il daruma ha delle scritte; sulle guance il desiderio o una richiesta di protezione dei propri cari, mentre sul mento viene messo il cognome del proprietario. Di norma se ne conserva uno alla volta e va collocato in un punto elevato ed importante della casa, questo fino alla realizzazione del desiderio.

L'acquisto di un daruma, si effettua in un tempio buddista o nelle immediate vicinanze. Le dimensioni variano dai 5 ai 60 cm.
Le bambole Daruma possono essere bruciate, in genere a fine anno, come purificazione. In questo modo il Kami(dio), sa che la persona non ha rinunciato al proprio desiderio, ma sta percorrendo altre strade per realizzarlo. Però non è così semplice bruciare i Daruma. I templi li marchiano e molti rifiutano di bruciare bambole che hanno il marchio di un altro tempio.

info dalla wikipedia
 
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Le Sirene di Jeju

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A pochi chilometri dalle coste della Corea del Sud, in un’immensa distesa d’acqua azzura, è situato un piccolo paradiso naturale, splendido non solo per la natura lussureggiante e l’atmosfera incantata, ma anche perchè in quest’isola di origine vulcanica, che è la più grande della zona, esiste una struttura matriarcale che ha radici antiche, che tutt’ora, anche a causa dell’isolamento, è presente e molto sentita.
L'isola di Jeju è poco nota anche perchè non viene sempre citata in manuali ed atlanti, ed è proprio grazie a questa particolare condizione, che ha permesso lo sviluppo di tradizioni, usanze e culture assolutamente uniche ed originali.
Si dice che l’Isola sia il corpo stesso della Dea della Creazione, ed è chiamata “L’Isola delle Donne”, è infatti la casa delle leggendarie pescatrici subacquee conosciute come “Haenyeo”, una sorta di sirene dell'isola che in condizioni metereologiche perfette, si può vederle solcare il mare aperto, tuffandosi nell'oceano alla ricerca di ricci di mare, conchiglie ecc...
In special modo per le donne, Jeju è diventata il simbolo delle “cose com’erano una volta, e come potrebbero essere oggi”.

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view post Posted on 13/12/2011, 20:17
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"Tarye" La Cerimonia del te:

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La cerimonia del tè, è un antica e tradizionale arte orientale.
Pochi sanno che in realtà fu proprio la Corea a farla conoscere in Giappone, dopo averla a sua volta appresa dalla Cina.
Il tè faceva parte di numerose ricette per il culto, in quanto si sperava che i buoni profumi avrebbero raggiunto gli dei celesti.
Fu portato in Corea, contestualmente all'introduzione del buddhismo dalla Cina, e diede in seguito origine alla cerimonia del tè coreana, di cui la Corea ha oltre 3.000 versioni. Originariamente il tè era utilizzato per scopi cerimoniali o come parte della medicina erboristica tradizionale.
Il tè verde, com'è usato in Cina ed in Giappone, non è il solo tipo di tè bevuto in Corea, vengono gustati infatti un gran numero di tè a base di frutti, foglie, semi o radici, e se ne distinguono cinque gusti: dolce, aspro, salato, amaro e pungente.

La cerimonia del tè, In coreano si chiama "Tarye" (다례, 茶禮) e letteralmente significa "l'etiquette del te", e secondo le ricostruzioni storiche, era già eseguita nel VII secolo nel regno di Kaya. Fu in seguito formalizzata nel XV secolo dalla dinastia Chosŏn.

Durante la cerimonia del tè vengono usati diversi materiali che consistono in ciotole e teiere. In particolare possiamo notare l'uso della ceramica, specialmente di quella del tipo celadon di epoca Koryŏ. Questi manufatti erano così pregiati e ben realizzati, che molti artigiani coreani vennero chiamati anche in Giappone per realizzare ciotole per il tè.
Il tè viene preparato in apposite sale, dove un tempo si impiegava l'acqua del posto, a volte proveniente da una vicina sorgente.
Delle cameriere prepano il tè, che viene subito servito, ancora bollente. L'occasione può essere quella di un compleanno, un matrimonio, o un ricevimento importante.

La prima testimonianza storica che documenta l'offerta del tè ad un dio ancestrale descrive un rito nell'anno 661, in cui veniva fatta un'offerta di tè allo spirito di re Suro, il fondatore del Regno di Geumgwan Gaya (42-562).
Testimonianze della dinastia Goryeo (918-1392) mostrano che nei templi buddisti venivano fatte offerte di tè agli spiriti di monaci riveriti.

Durante la dinastia Chosŏn (1392-1910), la famiglia reale Yi e l'aristocrazia usavano il tè per riti semplici: il "rito del tè del giorno" era una comune cerimonia quotidiana, mentre il "rito del tè speciale" era riservato a specifiche occasioni. Questi termini non si trovano in altri paesi.
Verso la fine della dinastia Chosŏn, questa pratica si diffuse anche tra i cittadini comuni, che utilizzarono il tè per i riti ancestrali, seguendo l'esempio cinese basato sul testo di Zhu Xi Formalità della famiglia.

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Info qui: FB qui: wikipedia e qui:wikipedia
 
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Chuseok, Giorno del Ringraziamento:

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Fino a poco tempo fa la festività del Chuseok (Ch’usŏk) era citata come “Festa del raccolto” perché, tradizionalmente, ha luogo dopo la mietitura. Questo periodo festivo, in cui i contadini si riposano dalle fatiche dei campi, viene da poco tempo citato come “Giorno del ringraziamento”, cosa che fa pensare quanto sia rapido il cambiamento della lingua e del modo di pensare di una nazione quando c’è di mezzo la globalizzazione. Il titolo originale in inglese di quest’articolo definisce infatti il Chuseok come “Korean Thanksgiving Day”.

Ogni autunno la Corea assiste a un esodo in massa di gente che lascia Seul per celebrare la più importante festa dell’anno, Chuseok. Chiamata oggi da qualcuno “Giorno coreano del ringraziamento”, questa festività viene celebrata il quindicesimo giorno dell’ottavo mese del calendario lunare, ancora molto seguito in Estremo Oriente. Le date del calendario gregoriano e quello del calendario lunare non vanno d’accordo fra di loro e, in pratica, la data del Chuseok, pur restando sempre fissa nel calendario lunare estremo-orientale, è tutti gli anni diversa nel nostro calendario occidentale.
Chuseok è una festa che racchiude in sé gli elementi di due delle nostre festività: il ferragosto e il 2 novembre, giorno dei morti. Però, non è solo il tempo per celebrare il raccolto e per ricordare i propri antenati, ma è anche un momento per ricordare da dove uno viene, per ritrovare una volta all’anno le proprie radici, e per condividere dei momenti piacevoli con i membri della grande famiglia allargata e con i vicini. I coreani, perciò, per quest’occasione preparano una quantità di cibo saporito da offrire ai propri familiari, ai vicini e agli amici che vengono a far visita.

Si ritiene che questa festività sia originata dalla pratica del “gabae” (가배 嘉俳) del regno di Silla (57 a.C. - 935 d.C.). A gabae, che capitava il quindicesimo giorno dell’ottavo mese (15 agosto) secondo il calendario lunare, due gruppi di dame di corte partecipavano a una competizione di tessitura al telaio e il gruppo che avesse perso avrebbe dovuto dare in onore del gruppo vincente un banchetto con cibo, bevande, danze e musica. Da questa pratica nacque “hangawi” (한가위), nome che si riferisce alla “festa del raccolto”, e quindi a Chuseok.
Tradizionalmente la mattina di questa festività si tiene una cerimonia rituale detta “charye” (차례 茶禮) in memoria dei propri familiari defunti e degli antenati, cerimonia in cui vengono offerti i frutti del nuovo raccolto. Dopo la cerimonia si visitano le tombe degli antenati, pratica chiamata “seongmyo” (성묘 省墓).

Oltre a queste due funzioni principali, in occasione di questa festa si svolgono anche dei giochi tradizionali, come il tiro alla fune e il “ssireum”, che è una lotta libera in stile coreano. Nella regione meridionale del Jeolla-do le donne giovani eseguono il “ganggang suweollae” (강강수월래), una danza vorticosa attorno a un falò, cantando sotto la luna piena.
Nella notte di Chuseok ci si raduna sotto la luna piena, che di solito è la più grande dell’anno, e si esprimono auguri di buona fortuna e di felicità per la propria famiglia e per gli amici.
Chuseok è anche una festa gastronomica. Fra le molte specialità preparate in questa circostanza, quelle che meglio rappresentano la festività sono i “songpyeon” (송편 松~). Questi sono dei dolci di riso a forma di falce di luna fatti con miele, noci, sesamo, fagioli e aghi di pino. La vigilia di Chuseok le famiglie preparano tutti assieme questi dolci. Si crede che la donna che confeziona un songpyeon grazioso avrà una figlia graziosa.

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Info qui: Corea.it
 
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Hanbok

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L'Hanbok (한복 韓服) è il nome dell'abito tradizionale coreano che combina la bellezza con la praticità. Molto usato fino agli anni 1960, l'influsso dell'Occidente ne ha in seguito fatto diminuire l'utilizzo come vestito di tutti i giorni. Ultimamente, però, i coreani stanno tornando all'uso del vestito hanbok per le occasioni speciali, come per le feste, i matrimoni e altri eventi particolari.

Hanbok (in corea del sud) o Chosŏn-ot (in corea del nord). Il termine hanbok si può semplicemente tradurre come abito coreano.

La storia dell'abito tradizionale coreano risale al periodo dei Tre Regni (I sec. a.C. - VII sec. d.C.), all'era dei regni di Koguryŏ, Paekche e Silla.
Le più antiche tracce dell'utilizzo dei vestiti hanbok si hanno nelle pitture murali delle tombe dei reali e dell'aristocrazia di Koguryŏ.
Nel corso dei secoli il design dell'abito è rimasto praticamente invariato. L'hanbok consiste in due parti: una giacca chiamata chŏgori (저고리) ed una ampia gonna chiamata ch'ima (치마), che eventualmente poteva essere sostituita da dei pantaloni chiamati paji (바지).
A seconda della stagione dell'età e del rango di chi lo indossava, cambiavano il materiale, il colore e il modo in cui questo vestito veniva indossato.
Il colore delle maniche e quello della fascia all'altezza del seno indicavano lo stato sociale di chi lo indossava.
Il colore del vestito cambiava anche a seconda dell'età e dello condizione della persona, oltre che in base alla stagione.
Tuttavia il modello era ed è ancor oggi lo stesso, sia che si tratti di una contadina, sia che si tratti della moglie del presidente della repubblica, e anche in passato, quando la distinzione fra le classi era molto marcata, in occasioni speciali anche alle persone comuni era permesso indossare i ricchi colori e gli opulenti ornamenti degli abiti indossati dagli aristocratici.
Le linee dell'hanbok sono una combinazione di rette e di curve, e in passato il colore più usato era il bianco, per cui i coreani erano conosciuti come una “popolazione vestita di bianco".

La forma dell'hanbok deriva da quella degli abiti indossati dalle popolazioni altaiche. L'abito è costituito da due pezzi, uno superiore e uno inferiore: una giacchetta chiamata chŏgori (저고리) e una gonna chiamata ch'ima (치마) oppure un paio di ampi pantaloni chiamati paji (바지). Gli abiti tradizionali coreani sono di solito fatti di seta, ramiè o cotone.
L'hanbok femminile è un completo molto elegante formato da una corta giacchetta e da un'ampia gonna che arriva fino a terra, mentre il vestito maschile è formato principalmente da una giacchetta e da un paio di pantaloni, e talvolta da un gilè e da un soprabito chiamato turumagi (두루마기). Con l'abito maschile è quasi indispensabile indossare poi anche un cappello di bambù o di crine di cavallo detto kat(갓).
La maggior parte delle giacchette sono formate da corpetto, maniche, colletto e cintura all'altezza del seno, ed esistono molti tipi di giacchette a seconda del materiale impiegato, del metodo di cucitura e del modello. In accordo con lo spessore del materiale usato e del metodo di cucitura, le giacchette si suddividono nelle categorie di giacchette con un solo strato, giacchette imbottite e giacchette trapuntate.
Le giacchette si distinguono anche per l'uso dei colori. Vi sono giacchette tutte dello stesso colore, altre con il colletto, la fascia e la fine delle maniche di colore diverso. Ma la vera bellezza dell'abito è data dalla gonna che oggi viene legata molto in alto, sopra il seno, il che dà luogo alle belle linee e alla maestosità dell'abito.
In termini di forma e struttura, l'abito tradizionale hanbok è un vestito piatto, preparato tagliando e cucendo assieme pezzi che hanno linee diritte. Per dare all'abito volume e per far sì che i pezzi piatti si adattino al corpo umano, vengono usate increspature o pieghe della stoffa e, per tenere al loro posto le varie parti, si usano dei nodi. Anche se il vestito tradizionale è un abito piatto, acquista un suo volume quando viene indossato, creando così un tipo di bellezza morbida ed elegante.

La bellezza dell'hanbok deriva dalle linee e dall'armonia dei colori, che rivelano il senso estetico degli antichi coreani. Le linee piene, eppure fluenti e dinamiche, della gonna quando l'indossatrice si muove creano un'armonia di linee e di colori che da sole si sono attirate le lodi di chi le ha ammirate in tutto il mondo.
Gli abiti formali mettono in risalto la dignità e lo stile di chi li indossa. La disposizione e il contrasto dei due o più colori per raggiungere lo scopo e l'effetto desiderato rappresentano unità e ordine. A seconda della luminosità e del tono dei colori usati, il vestito coreano può far apparire chi lo indossa elegante, intellettuale, o esprimerne la personalità.

L'aspetto dell'hanbok è reso ancor più attraente con una varietà di accessori. L'accessorio principale usato in passato era il fermacapelli chiamato pinyŏ (비녀) che non veniva impiegato solo per tenere il chignon a posto e ben fermo, ma anche a scopo ornamentale. I pinyŏ erano fatti di materiali diversi come oro, argento, legno, nichel, corallo e giada, e la lunghezza dell'asta del fermacapelli indicava lo stato sociale di chi lo indossava.
I pinyŏ sono composti da due parti, la testa a forma di bulbo e l'asta. La testa è decorata. Le donne della corte reale indossavano fermacapelli modellati con figure di draghi o di fenici, mentre le donne comuni fermavano i capelli con pinyŏ che portavano disegni di bambù, susine, alberi e fiori.

Il ttŏljam (떨잠 ~簪), o “spillone per capelli ondeggiante”, era un altro dei principali accessori indossati dalle donne della corte reale e da quelle delle classi elevate. Erano indossati a gruppi di tre, uno nella parte centrale dei capelli, e uno per ciascun lato. Farfalle scolpite, stelline e altre forme erano attaccate alla fine di una specie di molla, cosicché le farfalle e le stelline sembravano ondeggiare sulla testa di chi li indossava.

Il ch'ŏpchi (첩지) era un altro tipo di spillone per capelli che era indossato nella parte frontale al centro dei capelli quando la chioma era raccolta in uno chignon.

Mentre la maggior parte di questi accessori non sono più in uso oggi, i norigae sono invece ancora molto usati quando una donna indossa il vestito tradizionale. Attaccato alla fascia della gonna a livello del torace, pende giù fra le pieghe della gonna ed è formato da un ornamento fatto d'oro, d'argento o di un altro metallo o pietra preziosa, da un nodo e da tasselli ornamentali.
Fin dal lontano passato i norigae hanno simboleggiato desideri di ricchezza, onore, molti figli e longevità, e sono sempre stati tenuti cari come eredità preziose.

Il tocco finale al vestito tradizionale femminile sono le scarpette di seta ricamate con disegni di fiori. Le scarpette e le calze imbottite (pŏsŏn 버선) mettono in evidenza la bellezza dell'orlo della gonna.

Oggi in Corea vi sono circa 50.000 aziende impegnate nella produzione di hanbok ed esiste anche una rivista che tratta di questi vestiti tradizionali. Si effettuano inoltre studi e ricerche sugli abiti tipici coreani e molte mostre di hanbok si tengono ogni anno in Corea e all'estero.

La versione maschile del capo consiste similmente nel chŏgori e nei paji. La versione femminile poteva sostituite ai pantaloni la gonna ch'ima, tenuta legata giusto al di sotto del seno da una ampia fascia. Sia nella versione maschile che in quella femminile l'hanbok segue una linea molto semplice e lineare, priva di tasche. La giacca è spesso adornata con gioielli di ambra, e spesso venivano utilizzati anche altri accessori.

Sotto spoiler altre immagini:



Info qui: Corea.it e qui:wikipedia
 
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Kimu
view post Posted on 16/12/2011, 22:07




Maneki Neko


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Maneki neko (letteralmente "gatto che ti chiama"; anche noto come "gatto che dà il benvenuto", "gatto della fortuna", "gatto del denaro") è una diffusa scultura giapponese, spesso fatta di porcellana o ceramica, che si ritiene porti fortuna al proprietario. La scultura raffigura un gatto che chiama con un cenno di una zampa alzata, e di solito viene esposta in negozi, ristoranti, sale di pachinko e altre attività commerciali; è anche usata come amuleto shintoista. Se la zampa alzata è la destra dovrebbe attirare il denaro, la sinistra i clienti. Esistono Maneki neko di diversi colori, stili e gradi di ornamento. Oltre che come statuetta, Maneki neko si può trovare come portachiavi, salvadanai, deodoranti, e altri oggetti. La razza di gatto rappresentata dalla statuetta è generalmente un bobtail giapponese.

Caratteristiche

Il gesto

Per gli americani e gli europei può sembrare che il Maneki neko stia salutando piuttosto che richiamando (chiamando verso di sé). Ciò è dovuto alla differenza nei gesti usati dagli occidentali e dai giapponesi, infatti i giapponesi usano chiamare con un cenno tenendo la mano alzata, con il palmo verso l'esterno, e piegando le dita verso il basso e poi riportandole in alto ripetutamente, da questo deriva la posa del gatto. Alcuni Maneki neko fatti appositamente per i mercati occidentali hanno la zampa rivolta all'indietro, quindi una posa che riproduce un cenno di richiamo più familiare agli occidentali.
Si possono trovare sia Maneki neko con alzata la zampa destra sia con la sinistra, e a volte entrambe. Il significato della zampa destra o sinistra cambia col tempo e col posto. La credenza più comune è che la zampa sinistra attiri i clienti, mentre la destra salute e fortuna, anche se alcuni dicono il contrario. Altri ancora dicono che la zampa sinistra alzata sia la cosa migliore per i locali in cui si beve, la destra per le altre attività commerciali. (Chi sopporta bene l'alcool in Giappone è chiamato "hidari-kiki", ossia "mancino".)
È opinione comune che più in alto sia la zampa, maggiore sia la fortuna che porta. Quindi la zampa dei Maneki neko ha avuto la tendenza a essere, negli anni, sempre più alta. Pertanto l'altezza della zampa è utilizzata da alcuni come metodo approssimativo per stimare l'età di una statuetta. Un'altra credenza comune è che più alta è la zampa e da più lontano verrà la fortuna.
Alcuni Maneki neko hanno una zampa che si muove, azionata da una batteria o dall'energia solare, che ripete all'infinito il gesto del chiamare con un cenno.

Colore

I Maneki neko si trovano di ogni colore. Benché all'inizio i colori fossero soltanto decorativi, adesso i differenti colori sono associati con differenti proprietà (ma il significato dei colori, come qualsiasi altra cosa riguardo ai Maneki neko, sono incredibilmente vari):

Tricolore: Il colore di base è bianco, con macchie nere e arancioni disposte a caso. Questa colorazione è considerata particolarmente fortunata ed è quella più popolare per i Maneki neko. La credenza potrebbe essere correlata alla rarità di questa colorazione nei gatti bobtail giapponesi, ai quali è ispirata la rappresentazione del Manei Neko. In Giappone questo colore è chiamato Mi-ke, che significa tre-pellicce (o tri-pelo).

Bianco: I gatti bianchi indicano purezza e sono il secondo tipo per diffusione.

Nero: Si dice che i Maneki neko neri portino buona salute e tengano lontano gli influssi negativi. Sono molto apprezzati dalle donne perché dovrebbero essere particolarmente efficaci nel tenere lontano i molestatori.

Rosso: Anche il rosso è un colore protettivo, e si ritiene che tenga lontani gli spiriti maligni e la malattia.

Oro: associato con la ricchezza, il benessere economico.

Rosa: Benché non sia un colore della tradizione, attualmente è un colore popolare ed è associato all'amore.

Verde: Si dice che porti riconoscimenti accademici.

Collare, bavaglino e campanello

I Maneki neko di solito hanno un qualche accessorio attorno al collo, che può essere un fazzoletto o una sciarpa, ma il più comune è il collare, un campanello e un bavaglino decorativa. Questi oggetti sono molto probabilmente ad imitazione di quelli che erano gli accessori ornamentali per gatti in voga tra le famiglie benestanti durante il periodo Edo. Venivano usati collari rossi fatti con un fiore (lo hichirimen), e piccoli campanelli erano attaccati per decorazione e per tener traccia del gatto nei suoi spostamenti.
Il bavaglino al collo potrebbe anche essere correlato a quelli che spesso ornano le statue della divinità Bodhisattva Jizo. Statue di Jizo si possono trovare a protezione dell'ingresso di santuari e cimiteri. Jizo è il protettore dei bambini ammalati e morenti e i genitori riconoscenti di bambini guariti da una malattia mettono un bavaglio attorno a Jizo come dono di ringraziamento.

La moneta

I Maneki neko a volte sono raffigurati con in mano una moneta; di solito una moneta d'oro chiamata koban, usata in Giappone nel Periodo Edo. Un koban valeva un ryō, un'altra antica moneta Giapponese, tuttavia il koban della maggior parte dei Maneki neko vale dieci milioni di ryō. Un ryō può essere paragonato indicativamente a mille dollari.
La moneta ovviamente è legata al ruolo del gatto nell'attrarre la buona fortuna e le ricchezze. Non sorprende quindi che spesso i Maneki neko siano usati come salvadanai, un'usanza che risale al 1890.
A volte monete di piccolo taglio vengono lasciate come offerte a un Maneki neko. Questa usanza è in qualche modo simile a quella di lanciare una moneta in una fontana per buon augurio o in un pozzo dei desideri.

Materiali

Maneki neko di solito sono fatti di porcellana o di ceramica; quelli più economici possono tuttavia essere fatti di altri materiali, dalla plastica, al legno alla cartapesta, all'argilla; mentre i Maneki neko più costosi possono essere di giada o d'oro. I Maneki neko che si muovono in genere sono di plastica.


Origini

Storia

Si pensa che il Maneki neko sia apparso per la prima volta verso la fine del Periodo Edo (1603-1867), ma il documento più antico è del 1870, del Periodo Meiji. Venne infatti menzionato in un articolo di giornale del 1876 e ci sono prove che in quel periodo dei Maneki neko vestiti con dei kimono erano distribuiti presso un tempio di Ōsaka. Una pubblicità del 1902 che pubblicizzava i Maneki neko mostra indica che all'inizio del XX secolo essi erano popolari.
A parte quanto detto, le origini del Maneki neko rimangono incerte.
Un aneddoto spesso attribuito a vari protagonisti (a imperatori giapponesi, a Oda Nobunaga, al samurai Ii Naotaka) racconta che questo illustre personaggio sia passato vicino a un gatto che sembrava salutarlo. Interpretando il movimento del gatto come un segno, il nobiluomo si fermò e andò verso di lui; essendosi allontanato dalla strada che stava seguendo, si accorse di aver evitato una trappola che era stata tesa per lui proprio poco più avanti. Da allora i gatti furono considerati spiriti saggi e portatori di fortuna. In molti luoghi di culto e case giapponesi si trova la raffigurazione di un gatto con una zampa alzata nell'atto di salutare, di qui l'origine del Maneki neko, spesso indicato anche come Kami Neko riferendosi al kami, o spirito, del gatto.
Una teoria lega l'origine del Maneki neko, o almeno la crescita della sua popolarità, al sorgere del nuovo governo Meiji. Nel suo tentativo di occidentalizzare la società giapponese, il governo Meiji proibì i talismani sessuali popolari in quell'epoca, spesso chiaramente esposti nei bordelli. Con la scomparsa di questi oggetti popolari, rapidamente apparvero in sostituzione i Maneki neko, che forse con il loro gesto imitavano il gesto di una donna che richiamava a sé.
Altri hanno notato la somiglianza tra il gesto del Maneki neko e quello di un gatto che si lava la faccia. Una credenza giapponese dice che un gatto che si lava la faccia significa che presto arriverà un ospite. Questa credenza potrebbe a sua volta essere legata ad un ancora più antico proverbio cinese, il quale afferma che se una gatto si lava la faccia, allora pioverà. E quindi è possibile che sia nata la credenza che la statuetta di un gatto che si lava la faccia porta clienti in un negozio.
Non è noto come il Maneki neko divenne popolare negli Stati Uniti d'America, ma erano noti in tale stato almeno dal 1963, quando Patricia Dale-Green scrisse di loro in The Cult of the Cat. Il Maneki neko è molto comune nella Chinatown della città di New York dei giorni moderni, venditori esclusivi e negozi di strada ne mostrano e vendono un'innumerevole varietà, che vengono comprati soprattutto dai turisti. Sono spesso comprati perché buffi o come oggetto che può generare una discussione.

Leggende e racconti

Maneki neko è protagonista di varie leggende. Tre delle più famose, che spiegano l'origine del gatto sono le seguenti:

Il gatto del Tempio: Un ricco feudatario, durante un temporale, si stava riparando sotto un albero vicino al tempio Gotoku-ji (nella parte Ovest di Tokio). Il feudatario vide il gatto del monaco del tempio che lo chiamava e andò verso di lui; un attimo dopo l'albero fu colpito da un fulmine. Il ricco signore, che era così scampato al fulmine, fece amicizia col povero monaco e ciò portò prosperità al tempio. Quando il gatto morì, probabilmente in suo onore fu costruito il primo Maneki neko.

La cortigiana: Una prostituta di nome Usugumo, che viveva a Yoshiwara, nella parte Est di Tokio, aveva un gatto, al quale voleva molto bene. Una notte il gatto iniziò a tirare forte il suo kimono. Qualunque cosa lei facesse, il gatto continuava. Il proprietario del bordello vide la scena, e pensando che il gatto fosse stregato, gli tagliò la testa. La testa del gatto volò fino al soffitto, dove uccise un serpente, che avrebbe potuto colpire da un momento all'altro. Usugumo fu atterrita dalla morte del suo amico animale. Per rallegrarla uno dei suoi clienti le costruì una statuetta che raffigurava il suo gatto e gliela regalò. Questa statuetta in seguito divenne popolare come il Maneki neko.

L'anziana signora: Una donna anziana che viveva a Imado (nella parte Est di Tokio) fu costretta a vendere il suo gatto a causa dell'estrema povertà. Poco dopo il gatto le apparve in un sogno e le disse di fare con l'argilla un'immagine che lo ritraeva; la donna lo fece, e subito dopo vendette la statuetta. Poi ne fece anche altre, e la gente continuava a comprarle, erano così ricercate che la donna diventò ricca e benestante


Sotto spoiler altre immagini:

SPOILER (clicca per visualizzare)220px-Maneki-neko-ja
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Kimono

kimonogrigio


Il kimono ( 着物, kimono: letteralmente cosa da indossare quindi abito) è un indumento tradizionale giapponese nonché il costume nazionale giapponese.

In origine il termine "kimono" veniva usato per ogni tipo di abito; in seguito è passato ad indicare specificamente l'abito lungo portato ancor oggi da persone di entrambi i sessi e di tutte le età. Il kimono è molto simile agli abiti in uso durante la dinastia cinese Tang.

Il kimono è una veste a forma di T, dalle linee dritte, che arriva fino alle caviglie, con colletto e maniche lunghe. Le maniche solitamente sono molto ampie all'altezza dei polsi, fino a mezzo metro. Tradizionalmente, le donne nubili indossano kimono con maniche estremamente lunghe che arrivano fin quasi a terra, chiamato furisode. La veste è avvolta attorno al corpo, sempre con il lembo sinistro sopra quello destro (tranne che ai funerali dove avviene il contrario), e fissato da un'ampia cintura annodata sul retro chiamata obi.

Molti credono che il kimono sia l'uniforme utilizzata nella pratica delle arti marziali giapponesi, dovuto spesso all'errata credenza diffusa nei film del genere, in realtà si usa il termine Keikogi per identificare l'abbigliamento per la pratica delle discipline marziali. Il kimono viene generalmente abbinato a delle calzature tradizionali giapponesi, specialmente ai sandali geta e zori (simili alle infradito) e a dei calzini che dividono l'alluce dalle altre dita chiamati tabi.

STORIA
La storia e lo sviluppo del kimono vennero pesantemente influenzati dall'abbigliamento tradizionale cinese del popolo Han, chiamato hanfu, grazie alle ambasciate giapponesi presenti in Cina nel IV secolo. Fu comunque nell'VIII secolo che il costume cinese divenne popolare in Giappone. Durante il periodo Heian (794–1192) il kimono divenne sempre più simile a quello attuale, anche se all'epoca veniva ancora coperto con una sorta di grembiule chiamato mo. Durante il periodo Muromachi (1392-1573) il kosode, un antesisgnano del kimono che però veniva considerato ancora parte della biancheria intima, cominciò ad essere indossato senza la gonna-pantalone hakama sopra di esso e quindi cominciò anche ad essere fissato al corpo con una cintura apposita, la cintura obi. Durante il periodo Edo le maniche iniziarono ad allungarsi, specialmente tra le donne non sposate, e la cintura obi iniziò a diventare più larga, con vari tipi di nodi e allacciature sempre meno semplici. Da allora la forma base del kimono maschile e femminile è rimasta essenzialmente immutata.

CARATTERISTICHE
I kimono da uomo sono disponibili in varie taglie, ma tradizionalmente tutti i kimono da donna sono sostanzialmente di una sola taglia, e vengono adattati alle varie forme e dimensioni del corpo rimboccando o piegando opportunamente il tessuto. Un kimono cucito perfettamente ha le maniche che terminano esattamente alla fine dei polsi quando le braccia sono abbassate. La lunghezza ideale del kimono da uomo dovrebbe arrivare alle caviglie senza essere piegato in vita; quello da donna è invece più lungo, ma arriva comunque alle caviglie dato che viene ripiegato in vita sotto la cintura obi. Questa ripiegatura viene chiamata ohashori.

I kimono tradizionali vengono realizzati come in passato, ovvero vengono ricavati da un singolo rotolo di stoffa chiamato tan largo circa trentacinque centimetri e lungo circa undici metri e mezzo (per un kimono per adulti); questo rendeva difficile e costoso avere dei kimono di taglie grandi, per persone alte di statura o molto corpulente, come ad esempio i lottatori di sumo che indossavano kimono fatti su misura. Il kimono finito consiste quindi di quattro larghe strisce di tessuto: due pannelli che coprono il corpo e due che vanno a formare le maniche più due piccole strisce per il colletto e i risvolti del pannello frontale. In passato il kimono veniva spesso scucito per lavare separatamente i vari pannelli e ricucito a mano. Tessuti e metodi di lavaggio moderni hanno reso obsoleta questa pratica. A volte, quando il kimono deve essere conservato per lungo tempo, lungo gli orli esterni vengono messi dei punti di imbastitura piuttosto laschi, per evitare pieghe e torciture indesiderate nonché per mantenere il corretto allineamento dei vari strati dell'abito.

I kimono tradizionali sono cuciti a mano, ed i tessuti usati per il loro confezionamento sono spesso fatti e decorati a mano. Il kimono può essere decorato con motivi singoli o ripetuti, ottenuti con diverse tecniche, tra cui lo yuzen, un tipo di tintura resistente prodotto con una pasta di riso, lo shibori e la pittura a mano o con uno stencil. Decorazioni ripetute regolari che coprono grandi parti del kimono sono generalmente prodotte con lo yuzen e una fustella. Con il tempo ci sono state molte variazioni dei colori, dei tessuti e dello stile, così come per gli accessori come l'obi.

I kimono e le cinture obi sono tradizionalmente fatti di seta, broccato o satinato (come il rinzu). I kimono moderni sono disponibili anche in tessuti meno costosi e meno delicati, come quelli fatti con il rayon, il cotone, il poliestere od altre fibre sintetiche. La seta è considerata comunque ancora il tessuto ideale ed è praticamente obbligatoria nelle occasioni formali. Le fantasie ricamate o stampate sul kimono possono anche essere abbinati alla stagione.

Oggigiorno il kimono viene indossato sopra una sottoveste apposita, mentre in passato venivano indossati svariati strati di indumenti che venivano poi coperti con il kimono vero e proprio.

I vecchi kimono sono spesso riciclati in vari modi: vengono alterati per fare degli haori, hiyoku o dei kimono per bambini; vengono inoltre usati per fare delle borsette o accessori simili. Un kimono rovinato sotto il punto vita può comunque essere indossato sotto una hakama.

Esistono diversi stili di kimono per le varie occasioni, dalle più formali alle più familiari. Il livello di formalità di un kimono da donna è dato dalla sua forma (principalmete la lunghezza delle maniche), dal disegno, dal tessuto e anche dal colore. I kimono da uomo si presentano invece generalmente in un'unica forma e sono di colori spenti. Il loro grado di formalità è dato anche dal colore degli accessori, dal tipo di tessuto e dal numero (o dall'assenza) di kamon (cimiero di famiglia).

PARTI DEL KIMONO

kimono1


yuki – lunghezza delle maniche

sodetsuke – 袖付 cucitura del giromanica, parte attaccata della manica
furi – 振り parte della manica non attaccata al corpo.
miyatsuguchi – apertura sotto il giromanica
ushiromigoro – 後ろ身頃 sezione principale della parte posteriore
fuki – orlo
sodeguchi – 袖口 apertura delle maniche
tomoeri – esterno del colletto
uraeri – interno del colletto
sode - 袖 manica
eri - 襟 collettO
tamoto – “borsa” della manica
doura – fodera superiore
okumi – parte frontale sotto il colletto
maemigoro – 前身頃 sezione principale della parte frontale
susomawashi o hakkake – 八掛 fodera inferiore

Hakkake: Fodera interna del kimono. Normalmente è nascosta, ma diviene discretamente visibile quando la persona si muove. Può essere di un colore coordinato con il colore del kimono, oppure nei kimono più eleganti essere decorata con lo stesso motivo del kimono o con uno contrastante. Le geisha spesso indossano kimono con una fodera interna decorata che fanno intravedere quando danzano o camminano. E' chiamata anche suso mawashii. (Nella figura lo hakkake è la parte rossa)


IL KIMONO DA DONNA
Per la maggior parte delle donne è impossibile indossare un kimono senza aiuto, dato che il tipico completo da donna consiste di almeno dodici parti separate, da indossare, unire e fissare secondo regole precise. Ancora oggi esistono assistenti professionali che aiutano le donne ad indossare i kimono, specialmente nelle occasioni speciali. Tali assistenti hanno una licenza professionale e, oltre a lavorare spesso presso i saloni di parrucchiere, fanno anche visite a domicilio.

La scelta del kimono da indossare in un'occasione è legata a numerosi simboli e sottili messaggi sociali. La scelta riflette l'età della donna, il suo stato civile e la formalità dell'occasione. In ordine decrescente di formalità si hanno:(sono disposti dal più al meno formale ma è bene ricordare che un kurotomesode può essere più o meno formale a seconda del numero maggiore o minore di emblemi di famiglia o kamon)

Uchikake: fino al periodo Edo l’uchikake era utilizzato dalle mogli di guerrieri o di nobili nelle occasioni formali, dopo divenne un abito di nozze. Di seta monrinzu o monshusu (satin con pattern), dall’orlo imbottito e dalle lunghe maniche, viene indossato senza essere fermato da alcuna cintura sopra il kimono. Gli uchikake colorati presentano simboli di buon auspicio dai toni sgargianti e sono spesso ricamati in oro e argento. Il kakeshita è un furisode indossato sotto l’uchikake che può essere bianco o colorato, di seta monrinzu o in habutae (taffettà). L’obi per il kakeshita è di monrinzu bianco ed è annodato nello stile bunko. Sotto il kakeshita s’indossa un kimono detto shitagane. Una variante dell’uchikake è lo shiromoku, l’abito nuziale. Nel caso dello shiromoku, uchikake, kakeshita e shitagasane sono bianchi a simboleggiare la volontà della donna di imparare i costumi e le usanze della famiglia del marito e farle proprie. Tradizionalmente veniva indossato il primo dei tre giorni in cui si svolgeva la cerimonia nuziale. Il secondo giorno la donna indossava un abito rosso che serviva come scudo contro la sfortuna, mentre l’ultimo giorno indossava un kimono nero formale.


Furisode(振袖): la parola furisode è composta da furi > muovere, sventolare e sode > maniche; si dice infatti che una fanciulla potesse catturare il cuore di un uomo nelle lunghe maniche del suo kimono, se avesse saputo muoverle con grazia. Il furisode è il kimono più formale per una ragazza nubile e viene indossato quindi nelle occasioni più eleganti: per festeggiare la maggiore età (a gennaio del 20° anno), per un matrimonio, per la prima cerimonia del tè dell'anno... le uniche ad indossarlo con regolarità sono le maiko, le allieve geisha. Più lungo di un kimono normale, ha ricchi motivi che partendo dall'orlo di solito coprono tutta la superficie, diradandosi a livello della vita dove sono coperti dall'obi, per poi espandersi soprattutto verso la spalla sinistra... i colori sono vivaci, i disegni esuberanti, la stoffa è spesso una seta rinzu con motivi damascati. L'obi viene annodato con fiocchi molto elaborati e fantasiosi. Esistono alcune varietà:

O-burisode: maniche lunghe circa 105 cm, in pratica fino alle caviglie
Chu-burisode: furisode "medio", con maniche lunghe circa 90 cm
Ko-furisode: furisode "piccolo", con maniche lunghe circa 75 cm


Tomesode: kimono con le maniche accorciate (tome-sode significa appunto accorciare le maniche) indossato da donne sposate.

Kurotomesode 黒留袖 : il kimono più formale per la donna sposata. Ha lo sfondo nero e disegni colorati (kisho ) in basso a sinistra sullo uwamae, a formare un dipinto. Più la donna è anziana, più il disegno è vicino all’orlo. Questo kimono possiede 5 kamon, tre davanti e due dietro. Lo si indossa principalmente nelle cerimonie di nozze di familiari di primo grado o per visitare i santuari. Nagajuban e date-eri (striscia di tessuto raddoppiato, cucito all'interno dello scollo del kimono sullo uraeri, in modo che sporga un poco) sono bianchi di seta rinzu. Obiage e obijime anch’essi bianchi e color oro o argento, zori dorati o argentati. Il ventaglio (sensu) è tenuto chiuso e infilato nell'obi, a sinistra. Obidome in avorio, in metallo prezioso, intagliato e decorato con pietre. Si indossa a riunioni formali, ma mai a funerali e cerimonie del tè.


Irotomesode(色留袖): differisce dal kurotomesode per lo sfondo che è colorato. Sempre utilizzato da donne già sposate, è meno formale del primo. Può avere da 1 a 3 kamon.

Hōmongi(訪問着): kimono elegante ma non troppo formale, usato in occasione di visite per uno scambio di doni o al futuro fidanzato, all’inizio dell’anno, una festa, il Shichigosan della propria figlia. Il motivo copre buona parte della superficie e passa sopra le cuciture (eba-moyō): questo richiede che la stoffa sia tagliata ed imbastita per disegnare i contorni, prima di tingerla, per essere sicuri che il disegno combaci una volta cucito il kimono. A seconda del grado di formalità un hōmongi può avere tre kamon o un solo kamon, solitamente ricamato (nui kamon), che è il tipo meno formale, ma talvolta anche dipinto (nakakage mon). Il nagajuban può essere di seta colorata o disegnata, per dare un tono più elegante si usa un date-eri in colore contrastante, fukuro obi e obiage ed obijime colorati.


Tsukesage(付け下げ): durante la Seconda Guerra Mondiale, lo hōmongi divenne un bene di lusso e quasi scomparve perché il popolo era costretto ad uno stile di vita semplice e frugale. Tuttavia qualche ricco personaggio di spicco desiderava indossarlo ugualmente. Di conseguenza nacque lo tsukesage-hōmongi, un sostituto più economico per l’esclusivo e lussuoso hōmongi. In questo tipo di kimono, il pattern è lo stesso davanti e dietro, ha cioè un unico verso, è dipinto direttamente dall’artista su un unico rotolo (tanmono). È utilizzato da donne sposate e non. Il termine tsukesage indica il modo di dipingere il tessuto.

Iromuji(色無地): il kimono è colorato, tinta unica, ma non ha disegni dipinti tranne un singolo kamon sulla schiena. Di monrinzu o chirimen, può essere utilizzato in circostanze più o meno formali, variando il tipo di obi.

Komon(小紋): kimono con motivo distribuito su tutta la superficie, di solito a stencil. In genere è informale. Rispetto al komon comune (disegni in stile kijaku), l’edo komon, ha disegni molto piccoli e può essere utilizzato come kimono formale. Lo tsukesage komon viene disegnato con la stessa tecnica usata per lo tsukesage homongi.

Yukata (浴衣): kimono estremamente informale, sfoderato, generalmente in cotone, lino o canapa. Gli yukata sono indossati in estate in occasioni all'aperto da uomini e donne di ogni età. Sono inoltre indossati alle terme, dove spesso vengono anche offerti agli ospiti degli stabilimenti termali.

KIMONO PARTICOLARI
Mofuku: kimono completamente nero, privo di disegni utilizzato per i funerali, dalle linee essenziali e raffinate. Ha 5 kamon, 2 davanti e 2 dietro.
Anche obi, obijime, obiage e la borsa sono neri, solo i tabi sono bianchi.

Susohiki: detto anche hikizuri (suso è il la parte inferiore del kimono, hiki significa trascinare) è il kimono più elegante di una geisha o di una maiko (allieva geisha), che lo indossano per le feste del nuovo anno o comunque per le occasioni importanti, quando devono danzare. La parola si riferisce alla foggia del kimono, che è più lungo degli altri e con l'orlo leggermente imbottito in modo da ricadere a terra elegantemente. Il susohiki non viene ripiegato in vita in modo da sollevare l'orlo da terra, ma questo viene lasciato come strascico.

KIMONO DA UOMO
A differenza dell'abito da donna, i kimono da uomo sono molto più semplici e si compongono di un massimo di cinque pezzi, esclusi calze e sandali.

Oggi, le principali differenze tra i kimono da uomo consistono nel tipo di tessuto e nel modello. Il kimono tipico è di colore scuro - nero, blu scuro, verde scuro e più raramente marrone. I tessuti sono opachi e, nei modelli meno formali, presentano un motivo leggero. Kimono meno formali possono essere di colori leggermente più vivaci - come il viola, il verde e il blu. Alcuni lottatori di sumo a volte indossano anche colori particolarmente vivaci, come il fucsia.

Il tipo di kimono più formale è completamente nero, con cinque kamon sul petto, sulle spalle e sulla schiena. Leggermente meno formale è la versione con tre kamon. Sono generalmente accompagnati da biancheria ed accessori bianchi.

Quasi ogni kimono può essere reso più formale indossando hakama e haori.


GLI ACCESSORI
Datejime (伊達締め): è una piccola cintura a sciarpa parzialmente rigida indossata sotto la cintura obi per assicurarla.
Geta (下駄): sono sandali, calzati da uomini e donne con lo yukata. Un tipo leggermente diverso di geta è usato dalla geisha.
Hakama (袴): è una gonna - divisa o unita - più simile ad un paio di pantaloni molto larghi, tradizionalmente indossata dagli uomini, ma oggi anche dalle donne e usata nelle tenute di svariate arti marziali (aikido, kendo, iaido e naginata). Una tipica hakama ha delle pieghe, una koshiita - una parte rigida o imbottita sul fondoschiena - e un himo - lunghe strisce di tessuto avvolte attorno alla vita e attorno ad un obi. In funzione della decorazione può essere sia molto formale che familiare. Normalmente non è parte dei kimono formali da signora, mentre lo è per quelli da uomo.
Haori (羽織): un soprabito che giunge fino all'anca o alla coscia, che aggiunge ulteriore formalità. Introdotto già tra il XV e il XVI secolo, fu riservato agli uomini fino alla fine del periodo Meiji (1868-1912), quando col cambio delle mode è entrato nell'uso anche per le donne. I modelli da donna tendono ad essere più lunghi.
Hiyoku (ひよく): è un tipo di sotto-kimono, quindi una sorta di sottoveste. Oggigiorno viene indossato soltanto in occasioni formali come matrimoni o eventi sociali importanti.
Haori-himo (羽織紐): una corda per stringere lo haori, decorata con nappine; il colore più formale è il bianco.
Jūnihitoe (十二単): un abito a dodici strati indossato nell'antichità dalle donne di corte. Oggi usato solo nelle occasioni più formali a corte - matrimoni imperiali, incoronazioni - e visibile nei musei.
Kanzashi (簪): ornamenti per i capelli in forma di fiori di seta, pettini di legno, forcine di giada, ecc.
Obi (帯): l'equivalente giapponese della fusciacca o della cintura, usata per il kimono o per la yukata. Sono generalmente usati in modi differenti a seconda dell'occasione e i modelli da donna sono generalmente più intricati.
Tabi (足袋): calzini corti con separazione infradito usati con i sandali. Esistono anche a piede unito.
Waraji (草鞋): sandali di corda. Usati spesso dai monaci.
Zōri (草履): sandali di stoffa, pelle o fibra. Possono essere molto decorati con disegni intrecciati o completamente lisci, usati sia da uomini che da donne. I più formali da uomo sono di fibra intrecciata con lacci bianchi.

ALTRE IMMAGINI




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Kimu
view post Posted on 17/12/2011, 15:25




Kokeshi



Kokeshi



Le Kokeshi (こけし kokeshi?) sono un tipo di bambole tradizionali giapponesi, originarie della regione di Tōhoku. Realizzate manualmente in legno, hanno un busto semplice cilindrico e una larga testa sferica, con poche linee stilizzate a definire i caratteri del viso. Una caratteristica delle bambole Kokeshi è la mancanza di braccia e gambe.

All'inizio del Novecento divennero talmente famose, che in Russia furono prese a modello dall'inventore della prima matrioska. Oltre a ornare le case giapponesi, sono ritenute di buon auspicio contro la cattiva sorte e considerate un raffinato oggetto da collezione da regalare a persone molto speciali.

Origini e storia

La scrittura convenzionale in hiragana, こけし, è stata decisa durante la Kokeshi National Convention (全国こけし大会) nelle terme di Naruko nell'agosto 1939; prima di ciò l'origine del termine non era chiara: esistevano perciò svariate scritture ateji come 小芥子, che significa piccoli papaveri.
Un celebre errore di traduzione dovuto agli ateji lo si può trovare in Looking for the Lost di Alan Booth; nel libro lo scrittore suggerisce che le bambole Kokeshi, in kanji "eliminazione del bambino" (子消し kokeshi?), sarebbero feticci dedicati dalle madri ai propri bambini uccisi volontariamente dopo la nascita[1]. Sebbene l'infanticidio fosse ancora praticato in Giappone nel 1900[2], non ci sono prove a favore della teoria di Booth, anzi; la parola "Kokeshi" stessa è originaria del dialetto Sendai, mentre in luoghi diversi le bambole erano conosciute con nomi differenti ai quali non si può applicare lo stesso significato.
La traduzione più valida resta quindi bambole (芥子 keshi) di legno (木 ki, ko) o piccole (小 ko) bambole (芥子 keshi).
Le prime bambole Kokeshi furono in realtà realizzate dagli artigiani del legno, i cosiddetti Kiji-shi, sul finire del Periodo Edo (1600-1868). Create all'inizio come souvenir per i turisti in visita alle terme della prefettura di Miyagi, ebbero un successo tale da propagarsi in tutta la regione di Tohoku.
Il design dei Mii, avatar per la console Nintendo Wii è ispirato alle bambole Kokeshi.

Produzione

Si tratta di una lavorazione semplice ma richiedente molto tempo. Scelto il legno da utilizzare, lo si lascia asciugare per un lungo periodo, che può andare dai sei mesi ai cinque anni. Un esempio di legno usato per la creazione delle Kokeshi è l'Acero Giapponese.

Quindi il legno viene levigato e formato secondo i canoni attraverso un tornio; una parte sottile e cilindrica per il corpo e una più grossa, sferica o comunque tondeggiante, come testa.
Levigata ancora una volta, il corpo viene dipinto a mano con motivi floreali o vari, usualmente a rappresentare un kimono; la testa rappresenta generalmente un volto femminile. La bambola viene quindi ricoperta con uno strato di cera apposita per proteggerne i colori e darle lucentezza.

Tipi
Esistono due tipi fondamentali di Kokeshi:

Le Kokeshi "tradizionali" (伝統こけし dentō-kokeshi) hanno solitamente un busto più lungo e una testa più piccola, e sono diffuse soprattutto nella Prefettura di Miyagi, in quella di Akita, di Iwate e di Yamagata. I disegni del busto e la loro forma sono però caratteristiche della zona di produzione, che sono rimasti pressoché invariati dalle origini.
La strada principale della città di Naruko, nella Prefettura di Miyagi è conosciuta come Kokeshi Street per via dei numerosi negozi artigianali specializzati nella produzione di queste bambole.

Le Kokeshi "creative" (新型こけし shingata-kokeshi) si distinguono da quelle "tradizionali" per il busto più corto e arrotondato da una parte, dall'altra per l'uso di colori e motivi più moderni; sviluppate e diffuse dopo la fine della Seconda guerra mondiale, possono essere trovate facilmente anche nelle grandi città, poiché non sono specifiche di nessuna zona del Giappone.



Info qui: Wikipedia
 
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Kimu
view post Posted on 17/12/2011, 16:19




Kimmidoll



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Le kimmidoll sono bamboline giapponesi in legno e resina per esprimere un sentimento e per donare amore, felicità e sentimenti positivi a chi vogliamo bene. Un nuovo souvenir molto simpatico e dall’aspetto tipicamente orientale e con un bagaglio di significati non indifferente. Ma andiamo a scoprire brevemente l’origine di queste bambole e quale è il loro utilizzo… Queste piccole meraviglie, nacono nel nord del Giappone; il suo inventore volle sfruttare il turismo di quella zona del suo paese attirata dalla presenza di acque termali. Così realizzò la prima Kimmidoll rigorosamente in legno e destinata ad essere utilizzata come un soprammobile, un souvenir, un porta fortuna, un dono in segno di amore ed amicizia. Nel corso degli anni, le Kimmi si sono modernizzate e all’originario legno è stata aggiunta la resina che da alle bambole più stabilità e resistenza. Sono una graziosa idea regalo e possiamo donare la Kimmidoll con il significato che vogliamo… Per questa ragione esistono varie Kimmi di diverse colorazioni, ognuna delle quali ha un valore diverso a seconda del sentimento che si vuole esprimere. Ogni Kimmidoll ha il suo nome ed il suo significato, non c’è possibilità di fare confusione tra di loro e sono tutte rigorosamente vestite con i tipici kimono giapponesi. Ovviamente i prodotti non si “riducono” solo ad essere soprammobili, ma adesso sono diventate anche portachiavi, tazze, agende, astucci, ecc.
Le Kimmidoll sono di varie forme e prezzi.

Ecco alcune immagini di queste splendide bambole:



info qui: Kimmidoll Collection
 
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view post Posted on 17/12/2011, 20:25
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Capodanno Lunare

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I coreani amano molto osservare il sorgere del Sole, specialmente vederlo spuntare dal mare. Questa tendenza è ancor più pronunciata fra gli abitanti delle grandi città che, stanchi della routine quotidiana, se ne allontanano per andare ad ammirare il sorgere del Sole sul mare. Naturalmente alla fine dell'anno e durante le feste di capodanno il numero delle persone che partono per andare a vedere il sorgere del Sole aumenta moltissimo.

Il motivo per cui così tante persone se ne vanno a vedere il sorgere del Sole alla fine dell'anno o all'inizio dell'anno nuovo si deve cercare nell'idea fondamentale che i coreani hanno nei riguardi del Sole. Quando vedono il Sole che sorge, i coreani pensano alla vita, alla speranza, alla realizzazione dei desideri, alla fonte della potenza e dell'energia che è la radice di tutte le cose nella vita.

L'idea che i coreani hanno del Sole è però anche in relazione con la storia turbolenta della nazione. La penisola coreana ha conosciuto la guerra almeno 900 volte a causa di invasioni straniere e la sfortunata storia del Paese è continuata anche nell'epoca moderna e contemporanea. Di conseguenza i coreani sono vissuti con il desiderio di sfuggire all'infelicità e alle sofferenze della realtà: per superare e dimenticare i dolori della vita reale, si sono abituati a proiettare i propri sogni e desideri sulle manifestazioni della natura, prima fra tutte il Sole. Questi desideri, diversi dalle preghiere religiose, sono sempre stati semplici speranze di veder finire le sofferenze e veder sorgere al più presto tempi migliori.
In tutta la Corea, sia in montagna che sulle coste vi sono luoghi famosi per ammirare il sorgere del Sole. Fra questi il picco Ch'ŏngwangbong (Cheongwangbong) sul monte Chirisan (Jirisan), una montagna ben presente nella mente di tutti i coreani, e molti altri luoghi.

Alla fine dell'anno i coreani affollano questi luoghi famosi per l'osservazione del Sole che sorge. Fra questi, di recente è venuto di moda Chŏngdongjin a Kangnŭng (Gangneung) nel Kangwŏn-do (Gangwon-do), soprattutto per merito della televisione e di una telenovela locale. Nel 1995 una rete televisiva trasmise una serie di drammi molto popolari che illustravano la storia moderna e Chŏngdongjin era una delle località che più attirò l'attenzione dei telespettatori. Da allora Chŏngdongjin è diventata una delle più famose attrazioni turistiche della Corea, in particolare la prima scelta per chi va alla ricerca di un luogo speciale per ammirare il sorgere del Sole.

Il nome Chŏngdongjin risale ai tempi del periodo Chosŏn (1392-1910). Significa letteralmente qualcosa come “Andare esattamente verso Est”, ed è in relazione con il fatto che, se uno dovesse camminare in linea retta a Est di Kwanghwamun (la famosa porta di Seul), qui è dove arriverebbe prima di imbattersi nel mare.
A Chŏngdongjin (ora diventata una cittadina per turisti) vi sono anche altre cose da vedere, oltre al sorgere del Sole. La principale attrazione è la stazione del paese, che si dice sia la stazione ferroviaria più vicina al mare in tutto il mondo. La stazione, resa famosa dal dramma televisivo a cui si è accennato è in realtà semplicemente una piattaforma, ma è pittoresca in quanto si trova di fronte a un fragrante bosco di pini, con le rotaie che sono a soli 30 metri dal mare. Attualmente Chŏngdongjin attira circa 2 milioni di turisti all'anno, il che giustificherebbe la costruzione di una stazione vera e propria. Ma la gente ama Chŏngdongjin così com'è, e allora la stazione non è stata ancora costruita.

Un'altra attrazione è il parco della clessidra, chiamata in coreano Moraesigye (o “orologio a sabbia”). La clessidra spropositata che dà nome al parco si afferma che sia la più grande al mondo. In effetti le misure fornite sono eccezionali: più di 8 metri di diametro, 3,2 metri di spessore e 40 tonnellate di peso, comprese 8 tonnellate di sabbia. È stata creata dalla città di Kangnŭng (Gangneung) e da uno sponsor commerciale per commemorare il nuovo millennio. Per far sì che la sabbia caschi in modo uniforme e sempre alla stessa velocità, invece della sabbia ordinaria viene usata una miscela speciale con i grani tutti della stessa dimensione: la sabbia impiega un intero anno a cadere.

Sulla cima della collina che si vede dietro la stazione c'è un piccolo battello. Qui si trova il parco Haedoji (“sorger del Sole”) dove, fra 700 sculture, il cielo e il mare, l'uomo e la natura sembrano incontrarsi. È certamente il luogo più adatto per ammirare il paesaggio circostante.
Nella zona vi è inoltre un parco particolare, chiamato Haseulla Art World, che presenta l'arte e la cultura: si trova sul pendio di una collina prospiciente il mare. Creato da un gruppo di artisti, è un insieme di piccoli parchi a tema, come i parchi del tempo, dei pini, delle paludi, delle risaie e del mare. Da non trascurare la spiaggia che si estende per un chilometro verso Sud, dalla stazione fino all'estuario del fiume Chŏngdong (Jeongdong), nota per le sue acque pulite, la fragrante foresta di pini e la bella sabbia bianca, e ancora altri luoghi, come il bel porticciolo di Kŭmjin (Geumjin) dove si può gustare del pesce freschissimo.
Il sorgere del Sole è sempre un fatto fugace. Sotto il cielo rossiccio dell'alba, quando qualcuno grida “Sta spuntando!” tutti cominciano a guardarsi attorno dicendo “Dove? dove?”. Poi, lontano lontano sembra che compaia un puntino luminoso. Indi improvvisamente diventa come una mezza Luna e in pochi minuti è salito sopra l'orizzonte. Nel breve spazio di tempo che il Sole impiega a sorgere, gli spettatori pensano all'anno che è passato, esprimono i loro desideri per l'anno nuovo, pregano per la salute e il benessere dei propri cari e prendono tante fotografie da tenere come ricordo.

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Festa delle Lanterne

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Quando si avvicina il giorno della nascita del Budda, molte strade della Corea si riempiono di lanterne appese che ricordano i fiori di loto. Queste lanterne che illuminano debolmente le strade buie rappresentano il desiderio dei fedeli di illuminare la via al Budda del futuro e di trovare la pace attraverso l'illuminazione interiore. Ogni anno, per celebrare il natale del Budda, si tiene nella zona di Chongno a Seul una festa che è ormai diventata un evento non solo per i fedeli buddisti coreani, ma anche per molti turisti stranieri.

Il natale del Budda è la celebrazione del giorno in cui è nato il Budda e, per i buddisti, è la festa più importante dell'anno. Questo evento si celebra l'ottavo giorno del quarto mese lunare (che è stato l'8 maggio nel 2003). Si noti che, pur avendo adottato da tempo il calendario occidentale, la Corea ama mantenere ancora legate al calendario lunare le feste e le celebrazioni più tradizionali, come appunto il natale del Budda.
L'origine della “festa delle lanterne“ si può far risalire a varie feste e celebrazioni antiche, come le festività di Kwandŭnghoe (관등회 觀燈會) e Yŏndŭnghoe (연등회 燃燈會) del periodo Koryŏ (918-1392) e le corrispondenti feste Kwandŭng-nori e Yŏndŭng del periodo Chosŏn (1392-1910). Nel periodo Koryŏ queste feste erano organizzate dallo stato che favoriva il buddismo, mentre nel periodo Chosŏn, confuciano, furono celebrate come usanze stagionali folcloristiche.

Quando arrivava il giorno della festa, le strade venivano addobbate con lanterne colorate e nelle case comuni venivano appese delle lanterne su lunghi pali. Al cader delle tenebre, la gente si riuniva nelle strade portando lanterne e passava la notte divertendosi. Questa tradizione viene continuata ancora oggi nella festa delle lanterne che si tiene nella zona di Chongno a Seul.
Lo slogan per la festa delle lanterne del 2003, che si è tenuta dal 2 all'8 maggio, è stato “Come il Budda, così la famiglia“. Il monaco Sŏnggwan, che ha diretto le celebrazioni, dice che questo motto significa che l'amore per la propria famiglia deve essere esteso ai propri vicini, ai propri concittadini, all'umanità intera e a ogni forma di vita.

L'apertura delle celebrazioni, una cerimonia di accensione della prima lanterna, si è tenuta di fronte al Municipio. Il sindaco di Seul, i principali rappresentanti del buddismo coreano e membri del pubblico hanno acceso una grande lanterna posta di fronte al palazzo del municipio, segnalando così l'inizio della festa.

La festa delle lanterne si compone di varie parti: una tradizionale mostra di lanterne, l'accensione delle lanterne e preghiere al Budda, eventi di cultura buddista, una riunione di tutti i fedeli, la processione delle lanterne, e una parata di tipo carnevalesco chiamata Taedong-nori. La tradizionale mostra delle lanterne si è tenuta al tempio Pongŭnsa nel quartiere di Samsŏng-dong a Seul.
Erano in mostra lanterne tradizionali create da coreani del passato e vari altri tipi fra cui lanterne a forma di giara e a forma di tartaruga, oltre alle classiche lanterne di pietra. Le lanterne tradizionali, fatte di carta di gelso, avevano una loro calda bellezza che si armonizzava molto bene con i brillanti colori della pittura decorativa degli edifici del tempio.

Siccome le feste delle lanterne nel mondo sono poche, questo “festival delle lanterne“ coreano negli ultimi anni è diventato popolare fra gli stranieri. L'ambasciatore tailandese in Corea fu così colpito dall'evento svoltosi nel 2002, da spingere il proprio paese a parteciparvi a livello nazionale. Come risultato, dal 2 al 4 maggio, nel parco di Ujŏng si è tenuto un festival tailandese, con una mostra delle lanterne, cucina tailandese, esposizioni di opere dell'artigianato, musica e danza.

Il culmine della festa delle lanterne è stata la processione che ha avuto luogo il 4 maggio dalle 19 alle 21,30. La processione si tiene ogni anno con lo scopo di illuminare simbolicamente l'oscurità della società coreana con la verità del Budda. Parte dallo stadio di Tongdaemun e si snoda per le vie della città per raggiungere il tempio Chogyesa.

Le strade, chiuse al traffico per quel giorno, erano affollate da una marea di gente. Qua e là nella via Chongno si svolgevano piccole manifestazioni da parte di varie organizzazioni buddiste che si incaricavano di far passare in modo piacevole il tempo in attesa dell'arrivo della processione.
Prima che la processione delle lanterne iniziasse si è svolto, a metà della via Chongno, uno spettacolo di danza delle maschere e di danza folcoristica coreana, cosa che ha aggiunto interesse all'atmosfera festiva.
La processione comprendeva circa 10.000 lanterne, alcune delle quali con forme incredibili, come una lanterna a forma di dragone lunga circa 20 metri, una lanterna elefante, un'altra a forma di tigre e una grande lanterna a forma di fior di loto. A metà della processione c'era anche una banda musicale con strumenti tipici a percussione che ha entusiasmato gli spettatori.
Il centro della processione era costituito da una gigantesca lanterna a forma di loto con la figura di un bambino seduto al centro. Proprio a causa della sua altezza, questa lanterna ha dato luogo a un episodio curioso.
Mentre passava fra una folla di spettatori, improvvisamente la lanterna si piegava di lato e la sua luce si spegneva. Le persone che erano più vicine cercavano di alzarla, ma altri gridavano: “Abbassala! Abbassala!“. Era successo che la lanterna si era impigliata in alcuni fili della luce sovrastanti. Una volta che fu abbassata e fatta proseguire passando sotto i fili, si riaccese e la gente, divertita, rispose con grandi battimani. Il momento in cui tutti gli astanti cooperavano per far proseguire la processione risolvendo il problema è stato certamente una grande dimostrazione di cooperazione e ha, tra l'altro, movimentato non poco lo spettacolo.
La processione è poi continuata raggiungendo il tempio di Chogyesa dove si è svolta la parte finale della festa, con coreani e turisti stranieri che si tenevano per mano e ballavano in cerchio. Infine i partecipanti hanno scritto i propri desideri su strisce di carta che hanno bruciato in modo che le ceneri salissero in alto, portando le loro speranze verso il cielo.

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Altre immagini sotto spoiler


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祭り
Festività In Giappone


GENNAIO

Shōgatsu (Anno nuovo) – I primi giorni del nuovo anno rappresentano una festa molto importante in Giappone, ricca di segni di buon auspicio. La casa viene pulita da cima a fondo (susuharai) per eliminare tutte le impurità fisiche e spirituali del passato e si mettono ai due lati della porta dei rami di pino (kadomatsu). Si appende inoltre una fune di paglia con striscioline di carta (shimenawa), per evitare agli spiriti maligni di entrare nella casa. Durante questa festa si mangiano omochi (riso bollito lavorato fino a formare delle palline) grigliati o in una zuppa chiamata ozoni.
Tutti i preparativi devono essere fatti entro l’ultimo dell’anno, poi tutti i negozi chiudono e seguono tre giorni di vacanza chiamati Shōgatsu Sanganichi in cui lavorano solo gli addetti ai servizi primari (trasporti ad es.) e in occasione dei quali ciascuno ritorna alla propria casa.
Chi desidera può ascoltare a mezzanotte il Joya no kane, cioè i 108 rintocchi della campana (tsurigane) del tempio buddista. Altrettante sono le pene dell’uomo e ascoltando tutti i rintocchi ciascuno può esserne liberato.
Il primo dell’anno si fa visita ad altre famiglie a cui c’è l’usanza di donare un’offerta in denaro (otoshidama). In questi tre giorni molte persone visitano i santuari locali (hatsumairi), spesso indossando il loro kimono.
Un’usanza molto diffusa è spedire agli amici una cartolina di buon anno chiamata nengajō.

15, Seiji no hi (Giorno della maggiore età ) Si festeggiano tutti i giovani che nell’anno compiono 20 anni. Questo evento segna il passaggio all’età adulta; inoltre I giovani possono cominciare a votare, bere e fumare. In questo giorno di festa nazionale le ragazze indossano il loro furisode.

FEBBRAIO

3, Setsubun - Si celebra un giorno prima dell’inizio della primavera secondo il calendario lunare e non è una festa nazionale. Per secoli i giapponesi hanno compiuto riti con lo scopo di cacciare gli spiriti malvagi. Durante il periodo Kamakura si tenevano lontani gli spiriti con l’odore di sardine bruciate, fumo e rumore di tamburi. Oggi il rito più diffuso è gettare fagioli tostati intorno alla casa e ai templi gridando: "Oni wa soto! Fuku wa uchi!" (demoni fuori, felicità dentro). Poi si raccoglie un numero di fagioli pari all’età e si mangiano.

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Kenkoku kinenbi (Anniversario della Fondazione della Nazione)

14, Valentine’s Day- Solo le donne regalano cioccolata agli uomini, anche ai colleghi e al capoufficio.

MARZO

3, Hina matsuri (Festa delle bambole)- – In questo giorno le famiglie augurano alle loro figlie successo e una vita felice. Questa festa ha origine in Cina, dove si pensava che la sfortuna sarebbe passata dalle ragazze alle bambole. Le bambole (hina) sono esposte nelle case insieme a fiori di pesco, in casa si beve sake dolce e si mangia chirashi sushi.

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14, White Day –- Gli uomini regalano cioccolata alle donne.

21, Shunbun no hi (Equinozio di primavera)- Festa nazionale.


APRILE E MAGGIO

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È il “rito” di contemplare i ciliegi in fiore durante tutto il mese; in autunno c’è il Kōyō, cioè la contemplazione delle foglie colorate degli aceri.

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La Settimana Dorata:

29 aprile, Midori no hi (Giornata della natura)
- Anniversario della nascita dell’imperatore Hirohito, trasformata dopo la sua morte in una festa nazionale dedicate all’ambiente che lui amava moltissimo.

3 maggio, Kenpō kinenbi (Anniversario della Costituzione)- Entra in vigore la Costituzione del 1947.

4 maggio, Kokumin no kyujitsu (Giorno centrale)- ponte per far continuare la Golden Week

5 maggio, Kodomo no hi (Giorno del bambino)- È il corrispondente maschile della festa delle bambole, in cui I genitori augurano ai loro figli maschi un futuro felice. Vengono appese fuori carpe di carta e esposte in casa bambole che raffigurano samurai a simboleggiare potere e successo.

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LUGLIO

7, Tanabata matsuri - Secondo la leggenda, le stelle Kengyu (Altair) e Shokujo (Vega) che sono separate dal fiume del cielo Ama no gawa (la Via Lattea), lasciano il proprio posto per incontrarsi. Shokujo era una principessa figlia di un re celeste e di una tessitrice: un giorno mentre tesseva un abito per il padre alzò lo sguardo e vide un pastore che vegliava sulle sue mucche. Attratta dal giovane lasciò il suo lavoro e andò a conoscerlo. I due si innamorarono e decisero di sposarsi: la principessa smise di tessere e il giovane smise di guardare le mucche. Il re decise allora di separarli costringendoli a stare sulle due diverse sponde della Via Lattea e permettendo loro di incontrarsi solo una volta all’anno. La principessa era disperata perché non c’era alcun ponte ad unire le due sponde, così uno stormo di gazze si affollò tra le due rive consentendo ai due di attraversare il fiume. In passato le ragazze chiedevano alla principessa di diventare abili nella calligrafia e nella tessitura e i contadini chiedevano al pastore un buon raccolto. Rami di bambù vengono appesi fuori dalle case e decorati con esempi di calligrafia e kimono di carta come tributo alla principessa.



Terzo lunedì del mese, Umi no hi- Festa nazionale introdotta da poco, per celebrare l’oceano.



AGOSTO

14 – 16, Obon-L’Obon (お盆) o semplicemente Bon (盆) è una ricorrenza giapponese che si svolge tra il 13 e il 16 agosto.Il nome esatto dell’evento è Urabon abbreviato oggi al solo Obon o Bon.
Alcuni fanno risalire l’origine di questa parola all’antico detto indiano “Ullabana” che vuol dire ” essere appeso o stare a testa in giù“; secondo altri è una variante persiana che alluderebbe a qualcosa che “sta tra la vita e la morte”. È conosciuta dagli stranieri anche come Festa delle Lanterne, ma ricorda la ricorrenza di Ognissanti. Gli spiriti degli antenati morti fanno visita agli altari dedicati a loro nelle case dove vengono poste speciali offerte di cibo. Al tramonto del 16 del mese lanterne di carta colorata vengono accese e lasciate sul fiume affinché proteggano gli spiriti durante il ritorno verso la terra dei morti. In vista dell’Obon, le case e i cimiteri vengono puliti e si acquistano decorazioni, cibo e offerte presso il mercato allestito per l’occasione. Le decorazioni sono costituite da rami di pino e sakaki, entrambe piante sacre, insieme agli omochi (riso bollito lavorato fino a formare delle palline), frutta e incenso. Nei templi e nei cortili delle scuole si fa una danza comunitaria detta Bon Odori: i movimenti della danza sono scanditi dai canti e da un grosso tamburo. Di solito i partecipanti a questi eventi indossano lo yukata. I bambini amano gli hanabi, piccoli petardi accesi in occasione di ritrovo in famiglia.
Un’antica leggenda racconta di un monaco buddista, Shaka (chiamato “mokuren” dagli altri monaci), conosciuto anticamente per la sua capacità di avere visioni. In un giorno di agosto vide la propria madre defunta che soffriva per la fame. Per alleviare le sue sofferenze, il giovane monaco diede alla madre una ciotola di riso, cibo e bevande in modo da aiutarla a sopportare la sofferenza.
Questa storia venne tramandata nei monasteri per così tanto tempo che poi alla fine si trasformò in leggenda e ne venne istituito un vero e proprio culto dedicato ai propri antenati: il giorno dell’Obon appunto.

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Giorno 13/14 agosto: Mukaebi

In questo giorno vengono accese candele, fili di canapa e fiaccole chiamate Kadobi (Fuochi di Benvenuto).
Queste luci fungono da guida per aiutare gli spiriti a trovare la strada di casa e ricongiungersi sulla terra.
In preparazione di questo ricongiungimento con i cari ci si appresta a pulire casa poichè si aspetta un ospite, una persona che non si vede da tempo.
Per decorazione si usano piante sacre, frutta e incenso e si danza attorno al fuoco.
In attesa delle anime si offrono e si mangiano spaghetti.

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Giorno 15 agosto: Obon

Nel giorno dell’Obon vero e proprio i parenti si radunano insieme per visitare il cimitero. Dopo aver pregato per i propri cari e per se stessi, si mangia insieme offrendo cibo e bevande anche ai defunti: secondo l’antica tradizione ciò dovrebbe aiutare i defunti a sopportare le sofferenze (esattamente come fece il giovane monaco Shaka con sua madre).
Piatti tipici sono dolci di riso ricoperti di marmellata di fagioli rossi (azuki) e spaghetti cinesi.
Per le offerte invece viene usato del riso crudo, melanzane e altre verdure tagliate e posizionate su foglie di loto.

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Giorno 16 agosto: Okuribi

“Trascorsa la giornata” con i propri antenati, il 16 agosto vengono riaccese di nuovo le fiaccole, i fili di canapa, i fuochi e le lanterne per mostrare ancora una volta ai propri cari la strada per far ritorno nell’aldilà.
Vengono inoltre preparate delle imbarcazioni con dentro delle piccole offerte da dare all’anima da portare con sè durante il viaggio di ritorno e si lasciano galleggiare nell’acqua di un fiume o anche in mare.

SETTEMBRE E OTTOBRE

Terzo lunedì del mese, Keirō no hi (festa dell’anziano)- Festa nazionale.

23, Shubun no hi (Equinozio d’autunno) - Festa nazionale (in questo periodo si contempla la luna, Tsukimi).
Lo stesso giorno in cui si celebra l’Equinozio d’Autunno si festeggia anche un’altra ricorrenza: lo Tsukimi.
Tsukimi letteralmente significa “guardare la luna” (tsuki= luna, mi= guardare) ed è un’antica festa di origine cinese introdotta moltissimi anni fa in Giappone.
La celebrazione della Luna Piena prende le sue origini il 15esimo giorno dell’ottavo mese del tradizionale calendario lunare giapponese, normalmente però, secondo il calendario solare invece, cade sempre tra Settembre e Ottobre.

Origine Tsukimi

La festa dello Tsukimi nasce come celebrazione tipicamente cinese. All’inizio veniva chiamata “Mid-Autumn Moon” o meglio Moon Festival proprio perchè in questo giorno si organizzavano feste e varie celebrazioni con il solo scopo di celebrare la luna, da sempre definita “Signora della Notte”.
In seguito divenne poi talmente popolare da essere adottata anche come festività giapponese, prendendo così il nome di Tsukimi.
Secondo la tradizione in Giappone cominciò ad essere celebrata nel periodo Heian quando i nobili di corte erano soliti riunirsi fuori a contemplare la luna e il cielo stellato componendo musica e versi di poesia (Haiku); con l’arrivo poi del periodo Edo questa tradizione divenne completamente popolare tanto da coinvolgere anche i contadini che presero l’occasione per far diventare questo giorno un’opportunità per ringraziare le divinità per il raccolto e pregare affinchè possa essere per loro sempre abbondante.
Ciò non è da considerarsi assurdo se pensiamo che per secoli i contadini seguivano il periodo della semina e raccolto aiutandosi con le fasi lunari e il cambio delle stagioni e, anche se durante questa serata la luna non dovesse essere visibile, ad ogni modo, le celebrazioni verrebbero comunque organizzate per ringraziare la Signora della Notte.

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Secondo lunedì di ottobre, Taiiku no hi (Giornata dello sport) - Anniversario dell’apertura dei giochi olimpici del ’64 a Tōkyō.

NOVEMBRE

3, Bunka no hi (Giorno della cultura).-

5, Shichigosan (7, 5, 3)- Non è una festa nazionale, ma un giorno dedicato alle bambine di 3 e 7 anni e ai bambini di 3 e 5 anni, che visitano i santuari indossando il kimono, in occasione della quale si augura loro una crescita forte e sana.



23, Kinro kansha no hi (Giorno di ringraziamento per il lavoro) - Festa nazionale.

DICEMBRE

23, Tennō no tanjōbi (Compleanno dell’imperatore)- Festa nazionale che cambia in base alla data di nascita dell’imperatore sul trono.



25, Christmas (Natale) - Non è una festa nazionale né religiosa, ma una giornata da trascorrere insieme al proprio partner.

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view post Posted on 18/12/2011, 20:36
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Onsen

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Onsen (温泉, Onsen) è il nome giapponese per una stazione termale; possono avere bagni termali all'aperto — rotenburo (露天風呂, rotenburo) o notenburo (野天風呂, notenburo) — oppure al coperto, ed essere pubblici (tipicamente gestiti dalla municipalità) o privati — uchiyu (内湯, uchiyu) —, tipicamente gestiti da un albergo locale — ryokan (旅館, ryokan) — o da un bed & breakfast — minshuku (民宿, minshuku).

Sono generalmente collocati in campagna, e sono un'attrazione turistica molto frequentata da coppie, famiglie o gruppi di amici che cercano una fuga dalla caotica vita di città per rilassarsi. I giapponesi considerano importante la "comunione in nudità" (裸の付き合い, hadaka no tsukiai), poiché capace di abbattere le barriere e far conoscere nuove persone nell'atmosfera rilassata e familiare dell'onsen.

Nel marzo del 2003 è stato riportato che nelle 2.292 municipalità giapponesi c'erano 3.102 centri termali, con 15.400 strutture di alloggio (spesso ryokan) e 6.740 onsen pubblici; l'afflusso medio era di circa 130 milioni di persone ogni anno.

Gli onsen sono popolari anche in Corea, dove sono chiamati "oncheon" (온천).

Gli onsen sono spesso indicati su mappe e cartelli con il simbolo ♨, o con il kanji per "acqua calda" (湯, yu); talvolta si usa invece l'hiragana ゆ (yu), poiché comprensibile anche ai bambini.

CARATTERISTICHE
Gli onsen sono tradizionalmente posti all'aperto, anche se molti alberghi hanno costruito anche sale da bagno interne; per definizione gli onsen usano l'acqua calda proveniente da sorgenti riscaldate geotermicamente, tipicamente per fenomeni di natura vulcanica, e in questo si distinguono dai sentō, le sale da bagno pubbliche delle città in cui l'acqua viene prelevata dal sistema idrico pubblico e riscaldata. All'acqua termale degli onsen sono attribuite proprietà curative grazie al contenuto minerale; uno stesso onsen può produrre diverse polle d'acqua, ciascuna dotata di diverse proprietà minerali, e gli alberghi più rinomati dispongono le varie vasche con ambientazioni diverse, talvolta a tema, e spesso con la presenza di cascate artificiali — utaseyu (打たせ湯, utaseyu). Le vasche all'aperto sono spesso fatte di cipresso giapponese, marmo o granito, mentre quelle interne usano anche piastrelle o materiali più moderni, come acrilico e acciaio.

Fino al periodo Meiji uomini e donne facevano il bagno insieme, negli onsen come nei sentō; alcuni bagni misti si possono ancora trovare nelle aree rurali, ma generalmente hanno anche vasche o periodi del giorno riservati alle donne. I bambini di ambo i sessi sono invece ammessi in tutte le vasche.

Le attrazioni principali degli onsen sono le acque termali e il cibo, poiché gli alberghi offrono spesso pasti fatti in casa e composti di prodotti tipici della zona; sono occasionalmente offerti altri servizi, come massaggi, ma sono abbastanza accessori. Poiché l'ora in cui viene servita la cena è tipicamente alle 18, per quell'ora i bagni sono generalmente deserti.

GALATEO

Pulizia
Negli onsen, come nei sentō, ai clienti è richiesto di lavarsi e risciacquarsi accuratamente prima dell'ingresso nelle vasche di acqua calda; i bagni interni hanno rubinetti con terminatore da doccia rimovibile e sgabelli su cui sedersi, per fare doccia e sciampo. È inoltre sempre presente una vaschetta con cui versarsi l'acqua addosso. Fare ingresso ancora sporchi o ricoperti di sapone è ritenuto una grave maleducazione e può causare reazioni indignate da parte degli altri bagnanti; come misura minima si dovrebbe usare la vaschetta per versare acqua sui genitali e sui piedi.

Costumi da bagno
Molti onsen tradizionali non permettono ai loro clienti di indossare costumi da bagno nell'onsen, in base alla radicata convinzione che tutto ciò che non sia il corpo nudo sporchi l'acqua. In alcuni onsen più moderni però si può trovare l'atmosfera di un parco acquatico, e in questi casi si incoraggiano i clienti a indossare costumi, soprattutto nel caso di bagni misti.

Asciugamani
I clienti degli onsen portano generalmente con loro nella vasca un piccolo asciugamano che talvolta usano come accappatoio, soprattutto quando percorrono la strada che separa i lavatoi dai bagni. Riguardo all'indossarli quando si è in acqua si pone lo stesso problema dei costumi da bagno; molti onsen hanno cartelli che vietano il contatto tra l'asciugamano e l'acqua, sostenendo che la sporchi. È d'abitudine lasciare l'asciugamano a lato della vasca quando ci si immerge, ma alcuni l'avvolgono sulla testa.

Rumori
Gli onsen sono considerati un posto tranquillo dove fuggire dalla vita di città, e così ci sono spesso divieti e raccomandazioni sul chiasso nelle varie aree dell'onsen; conversazioni tra i clienti sono tollerate e incoraggiate, purché non diventino troppo vivaci e fastidiose per chi si vuole rilassare, mentre l'irrequietezza dei bambini è generalmente tollerata.

Tatuaggi
In alcuni onsen è vietato l'ingresso a persone tatuate, in Giappone, infatti, il tatuaggio è prerogativa degli apperteneti alla mafia giapponese (Yakuza). Sono spesso tollerati, però, tatuaggi piccoli e non troppo esposti, è sempre suggeribile quindi, nel caso si avesse un tatuaggio, chiedere se è consentito l'accesso.

IMMAGINI


Fonte: Wikipedia

Edited by Alannah - 18/12/2011, 21:18
 
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view post Posted on 18/12/2011, 21:19
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Ryokan

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Il Ryokan (旅館) è un albergo tradizionale giapponese.

È un tipo di albergo il cui stile è rimasto pressoché immutato nel tempo. Si ritiene che questo tipo di struttura risalga all’epoca Edo (1603-1868).

Attualmente un ryokan mantiene ancora gli elementi tradizionali, cioè: pavimenti formati da tatami, bagno all’esterno della camera (che può essere di vario tipo), giardino in cui si può trovare una padiglione dedicato alla cerimonia del tè, porte scorrevoli che danno su una loggia, rifiniture interne in legno di stile tradizionale, stanza spoglia, priva di mobili e letti, però dotata di tokonoma, nicchia di abbellimento in cui vengono esposte sculture, calligrafie o composizioni ikebana.

I letti tradizionali (futon), vengono apparecchiati dopo la cena, disponendo materassini, coperte e cuscini sui tatami. Solitamente colazione del mattino (Asa gohan) e cena vengono serviti nella camera che si occupa oppure in un'altra camera libera in modo da poter guardare il giardino da un'angolazione diversa.

La cucina non concede nulla agli usi occidentali ed è di solito di elevatissima qualità, molto raffinata e ricercata sia nei contenuti che nella curatissima estetica. Vengono utilizzati pezzi di ceramica e accessori pregiatissimi, spesso con evidenti riferimenti allo stile sabi cioè l’utilizzo di pezzi particolarmente “vissuti”. Ad esempio è molto frequente l’uso di scatole laccate consumate dal lunghissimo uso.

Il servizio è completamente diverso da quello di un albergo occidentale. È estremamente personalizzato, cioè l’ospite viene affidato alle cure di una cameriera esperta (di solito anziana) che lo accompagna in camera, gli serve il tè di benvenuto, lo intrattiene per cercare di capirne le esigenze, raccoglie le ordinazioni per le bevande che accompagnano la cena, accompagna a prendere il bagno, sia che si tratti di onsen (bagno termale) che di ofuro, il caldissimo bagno che si fa in vasche di legno di hinoki, cipresso giapponese (Chamaecyparis obtusa). Tutto ciò è possibile poiché il ryokan ha pochissime stanze e quindi anche gli ospiti sono molto limitati di numero.

L’aspetto estetico dell’insieme è curatissimo, in qualsiasi posto si posi lo sguardo c’è uno scorcio apprezzabile, con particolare riguardo al giardino che fa spesso da sfondo scenografico ed è visibile dalle camere, dalla vasca dell’ofuro e in generale durante ogni spostamento. Porzioni limitatissime di spazio, piccoli ritagli, ospitano giardini di modestissima dimensione ma perfetti nell’equilibrio formale. Praticamente le uniche novità sono costituite dall’aria condizionata, dal telefono e dal televisore, per il resto tutto è come quattro secoli fa.

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Fonte: wikipedia
 
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