Folklore Orientale

« Older   Newer »
  Share  
Kimu
view post Posted on 18/12/2011, 21:33




Torii



La porta d’ingresso tra i due mondi



koya-torii



Un torii (鳥居?) è il tradizionale portale d'accesso giapponese che porta ad un jinja (santuario shintoista) o, più semplicemente, ad un'area sacra. La sua struttura elementare è formata da due colonne di supporto verticali e un palo orizzontale sulla cima e frequentemente viene dipinto in colore vermiglio. Tradizionalmente sono fatti di pietra o legno, ma in tempi recenti i costruttori hanno iniziato ad usare anche l'acciaio o il cemento armato. Generalmente i torii si trovano a gruppi di tre, ma fuori dai templi o dai luoghi di culto non manca mai. Il numero è tuttavia variabile. Ad esempio, i santuari dedicati al dio Inari possiedono tipicamente molti torii, mentre il santuario di Fushimi Inari-taisha a Kyoto possiede addirittura migliaia di torii.
La loro costante presenza nello shintoismo è dovuta al fatto che il passaggio sotto di esso è considerato una prima forma di purificazione, poi completata con le abluzioni rituali nelle immediate vicinanze del santuario. Le credenze popolari tendono ad identificarlo semplicemente come un simbolo di fortuna e prosperità. Per questo è costume che una persona che ha ottenuto successo negli affari doni un torii come segno di gratitudine agli dèi.

Origine

L'origine di queste costruzioni, da sempre caratteristiche del paesaggio giapponese, è incerta. Sebbene strutture simili si possano trovare in molte altre zone dell'Asia, come in India (i torana dell'architettura buddista e induista), in Cina (p'ai-lou), in Corea (hong-sal mun), in Thailandia, in Nepal e altrove, la ragione e le circostanze per cui questi portali siano stati importati anche nell'Arcipelago non sono conosciute.
Secondo una versione dei miti di Amaterasu (la dea del Sole), quando questa si rinchiuse in una caverna per sfuggire al pestifero fratello Susanoo, causando un'eclissi, le persone, timorose di non rivedere più la luce del Sole, misero su un grosso trespolo di legno per uccelli tutti i galli della città. Il loro continuo cantare la incuriosì e la indusse a sbirciare fuori dalla caverna.
Approfittando del varco apertosi, uno degli dèi aprì completamente l'ingresso, spingendo via la roccia e permettendo alla luce del Sole di illuminare ancora la Terra. Quel trespolo divenne il primo torii.
È interessante che nel mito sia raccontato che sul trespolo siano stati messi vari uccelli. Secondo altre fonti autoctone infatti, un tempo i torii avevano proprio la funzione di ospitare i galli sacri dalla lunga coda e gli uccelli in generale, visti come messaggeri degli dèi (tra l'altro questi particolari galli si trovano ancora in certi sacrari). È possibile che con il tempo si sia dimenticato l'uso primitivo e fu così che il torii divenne da un'uccelliera un portale. Questa teoria parrebbe confermata dallo stesso termine torii, composto di tori (uccello) e i (essere, stare, luogo).

Parti principali

I torii appartengono a due famiglie principali, quella del Shinmei torii, stile utilizzante solo travi diritte, e quella del Myōjin torii (di gran lunga la più comune), che utilizza invece anche travi ricurve.
Strutturalmente un torii è caratterizzato da nove elementi, non tutti sempre presenti:

il kasagi, la trave a cavallo delle due colonne
lo shimaki, una seconda trave a volte presente sotto il kasagi
il nuki, trave secondaria sotto il kasagi e lo shimaki che collega e tiene insieme le due colonne
i kusabi, cunei che fermano il nuki;
il gakuzuka, supporto situato tra shimaki e nuki a sostegno del primo e a volte recante un'iscrizione
gli hashira, le colonne cilindriche che sostengono la costruzione
i daiwa, i capitelli delle colonne
i daiishi o kamebara, le basi di quest'ultime
i nemaki, guaine nere (o a volte di altro colore) alla base delle colonne.

Le colonne possono avere una certa inclinazione verso l'interno detta uchikorobi.

Alcune immagini sotto spoiler:



Info: Wikipedia
 
Top
view post Posted on 19/12/2011, 11:28
Avatar

Millennium Member

Group:
Member
Posts:
13,872
Location:
𝒞𝑜𝐻𝑜𝓇𝓉 💗

Status:


Le Gisaeng

mini-1691_L_1282028820



Le gisaeng (기생, 妓生) o kisaeng, erano un po’ la versione coreana delle Geisha giapponesi, ossia intrattenitrici, colte ed esperte nelle arti. In Corea partecipavano a spettacoli e cerimonie indirizzate principalmente agli Yangban, i nobili, e alla famiglia reale.
Le gisaeng iniziarono a diffondersi durante la dinastia Goryeo, ma venivano ancora considerate come appartenenti a una classe inferiore. Durante la dinastia Joseon, la figura della gisaeng ha assunto un particolare significato di conservazione delle tradizioni e dell’assetto sociale.
Contrariamente a quanto si crede in alcune parti del mondo, le kisaeng come le geishe non erano prostitute, ma artiste dell'intrattenimento, ed in Corea partecipavano a spettacoli e cerimonie indirizzate principalmente agli Yangban, i nobili, e alla famiglia reale. Compaiono per la prima volta durante la dinastia Goryeo, come colte e raffinate intrattenitrici della classe dirigente, e vengono generalmente considerate di classe inferiore, motivo per cui i prodotti della loro arte sono a lungo stati ignorati. Durante la dinastia Joseon, la figura della Gisaeng ha assunto un particolare significato di conservazione delle tradizioni e dell'assetto sociale.

220px-Korea-Kisaeng-012525ed2525992525a92525ec2525a72525842525ec25259d2525b41



Posizione sociale:
Durante i periodi Goryeo e Joseon, le gisaeng appartenevano alla classe dei cheonmin, la più bassa della società. Condividevano questo status assieme agli altri intrattenitori, e gli schiavi.
Lo status era ereditario, quindi anche i loro figli per forza erano dei cheonmin.
In seguito il loro status fu modificato, per distunguerle dagli schiavi, ma erano comunque ancora delle cheonmin.
Molte gisaeng, tuttavia, erano brave nella poesia, e ci sono arrivati molti shijo (poesie) scritte da loro. Di solito riflettono temi d’amore o di solitudine.

untitled


mini-cindy_concept21



La carriera di una gisaeng:
La carriera della maggior parte delle gisaeng generalmente era molto breve, raggiungendo il picco attorno ai 16-17 anni, e terminando attorno ai 22. Di solito gli istituti per gisaeng iniziavano la loro preparazione a 8 anni di età, ma erano vincolate fino a 50 anni.
Nel periodo successivo dell’epoca Joseon, venne creato un sistema a tre ordini:
Il più alto era occupato dalle haengsu (행수,行首) che cantavano e danzavano durante le feste e i banchetti dei nobili. Tuttavia oltre i 30 anni non poteano più intrattenere i loro clienti, ma potevano continuare a lavorare in altri campi, come il tessile e la medicina, fino a 50 anni.
Le gisaeng del livello più basso erano le samsu (삼수, 三首), a cui era proibito riprodurre balli e canzoni delle haengsu.
Nel 1900 questo sistema cessò di esistere.
Alcune gisaeng riuscirono ad avere carriere che le portarono alla ricchezza e al benessere, ma spesso ciò era difficile, in quanto ogni gisaeng doveva provvedere con il suo denaro ai vestiti, il trucco e il cibo per sopravvivere.

Diventare una gisaeng:
Le bambine destinate a diventare gisaeng entravano nell’istituto per vari motivi. Talvolta erano figlie di gisaeng, che quindi ereditavano la posizione della madre. In altri casi erano figlie vendute da famiglie povere che non potevano mantenerle. Talvolta addirittura donne della classe sociale degli yangban diventavano gisaeng, come punizione per aver trasgredito la rigida morale sessuale dell’epoca Joseon.
Il corso di studi durava 3 anni, e la scuola più famosa per le gisaeng si trovava a Pyeongyang (ora in Corea del Nord). Il sistema continuò anche durante il dominio Giapponese, dove le gisaeng vennero chiamate gwobeon (권번).

Oggi le gisaeng sono pressoché sparite, ma in Corea ne rimangono ancora alcune che continuano a esercitare questa arte, anche se alcune danze e costumi sono spariti per sempre. Ci sono alcune case di gisaeng, nelle quali è possibile andare per rivivere questa antica tradizione, anche se si tratta perlopiù di un’interpretazione del passato. Ciò nonostante oggi sempre di più fra i coreani sta nascendo la voglia di riscoprire questa antica arte, e molte giovani sono sempre più interessate.

Tra le più famose Gisaeng realmente esistite, possiamo citare Hwang Jin Yi, a cui sono stati dedicati un drama, e un film.

kisaeng_0
mini-bladesofblood6



Per una scheda più accurata consiglio la lettura della wiki in inglese, qui:Wiki

Altre immagini sotto spoiler


Info qui: CoreaItalia

 
Web Contacts  Top
view post Posted on 19/12/2011, 15:37
Avatar

Millennium Member

Group:
Member
Posts:
13,872
Location:
𝒞𝑜𝐻𝑜𝓇𝓉 💗

Status:


Changdeokgung Il palazzo reale

aaa1


Changdeokgung (in coreano: 창덕궁 in hangul, 昌德宮 in hanja, letteralmente il palazzo della prospera virtù) è un palazzo che si trova all'interno di un parco di Seul, in Corea del Sud. Si tratta di uno dei Cinque grandi palazzi costruiti dai sovrani della Dinastia Chosun; a causa della sua posizione a est del palazzo Gyeongbokgung spesso è chiamato semplicemente palazzo orientale.
Changdeokgung era il palazzo favorito di molti sovrani coreani del Medioevo e mantiene molti dei caratteri tipici dello stile coreano del periodo dei tre regni, come per esempio il fatto che si armonizza nell'ambiente circostante invece di imporvisi.
Il complesso del palazzo reale Changdeokgung (창덕궁 昌德宮) fu costruito nella prima parte del quindicesimo secolo.
I principi del neo-confucianesimo, l’ideologia principale del periodo Joseon (1392-1910), sono evidenti nel suo vasto territorio che si armonizza con le caratteristiche naturali del luogo. Testimone di seicento anni di storia coreana, il palazzo resta oggi uno dei beni storici più amati dal popolo coreano.
La costruzione del palazzo iniziò nel 1405 e venne ultimata nel 1412, durante il regno di Taejong. Più tardi il re Sejo espanse il palazzo di circa 500.000 metri quadrati. Durante l'invasione giapponese del 1592, Changdeokgung venne raso al suolo da un incendio, ma nel 1609 venne ricostruito. Dopo un ulteriore incendio nel 1623 e numerosi attacchi da parte della Dinastia Ming, degli eserciti francesi e statunitensi venne sempre ricostruito, restando fedele allo stile originario. Qui si trovava la sede del governo fino al 1872, anno in cui venne ricostruito il vicino Gyeongbokgung.
L'ultimo re coreano, Sunjong, visse qui fino alla sua morte avvenuta nel 1926.

Il palazzo Changdeokgung è stato dichiarato «sito Patrimonio Mondiale» in riconoscimento del suo valore come “esempio di architettura e del progetto di giardino di un palazzo estremo-orientale, eccezionale per il modo in cui gli edifici si integrano con l’ambiente naturale e armonizzano con esso, adattandosi con la topografia e mantenendo la copertura di alberi locali”. Vediamo allora di fare una passeggiata fra gli strati di tempo e di spazio nascosti in questo antico palazzo reale.

Gli edifici del palazzo: la natura come sfondo dell’architettura
Una veduta del palazzo ChangdeokgungI principali edifici del palazzo Changdeokgung si possono dividere grosso modo in quattro aree: le residenze della famiglia reale, le aree degli uffici per i funzionari e per il re, l’area cerimoniale e le aree di servizio. Le abitazioni residenziali comprendono la camera da letto del re (Huijeongdang 희정당 熙政堂), la camera da letto della regina (Daejojeon 대조전 大造殿) e la residenza del principe ereditario (Donggung 동궁 東宮); l’area degli uffici comprende vari uffici governativi e l’ufficio del re (Seonjeongjeon 선정전 宣政殿); nell’area cerimoniale c’è la sala del trono (Injeongjeon 인정전 仁政殿), mentre nell’area dei servizi vi sono strutture per i servizi ausiliari. Inoltre, l’edificio Yeon’gyeongdang (연경당 演慶堂) nell’area del Giardino posteriore (Huwon 후원 後苑) e il Nakseonjae (낙선재 樂善齋) nei pressi della residenza del principe ereditario, entrambi aggiunti in seguito, servono come collegamenti significativi fra il passato e il presente. Uno degli aspetti salienti dell’architettura del palazzo Changdeokgung è che la natura è un componente integrale. In altre parole, qui la natura gioca un ruolo attivo come sfondo degli edifici.

aaa4


Oggi restano 13 edifici nell'area del palazzo, oltre a 28 padiglioni nel suo enorme giardino, che si estende su di un'area di 45 ettari. Le costruzioni principali sono: Donhwa-mun (la porta principale del palazzo, costruita nel 1412 e ricostruito nel 1607, con una campana di rame del peso di 8 tonnellate), Injeong-jeon (la sala del trono, ricostruita nel 1804), Seongjeong-jeon (l'ufficio ausiliario della sala principale, ricostruito nel 1647), Huijeong-dang (la residenza privata del re), Daejo-jeon (gli ambienti privati, distrutti dal fuoco nel 1917 e ricostruiti nel 1920), Geumcheongyo (costruito nel 1411, il più antico ponte di Seul), Juhamnu (archivi reali e pinacoteca, costruita nel 1776) e Nakseon-jae (la residenza della famiglia imperiale coreana).
Vicino al palazzo si trova il cosiddetto Biwon, il giardino segreto, costruito originariamente per la famiglia reale e le donne del palazzo; esso contiene una grande quantità di specie vegetali rare e alberi di oltre 300 anni.
L'Ongnyucheon ("torrente di giada") contiene un canale d'acqua scavato nel 1636, con alcune cascatelle ed un poema iscritto nella roccia che lo sovrasta.

aaa5


Sequenza simbolica e respiro fisico
Nell’entrare nel complesso del palazzo e delle sue principali abitazioni si segue una certa sequenza simbolica. L’area in cui uno si trova nell’entrare attraverso la Donhwamun (돈화문 敦化門), la porta principale per il complesso del palazzo, è un “cortile esterno”. Da qui si procede da ovest a est e si attraversa il geumcheon (금천 禁川), il “corso d’acqua proibito”, entrando simbolicamente in un’area che era “protetta” in modo particolare per il re. Immediatamente dopo avere attraversato il corso d’acqua, si passa attraverso la porta Jinseonmun (진선문 進善門), una porta principale, per giungere ad un “cortile interno”.

Il cortile interno è un quadrilatero che si assottiglia verso il lato più lontano. Da qui si può entrare nel cortile reale (jojeong 조정 朝庭) e raggiungere la “sala del trono” (Injeongjeon), il primo e simbolicamente più importante edificio del complesso del palazzo. La “corte reale”, un cortile esterno pavimentato in pietra posto di fronte alla sala del trono e dove avevano luogo importanti cerimonie reali, è una parte integrante di qualunque sala del trono nei palazzi reali coreani. Si può entrare nella corte reale passando attraverso la porta Injeongmun o la porta della sala reale. La sala del trono e la corte si trovano posizionati sulle pendici di una collina, sono rivolte a sud e sono circondate sui tre lati da corridoi aperti (hoerang 회랑 回廊).

Per quanto riguarda l’edificio Yeon’gyeongdang, costruito nel giardino posteriore, per raggiungere la porta Jangnakmun (장낙문 長樂門), la porta principale di accesso al Yeon’gyeongdang, si attraversa un piccolo corso d’acqua su un largo ponte di pietra. Passando attraverso la grande porta, ci si trova in uno stretto cortile esterno rettangolare. Da quel punto ci sono due grandi porte, la porta Suinmun (수인문 修仁門) a ovest e la porta Jangyangmun (장양문 長陽門) a est. La prima conduce agli alloggi interni (anchae 안채), dominio delle donne, e la seconda introduce ai sarangchae 사랑채, gli alloggi degli uomini e degli ospiti maschili. Sia gli alloggi anchae che i saranchae avevano ciascuno un proprio cortile ed erano circondati dai propri corridoi di servizio (haenggak 행각 行閣). All’interno degli edifici gli alloggi delle donne e quelli degli uomini sono collegati, ma nell’area dei cortili sono separati da un muretto basso con una porta.

La sequenza del percorso per entrare nell’edificio Yeon’gyeongdang è spesso descritta come “attraversare il ponte dei corvi e delle gazze sulla Via lattea ed entrare nel palazzo della luna”. L’espressione è un riferimento alla scultura in pietra di un albero di cassia e quattro rospi su una base di pietra posta alla testa del ponte che conduce al modesto sotto-complesso residenziale.

La sequenza dell’attraversare un ponte, di passare attraverso una porta e di entrare in uno spazio principale attraverso un cortile è simile sia per la sala del trono Injeongjeon che per l’edificio Yeon’gyeongdang. Ma vi è una differenza nelle dimensioni, nel ruolo, nell’uso e nello stato degli spazi. Qui si può vedere che un’unità di spazio dell’architettura coreana comprende un cortile che circonda l’edificio principale e il cortile è a sua volta circondato da corridoi ‒ aperti come nel più formale Injeongjeon e nella corte reale, o chiusi come nel più modesto Yeon’gyeongdang ‒ o da muri, indipendentemente dalla effettiva dimensione dell’edificio. Inoltre gli edifici del palazzo residenziale e degli uffici hanno tre componenti spaziali e funzionali: camera (방 房), sala (청 廳) e “balconata (루 樓)”. In un edificio orientato in modo appropriato, il daechong (대총 大塚), con il suo pavimento di legno, è l’area in cui l’aria fresca proveniente dalle aiuole terrazzate del cortile posteriore e il caldo del cortile anteriore si intersecano per fornire uno spazio gradevole agli abitanti nel calore dell’estate.

aaa3


Il giardino posteriore: un intervento architettonico minimo
Il giardino posteriore del palazzo reale Changdeokgung presenta piante paesaggistiche, laghetti artificiali e padiglioni dalla forma geometrica, oltre ai contorni originali del terreno naturale. Il giardino fu ideato in modo da minimizzare l’intervento umano e da rendere massimo il piacere di apprezzare la natura al cambiamento delle stagioni. Per esempio, più piccolo è il padiglione, più grande sembra il paesaggio. Il giardino posteriore del palazzo Changdeok si può dividere in quattro aree, ognuna delle quali con uno stagno o un corso d’acqua: la zona attorno al Laghetto dei fiori di loto (Buyongji 부용지 芙蓉池) con i padiglioni Juhamnu (주함루 宙合樓) e Yeonghwadang (영화당 暎花堂); l’area attorno al Laghetto dell’amore per i loti (Aeryeonji 애련지 愛蓮池) con i padiglioni Aeryeonjeong (애련정 愛蓮亭) e Gioheon (기오헌 寄傲軒); l’area attorno al Laghetto penisola (Bandoji 반도지 半島池) con i padiglioni Gwallamjeong (관람정 觀覽亭) e Jondeokjeong (존덕정 尊德亭) e l’area attorno al Ruscello di giada (Ongnyucheon 옥류천 玉流川) con il masso Soyoam (소요암 逍遙岩), i padiglioni Soyojeong (소요정(逍遙亭), Taegeukjeong (태극정 太極亭) e Cheonguijeong (청의정 淸漪亭).
L’acqua è un elemento importante in questo giardino. Lungo l’area del Ruscello di giada, per esempio, i padiglioni furono costruiti in vari luoghi, ognuno di essi con un orientamento diverso, mentre i padiglioni lungo i laghetti come Buyongjeong (부용정 芙蓉亭) ed Aeryeonjeong furono creati in modo che posassero su plinti immersi negli stagni in modo che la loro immagine potesse essere riflessa nell’acqua. L’acqua è anche servita a creare un ambiente rinfrescante controllando il flusso dell’aria e la temperatura.

aaa2


I padiglioni furono costruiti in forme diverse per fare da complemento all’ambiente naturale. Il padiglione Buyongjeong assomiglia a un fiore di loto, Aeryeonjeong ha una forma quadrata, Jondeokjeong è esagonale e Gwallamjeong ha la forma di un ventaglio pieghevole. Tutti questi hanno solo due “gambe” immerse in acqua. Ciò si può intendere come un mezzo per personificare le immagini degli antichi saggi che cercavano di sconfiggere il caldo dell’estate immergendo i piedi in un fresco ruscello di montagna. I laghetti furono creati basandosi sulla nozione del Cheonwonjibang (천원지방 天圓地方), che significa “il cielo è rotondo e la terra è quadrata”, e sulla relazione fra l’acqua e i pesci che era paragonata a quella fra il re e i suoi sudditi. Queste considerazioni di progettazione erano in relazione con i principi scientifici che permettevano all’acqua di circolare e di non ristagnare.

Il Cheonguijeong è un padiglione notevole che si trova nella parte più interna del ruscello di giada (Ongnyucheon). È costituito da quattro pilastri cilindrici che sorgono dai quattro angoli di un pavimento di legno, è coperto con un tetto rotondo di paglia sostenuto da una struttura ottagonale con otto arcarecci rotondi e sessantaquattro travi con sezione quadrata. Il padiglione è progettato in modo che il peso strutturale sia sopportato dai quattro pilastri cilindrici fondati nella risaia di sperimentazione del re. È inteso simboleggiare la relazione fra il cielo, l’uomo e la terra, e una consapevolezza del cambiamento delle stagioni in rapporto con il ciclo di crescita del riso.

A differenza degli spazi per gli edifici che sono creati per accomodare persone che vengono e vanno, le aree del giardino sono intese a fornire spazi per persone che passeggiano comodamente e apprezzano il sempre mutevole aspetto della natura. Perciò gli spazi dei giardini furono progettati prendendo in considerazione la natura circostante e ogni elemento mancante era completato con l’aggiunta di targhe appese o tavolette su pilastri con frasi simboliche sui padiglioni in modo che i piccoli spazi architettonici avessero un grande significato.

aaa7
aaa6


Altre immagini sotto spoiler


Info qui: Corea.it e qui: Wiki
 
Web Contacts  Top
view post Posted on 19/12/2011, 22:01
Avatar

Millennium Member

Group:
Member
Posts:
13,872
Location:
𝒞𝑜𝐻𝑜𝓇𝓉 💗

Status:


La Fortezza di Hwaseong

aa2


La Fortezza di Hwaseong (in coreano: 화성 in hangul, 華華 in hanja, letteralmente "fortezza brillante") è una fortezza che si trova a Suwon, a 30 chilometri da Seul, in Corea del Sud. Venne costruita fra il 1794 e il 1796 per ordine del re Jeongjo per onorare ed ospitare i resti del padre, il principe Sado, costretto a uccidersi dopo essere stato rinchiuso in una cassa di riso dal re Yeongjo.
L'architettura della fortezza, inserita nel 1997 nell'elenco dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO, combina elementi occidentali e orientali, formando un edificio che si distingue nettamente da tutte le altre tipiche costruzioni coreane.

Le porte
La fortezza ha quattro porte: "Hwaseomun" (porta occidentale), "Janganmun" (porta settentrionale), "Paldalmun" (porta meridionale) "Changnyongmun" (porta orientale). LE porte settentrionale e meridionale sono le più grandi e il loro tetto e le decorazioni in legno e pietra richiamano la Namdaemun di Seul. La porta meridionale venne bruciata durante la guerra di Corea; è stata ricostruita nel 1975. LE porte maggiori sono sormontate da un padiglione a due piani, mentre le porte orientali e occidentali hanno un padiglione a un solo piano. Tutte le quattro porte sono circondate da una fortezza in miniatura che ospitava le guardie addette alla loro difesa.

aa4



Le mura
La struttura era racchiusa da una cinta muraria lunga 5,74 chilometri e alta fra i 4 e i 6 metri (dove il terreno è pianeggiante le mura sono più alte rispetto ai tratti in cui il terreno è montuoso). I parapetti sono di pietra e mattoni, alti 1,20 metri. Le mura sono in buono stato di conservazione, tranne il lato meridionale che non è mai stato restaurato.
Lungo le mura si trovavano 48 strutture difensive, ma sette di loro sono andate perdute nei secoli a causa di inondazioni, guerre o logorio. Tra queste strutture difensive si trovano porte segrete, piattaforme di guardia e per gli arcieri, torri d'osservazione e bastioni. La torre di segnalazione aveva 5 camini per poter fare segnali sia col fumo che col fuoco: uno di essi illuminato significava pace, due significava che il nemico era stato avvistato, tre che si stava avvicinando, quattro che era penetrato in città e cinque che era iniziato il combattimento intorno alla fortezza.

bbb1



Storia
La Fortezza di Hwaseong venne costruita in due anni e mezzo di lavoro, fra il 1794 e il 1796 dal famoso architetto Jeong Yak-yong, una delle figure di spicco del movimento Silhak (cultura pratica), che incoraggiava l'uso della scienza e dell'industria. Jeong infatti incorporò nel suo progetto elementi presi non solo dalla Corea, ma anche dalla Cina e dal Giappone, oltre che dalle scoperte scientifiche del tempo. Per esempio egli utilizzò mattoni come elemento base per la costruzione, oltre ad introdurre efficienti carrucole e gru.

La fortezza fu anche il risultato del collasso della linea del fronte durante l'invasione giapponese del 1592: in quell'epoca, il modello coreano di fortezza prevedeva un semplice muro difensivo per la città e una fortezza separata, su di una montagna, in cui la gente poteva ripararsi durante la guerra. Hwaseong venne invece costruita per includere tutti questi elementi, trovandosi al contempo nella città.
La costruzione costò alle casse dello stato 870.000 nyang, la valuta dell'epoca, e 1.500 sacchi di riso per pagare gli operai che vi lavorarono. In passato i lavori governativi venivano scontati alla popolazione coinvolta dalla tassa detta corvée, ma in questa occasione fu preferito pagare gli operai, un altro segno dell'influenza del Silhak.

bbb2



Sembra che il re Jeongjo ordinò la costruzione della fortezza in preparazione dello spostamento della capitale da Seul a Suwon, una città posta in una posizione strategica per unire Seul al Mar giallo e alla Cina. Il sovrano voleva eliminare le lotte intestine della corte e portare avanti un piano di riforme e si convinse che Suwon aveva il potenziale per svilupparsi in una prospera capitale. Per incoraggiarne la crescita, ordinò alla popolazione di spostarsi a Suwon, esentandoli in cambio dal pagamento delle tasse per 10 anni, con un notevole sforzo economico per lo stato.

Nel 1800, poco dopo la morte di Jeongjo, venne pubblicato il libro "Hwaseong Seong-yeokuigwe" (registrazioni della costruzione della fortezza di Hwaseong), in dieci volumi, che si provò di inestimabile valore durante i restauri degli anni settanta in seguito ai danni provocati dalla guerra di Corea. Il primo volume era dedicato al progetto di costruzione, contenendo per esempio i disegni dettagliati e la lista dei supervisori. I successivi sei volumi contenevano le implementazioni ordinate dal re, come per esempio le paghe dei lavoratori e gli ordini del sovrano per la costruzione. Gli ultimi 3 volumi descrivono la costruzione di un palazzo aggiuntivo alla fortezza. Nel libro è riportata in dettaglio non solo la quantità di mano d'opera impiegata, ma anche la quantità dei materiali.

aa3


aa1



altre immagini sotto spoiler

Info qui: Wiki
 
Web Contacts  Top
view post Posted on 19/12/2011, 23:21
Avatar

Millennium Member

Group:
Member
Posts:
13,872
Location:
𝒞𝑜𝐻𝑜𝓇𝓉 💗

Status:


Pepero Day

pepero1


Il Pepero Day 빼빼로 데이, è una sorta di S. Valentino in Corea.
Ricorre ogni 11 Novembre ed è prettamente un usanza Sud Coreana.
In accordo alla storia, Il Pepero Day inizia nel 1994 dagli studenti di una scuola di Busan che scambiarono i steack di pepero (i nostri Mikado e i giapponesi Pocky) per augurarsi di crescere alto e snello come un pepero.
Si festeggia l' 11 novembre in quanto i bastoncini somigliano al numero uno che è singolo ma messo nella data 11.11 diventano in coppia, ecco perchè può essere paragonato al nostro s. valentino.

pepero9
pepero5


Durante questo giorno, le giovani coppie, le persone che si piacciono reciprocamente, gli amici di vecchia data e perfino i compagni di scuola e gli insegnanti si scambiano scatolette di Pepero ed altri svariati dolci.
E' una festa inserita da poco nella cultura coreana ed è molto comune, durante i giorni precedenti all'usanza, vedere nelle vetrine dei negozi cestini con scatolette di Pepero, orsacchiotti ed altri tipi di dolciumi, come la cioccolata.
Ma non esistono solamente i semplici Pepero al cioccolato al latte, ne esistono a centinaia: alla fragola, alle nocciole, al cioccolato fondente, alle arachidi e addirittura al formaggio! C'è anche chi preferisce farli da sè, intingendo i bastoncini nel cioccolato fuso per poi applicarvi delle decorazioni di zucchero!

pepero4
pepero2



I 10 differenti gusti dal 2007:
■normale o cioccolato
■gusto fragola
■Almond Chocolate
■Nude (cioccolato al centro)
■Nude Lemon Cheese
■Coca
■Soft
■Cheese
■"Woman in White" and "Man in Black" sono la più "classica" marcha di Pepero, ed entrambi hanno i biscotti al cioccolato sparsi in tutto lo stecchetto di cioccolato
■Topic, uno stile simile al Toppo giapponese. (prodotto da Lotte).

untitled
pepero7



Info qui: VabeneCorea e qui: FB

Edited by Hanul. - 20/12/2011, 11:50
 
Web Contacts  Top
view post Posted on 20/12/2011, 11:17
Avatar

Millennium Member

Group:
Moderatore
Posts:
10,016
Location:
Winterfell and Tosa-han

Status:


HANFU

hanfu


Hanfu (cinese tradizionale: 漢 服 ; cinese semplificato: 汉 服 ; pinyin: hànfú; Wade-Giles: han4fu2; min meridionale: hànho̍k o hanhok; cantonese: hɔn˧fʊk˨ o honfuk : significa "costume Han"), o Hanzhuang (汉 装), una minoranza di Han detto anche Huafu (华 服): è un costume tradizionale cinese (Han), utilizzato durante gran parte del periodo precedente alla dinastia Qing.

È un abito diverso dal Changshan (abito maschile) e dal Cheongsam o qípáo (abito femminile). Questi sono infatti costumi Manchu, imposti a partire dal XVII secolo, epoca della presa del potere della Dinastia Qing e che hanno conosciuto una lunga evoluzione fino a epoche recenti. Lo hanfu non deve neppure essere confuso con il giapponese Kimono che è un abito che dallo hanfu deriverebbe.


Il Hanfu è il costume tradizionale dei cinesi Han. E 'apparso in epoca di Yandi e Huangdi, due imperatori che viveva a 25 (o 26) secolo a.C. (Yandi e Huangdi sono gli antenati di Hans.) Hanfu resistette fino alla fine della dinastia Ming. La sua esistenza è durato circa 4000 anni. Durante questo periodo, la Han non ha modificato le caratteristiche principali dei loro costumi. I costumi indossati durante tale periodo sono chiamati Hanfu. Durante la dinastia Zhou, con la sua enfasi sulla cortesia e costumi, Hanfu assume forme specifiche e formali, in particolare Hanfu per opportunità professionali. Durante la dinastia Han, il Hanfu sia stato completato e reso popolare. Alla dinastia Han, da cui deriva il nome del gruppo etnico Han e il nome dei loro costumi Hanfu. (Han, la Via Lattea in cinese, anche se la maggior parte di Hans oggi non so.) Tuttavia, dobbiamo notare che Hanfu non è solo il costume della dinastia Han, ma piuttosto la dinastia di Yanhuang la dinastia Ming. Durante le dinastie di seguito, i dettagli del Hanfu sono cambiate un po' ', i nuovi tipi di Hanfu è stato reso famoso, ma le caratteristiche principali rimangono invariabili, come quello che erano durante la dinastia Han.

La dinastia Han è un periodo straordinario e importante nella storia della Cina, il popolo Han formati durante questo periodo. Con il progresso della società, la cultura di Han cresce così fiorente, ha raggiunto livelli senza precedenti nel campo delle arti, delle scienze, l'economia e l'agricoltura. Sotto la dinastia Han, la Cina era il paese più avanzato del mondo.

Utilizzato sia in epoca classica e moderna, e condividere la sua lunga durata e la sua storia, Hanfu è un pezzo importante del patrimonio culturale del popolo Han. Ma purtroppo, a causa dell'invasione Manciù e il divieto di indossare il Hanfu nel 17 ° secolo, Hans molti pensano ancora che i costumi della Manchu come Tangzhuang e Qipao è il costume tradizionale dei cinesi Han . Hanfu ma non è completamente scomparso nel mondo moderno. Durante feste tradizionali cinesi e giorno importante nella storia della Cina, si possono ancora vedere una minoranza di Hans vestita Hanfu, antenati commemorazione, patriottico, o partecipare a 成人 礼 (non traduzione francese attualmente disponibili. It 's agisce in una tradizionale cerimonia durante la quale, i giovani Han, in genere 16-22 anni, passando dalla adolescenza all'età adulta. Tradizionalmente è stato dopo la cerimonia di essi sono considerati come adulti reale con le responsabilità familiari e sociali. Precedentemente, tutti gli adulti Hans partecipato. Attualmente, ben poco si stima che meno di 1 su 1000 il numero di adulti Han che hanno partecipato a questa cerimonia). diversi costumi nazionali dei paesi in Asia orientale e del Sud-est asiatico si sono sviluppate sulla base di hanfu: come il kimono giapponese, coreano Hanbok, Al massimo vietnamita áo voi.


L'Hanfu attualmente è utilizzato principalmente in ambiti religiosi, indossato dai sacerdoti durante le cerimonie.

IMMAGINI


Info dalla wikipedia
 
Top
view post Posted on 20/12/2011, 11:39
Avatar

Millennium Member

Group:
Moderatore
Posts:
10,016
Location:
Winterfell and Tosa-han

Status:


AINU

ainu


Gli Ainu (propriamente "uomini"), sono una popolazione abitante l'isola di Hokkaidō nel nord del Giappone (un tempo chiamata Ezo, in giapponese Isola dei selvaggi), le isole Curili e in piccola parte, l'isola russa di Sachalin e le coste del continente, caratterizzati fino ai primi decenni del secolo scorso, da una società a struttura tribale. La loro appartenenza ad uno dei ceppi etnici attualmente esistenti è da lungo tempo discussa.

Alcuni Ainu (la maggior parte di essi ha adottato usi, costumi e lingua giapponesi o russi) parlano ancora l'idioma tradizionale, la Lingua Ainu, una lingua isolata.

MITO E STORIA
Le origini degli Ainu sono tuttora avvolte dal più fitto mistero. Gli antichi scritti sacri dello scintoismo, il Kojiki ed il Nihonshoki narrano che Susanoo, kami del vento e della tempesta, rifiutato l'incarico affidatogli dal padre Izanagi di governare i mari, andò a lamentarsi dalla sorella Amaterasu, personificazione del Sole, che governava le Pianure dell'Alto Cielo, una sorta di paradiso, luogo di origine e di residenza degli innumerevoli kami. Qui, per aver distrutto le risaie di Amaterasu, insozzato la sala dei banchetti delle divinità con i propri escrementi ed aver scorticato contropelo il sacro cavallo della sorella, fu scacciato e condannato a vivere tra gli uomini. Sulla Terra egli ed i suoi numerosi discendenti conobbero molte donne dalle quali nacquero diversi personaggi che spartirono tra loro la terra di Yamato, mantenendo una situazione di continuo conflitto tra i diversi feudi. Tempo dopo Amaterasu decise di unificare e pacificare l'arcipelago dai suoi discendenti, mandando suo nipote Ninigi a compiere l'impresa. Uno dei figli di costui, Jinmu, dall'isola di Kyushu da dove proveniva si diresse verso il Giappone Centrale, sottomettendo chi della numerosa progenie di Susanoo riconosceva la sua supremazia e uccidendo senza pietà i signori delle terre che si ribellavano alla sua avanzata. In poco tempo il condottiero riuscirà a sottomettere una buona parte del paese, divenendo il primo imperatore della dinastia dei Tennō.

Alcuni individui (tra cui dei capi locali sia ribelli che più docili), incontrati da Jinmu nelle parti dei sacri testi dedicate alla sua opera di conquista, sono dotati della coda, una curiosa caratteristica attribuita anche alle orde di rozzi cavernicoli brutalmente sterminati nei pressi di Osaka e di Ise. Si potrebbe dunque identificare questi feroci barbari con i membri delle tribù Ainu preistoriche che furono decimati o spinti sempre più a nord nel corso dei secoli, e gli appartenenti alla stirpe del Sole che l'autore descrive con la coda con i frutti delle numerose unioni miste realmente avvenute che contribuirono ad aumentare il numero degli antenati dei Giapponesi e contribuendo alla loro vittoria sugli indigeni.

Quando ancora la dinastia del Trono del Crisantemo governava soltanto quella che oggi è la provincia di Yamato e fino al XVII secolo, gli Ainu erano visti con timore e vennero combattuti in uno stato di guerra continua per millenni, venendo quasi sempre sconfitti dalla superiorità bellica del nemico (gli Ainu non conoscevano il ferro) e man mano esiliati nelle foreste delle terre settentrionali, uccisi o convertiti agli usi civili dei Giapponesi di un tempo.

La presenza degli Ainu in tempi remoti su tutta la superficie dell'Arcipelago è testimoniata dalla presenza di moltissimi toponimi moderni che in giapponese hanno un significato assurdo o senza senso, ma più che appropriati se riesaminati nel quadro linguistico e culturale Ainu. Quando i Giapponesi infatti presero definitivo possesso delle terre del Sol Levante, non rinominarono i nomi di luogo precedentemente utilizzati, ma, con l'avvento della scrittura, gli attribuirono degli ideogrammi che corrispondevano ai suoni dei nomi da scrivere, pur avendo spesso significati completamente diversi. Un chiaro esempio che spicca tra i tanti ateji ("ideogrammi appiccicati dopo") è quello del monte Fuji, che in giapponese può essere scritto con due ideogrammi che possono significare "non-due" (cioè l'ineguagliabile) o "non-morte" (cioè l'immortale), ma che in genere viene trascritto con i due caratteri di ricchezza e samurai. Nella religione Ainu invece, Fuchi o Huchi era il nome della dea del fuoco, nome più che appropriato dunque per un vulcano. Altri studiosi hanno invece osservato, partendo dal fatto che gli Ainu preferivano battezzare i corsi d'acqua piuttosto che le montagne, che il termine push, che significa "sorgere violentemente" riferito all'impetuoso torrente Fujisawa, avrebbe potuto mutarsi in Fuzi, l'antico nome giapponese del monte.

Solo nell'era moderna il governo giapponese ha incominciato ad intraprendere politiche di protezione verso questa ormai minoranza nel territorio, ma gli Ainu e la loro lingua sembra stiano per scomparire, ad eccezione di quelli che vengono esibiti ad uso e consumo dei turisti.

CONFERME GENETICHE
La teoria profana più accreditata sulla loro origine ipotizza che gli antenati degli Ainu, in tempi remoti e per ragioni oscure, si siano separati dal ceppo originario forse proveniente dalla Siberia e siano giunti tra il XII-XI millennio a.C. nell'Arcipelago Giapponese, passando per Sachalin e le Isole Curili, sviluppando nei secoli la cultura di tipo Jōmon (il cui significato letterale è "a cordicella"; infatti gli Ainu disseminarono la loro terra di siti in cui erano conservati dei caratteristici vasi con decorazioni a zig-zag, da cui quel periodo di storia giapponese prese il nome).

Recentemente la genetica, attraverso lo studio della porzione non ricombinabile del DNA-Y, ha dimostrato come molti Ainu, gli Emishi e buona parte dei Giapponesi, probabilmente coloro che fanno parte del gruppo Jomon, ovvero gli abitanti originari del Giappone, appartengono tutti all' aplogruppo D (34.7%).

Tale aplogruppo identifica i discendenti dei cacciatori-raccoglitori che arrivarono in Giappone dal continente asiatico in un momento in cui le due regioni erano fisicamente collegate, ovvero fra i 20.000 ed i 12.000 anni fa, prima che l'avanzare del livello del mare, alla fine dell'ultima glaciazione, separasse l'arcipelago giapponese, spingendo i Jomon e le altre genti, a diffondersi nelle isole nipponiche in un raggio a forma di "U" nella zona settentrionale del Giappone, abitata dagli Ainu e nelle isole Ryūkyū, nell'estremo sud, come le isole Okinawa.

La teoria della provenienza continentale degli Ainu sembra confermata anche dal fatto che la parola Ainu che indica il mare di Ochotsk sia traducibile come Makun-rep, che significa "mare lasciato indietro, mare antico".

In base a questi risultati la teoria dominante e più accreditata è che dunque queste popolazioni siano ricollegabili al periodo Jōmon, ovvero gli avi degli attuali Ainu. In seguito, durante il Neolitico (ca. 4.000/2.300 anni fa), altre genti provennero dalla Corea e dal continente (appartenenti all'aplogruppo O) introdussero una cultura superiore (insieme all'agricoltura del riso) e si imposero alle precedenti popolazioni locali, formando poi il gruppo Yayoi. Questa invasione spiegherebbe in modo logico l'ampia presenza dei "Barbari del Nord" e la loro distribuzione in tutto il Giappone prima del loro sistematico sterminio perpetrato dai nuovi invasori, da cui discendono i Giapponesi attuali.

Inoltre, anche recenti studi condotti sui più antichi scheletri rinvenuti in America hanno rivelato una somiglianza con gli Ainu, facendo sorgere l'ipotesi che questi fossero imparentati coi primi abitatori dell'America, poi soppiantati dagli immigrati mongoloidi giunti dalla Siberia, esattamente come accadde per gli Ainu.[1]

Secondo controversi studi condotti dall'antropologo americano C. Loring Brace dell'università del Michigan, la classe guerriera giapponese dei samurai discenderebbe dalla popolazione Ainu [2]. Per giungere a questa conclusione Brace ha confrontato più di un migliaio di scheletri di Ainu giapponesi. Secondo lui questa teoria potrebbe anche spiegare perché le caratteristiche facciali dei giapponesi della classe dominante si differenziano spesso da quelli degli altri giapponesi.

CULTURA

ainu2


Gli Ainu non assorbiti dalla cultura nipponica vivono nei kotan, villaggi un tempo ad organizzazione tribale presenti soprattutto lungo le coste o nelle valli fluviali dell'isola di Hokkaidō guidati da un capo, il kotankorokur, che veniva scelto per particolari abilità nella caccia e nella pesca o per la distinta provenienza familiare, cui spettava il compito di far rispettare le leggi della tribù tramandate oralmente, sovrintendere alle celebrazioni religiose e guidare in generale la comunità. Le famiglie sono di tipo nucleare, simili cioè a quelle del mondo occidentale.

Secondo la tradizione, sia maschi che femmine diventano adulti agli occhi della comunità verso i 12-15 anni, a seguito di una particolare cerimonia. Dopo di essa i ragazzi cominciavano a vestire l'abito tradizionale (kaparamip) e a farsi crescere la barba, simbolo di saggezza e virilità. Le ragazze invece si tatuavano mani, braccia e labbra come segno di prestigio sociale. Una volta terminata l'operazione, spesso piuttosto dolorosa, le donne erano considerate pronte al matrimonio. Questi usi, fino agli anni Trenta, se non proprio comunissimi comunque ancora presenti, sono oggi completamente scomparsi, nonostante siano ancora vive alcune anziane Ainu tatuate e dei patriarchi non rasati. In particolare il costume della tatuazione del labbro, così come la laccatura nera dei denti presso le donne giapponesi, è stato del tutto dimenticato da almeno sessant'anni.

LINGUA E DISTRIBUZIONE

ainu8


Fino al XX secolo, pur rappresentando una minoranza, gli Ainu erano diffusi in Hokkaidō, nelle isole Curili, nella penisola della Kamčatka e nell'isola di Sakhalin. In ognuno di questi territori si parlava un dialetto Ainu diverso. Attualmente però la ricca diversità linguistica è completamente scomparsa (le lingue Ainu continentali parlate in Russia sono estinte dagli inizi del secolo scorso, mentre l'ultimo parlante madrelingua dell'Ainu di Sakhalin è morto nel 1994). Sopravvivono unicamente gli idiomi delle Curili e del Giappone.

RELIGIONE
Gli Ainu praticavano una religione di tipo animistico che vede in ogni oggetto, animale o fenomeno atmosferico la presenza di un dio. Per questo essi si affidano ad un nutritissimo pantheon di dèi (kamuì, da notare una possibile connessione con kami, corrispondente parola giapponese riferita alle divinità shintoiste) che influiscono positivamente o negativamente su ogni ambito della vita umana. Particolarmente importante è l'adorazione dell'orso, animale-simbolo di questo gruppo etnico. Le cerimonie tradizionali più importanti riguardano la caccia (l'iyomante, forse il più importante rito fra i culti tradizionali Ainu, l'hopnire, l'iwakte), la pesca e i riti iniziatici dei giovani già citati.

Benché incanalino il loro potere negli elementi della natura, i kamuì vivono in un altro universo simile a quello degli uomini, e si dividono in dèi pesanti e dèi leggeri, cioè dèi più importanti e meno importanti. Gli uomini invece vivono nel Mōshur, la terra che noi tutti conosciamo.

CURIOSITà
Nel manga Shaman King, Horo Horo, uno dei personaggi principali, è un Ainu.

IMMAGINI


Info da Wikipedia
 
Top
view post Posted on 20/12/2011, 12:00
Avatar

Millennium Member

Group:
Moderatore
Posts:
10,016
Location:
Winterfell and Tosa-han

Status:


LOTO D'ORO

loto1


Con Loto d'oro o Gigli d'oro si indicano i piedi artificialmente deformati delle donne cinesi. Il nome è dovuto all'andatura precaria e oscillante che assumevano le donne sottoposte a questa pratica, in auge dall'inizio della dinastia Song e durante le dinastie Ming e Qing e gradualmente scomparsa durante la prima metà del XX secolo. Dalla fondazione della Repubblica Popolare Cinese questo termine è considerato inaccettabile e discriminatorio[1]: si prediligono i termini 裹脚 pinyin: gŭojiăo, 缠足 pinyin: chánzú, entrambi significanti "piedi fasciati".

LA TECNICA

loto2


La pianta dei piedi veniva piegata e mantenuta di una lunghezza tra i 7 e i 12 centimetri. Nelle famiglie più ricche ed influenti le bambine venivano fasciate quando erano molto piccole, in base al loro sviluppo, in genere tra i 2 e gli 8 anni; questo rendeva la pratica meno dolorosa e meno traumatica psicologicamente. Nelle classi contadine la fasciatura cominciava più tardi perché le bambine dovevano essere abili al lavoro fino a che non si concordava loro un matrimonio, o fino a che non erano in età da matrimonio, comunque prima dei 15 anni, finché le ossa erano ancora malleabili.

Per deformare i piedi nella loro forma definitiva erano necessari almeno 3 anni, talvolta anche 5 o 10. Per tutta la vita, i piedi necessitavano di continue attenzioni e di scarpine rigide che fossero sufficientemente resistenti da sorreggere il peso della donna. Le scarpette andavano indossate anche di notte affinché la deformazione non regredisse. Dopo la fasciatura il piede assumeva una forma a mezzaluna.

Prima di essere fasciati, i piedi erano lavati e puliti dai residui organici (pelle morta e ulcere), quindi erano cosparsi di allume, avente funzione anti-emorragica e coagulante. La benda era larga cinque cm e lunga fino a tre metri.

La deformazione consisteva in due operazioni distinte:

1. piegare le quattro dita più piccole (ad esclusione dell'alluce) al di sotto della pianta del piede
2. avvicinare l'alluce ed il tallone inarcando il collo del piede. Le articolazioni del tarso e le ossa metatarsali venivano progressivamente deformate.

In questo modo i talloni diventano l'unico punto di appoggio, causando l'andatura fluttuante della donna, come il loto che si piega al vento.

Nelle famiglie povere, in cui le ragazze dovevano conservare la capacità di camminare per lavorare, era praticata una fasciatura leggera consistente solo nella prima delle due operazioni (il ripiegamento delle dita). Il piede rimaneva più grande e precludeva il matrimonio con un uomo di ceto elevato. Nella Cina meridionale, era praticato un terzo tipo di fasciatura in cui, invece delle due suddette operazioni, l'alluce veniva piegato all'indietro e verso l'alto.

La pratica era molto dolorosa, perché il piede non smetteva di crescere ma cresceva deformato: le ossa conseguentemente si frastagliavano per poi saldarsi irregolarmente. Spesso le ossa dei metatarsi si rompevano, o venivano appositamente rotte, così come le articolazioni. Le unghie andavano sempre tagliate molto corte per evitare infezioni, ma nonostante tutti gli accorgimenti una fasciatura poteva portare a infezioni, setticemia, cancrena anche con perdita delle dita. Talvolta era necessario asportare i calli con un coltello o praticare un profondo taglio al di sotto della pianta per asportare la carne eccedente e facilitare l'avvicinamento dell'alluce e del tallone.

I piedi così deformati erano coperti da minuscole scarpine lavorate, fabbricate dalla donna per esaltare la forma del piede e per mostrare le sue doti artigianali; erano accuratamente disegnate per evidenziare la forma arcuata ed appuntita del piede. Ogni scarpina era una forma d'arte ed un passaporto della donna. La dimensione del piede, e la struttura della scarpa dicevano tutto ciò che era necessario su di una donna: la sua capacità di sopportare il dolore, le sue abilità casalinghe.
« Quando avevo sette anni, mia madre mi lavò i piedi, li cosparse di allume e mi tagliò le unghie. Poi mi piegò le dita contro la pianta del piede, legandomele con una fascia lunga tre metri e larga cinque centimetri, cominciando dal piede destro e passando poi al sinistro. Mi ordinò di camminare, ma quando ci provai, il dolore fu insopportabile. Quella notte mi sentii i piedi in fiamme e non riuscii a dormire; mia madre mi picchiò perché piangevo. Nei giorni seguenti cercai di nascondermi, ma fui costretta a camminare sui miei piedi. Dopo alcuni mesi, tutte le dita, tranne l'alluce, erano schiacciate contro la superficie interna. Mia madre mi tolse le bende e lavò il sangue e il pus che mi colavano dai piedi. Mi disse che solo rimuovendo a poco a poco la carne, i miei piedi sarebbero diventati snelli. Ogni due settimane mi mettevo delle scarpe nuove: ogni nuovo paio era di qualche millimetro più piccolo del precedente. D'estate i piedi puzzavano tremendamente di pus e di sangue, d'inverno erano gelidi per la mancanza di circolazione. Le quattro dita arricciate all'indietro sembravano bruchi morti. Ci vollero tre anni perché potessi calzare le scarpe di otto centimetri, le mie caviglie erano sottili, i piedi erano diventati brutti e ricurvi. »

La fasciatura dei piedi suscita stupore negli Occidentali, ma è stata paragonata al busto, che, oltre a essere doloroso, poteva deformare le costole, gli organi addominali e compromettere la gravidanza.

STORIA

loto4


Secondo la leggenda, la pratica del Loto d'oro sorse intorno al 900 d.C. da una concubina imperiale. Per accaparrarsi il favore dell'imperatore si era fasciata i piedi con lunghe fasce di seta bianca per poi danzare la Danza della luna sul fiore del Loto.

Durante la dinastia Qing (1644-1912), i reggenti Manciù, che non erano cinesi e non fasciavano i piedi alle loro donne, tentarono inutilmente di eliminare l'usanza attraverso decreti che minacciavano severe sanzioni. Per contro, anche le donne mancesi cominciarono ad emulare la fasciatura usando scarpe affusolate e rialzate, ma senza piegare le dita sotto la pianta e provocare deformazioni. Promotori dell'abolizione della fasciatura e dell'emancipazione femminile, furono i Taiping, i missionari cristiani, gli intellettuali e tutti coloro che vennero in contatto con la cultura occidentale. Anche i Giapponesi, nella Taiwan occupata, promossero la liberazione della donna, soprattutto al fine di sfruttarne la forza lavoro.

In ultimo, la pratica fu abolita ufficialmente da un decreto imperiale del 1902, ma ci vollero 50 anni affinché la pratica scomparisse gradualmente. Il popolo, infatti, offrì molta resistenza al cambiamento delle usanze. Sorprendentemente, furono soprattutto le donne e gli strati più poveri della popolazione a continuare la pratica, per i suoi vantaggi in ambito sociale. Quando gli uomini cominciarono a preferire i piedi grandi, per le donne con i piedi fasciati fu una seconda tragedia, perché videro vanificati anni di sofferenze e aspettative.

ASPETTI SOCIALI

loto3


Anche in Occidente il piede piccolo è considerato bello, basta pensare alle ballerine o alle scarpe con i tacchi a spillo, che causano un'andatura oscillante ed hanno la punta. Si consideri anche la fiaba di Cenerentola, originaria della Cina.

L'usanza si diffuse inizialmente fra le classi più facoltose della popolazione, per motivi estetici. Ma presto cambiò significato, diventando simbolo di status sociale: una donna con i piedi fasciati, impossibilitata a svolgere lavori pesanti o rurali, aveva un marito facoltoso. Per questo stesso motivo, la pratica cominciò a diffondersi nelle classi meno abbienti che potevano dare in sposa una figlia ad una famiglia facoltosa, stabilendo legami interfamiliari che aumentavano il prestigio della propria famiglia. Le ragazze povere venivano anche vendute come concubine e il prezzo era legato alle dimensioni e alla perfezione dei piedi. L'usanza era tramandata da madre in figlia, allo stesso modo dell'infibulazione.

La pratica fu incoraggiata dal Confucianesimo, che vedeva nel Loto d'oro una dimostrazione perfetta di sottomissione della donna all'uomo, che legava le donne molto più delle pratiche di menomazione sessuale diffuse in altre zone del mondo. Le donne con i piedi fasciati erano fisicamente dipendenti dal loro uomo, ed era estremamente difficile allontanarsi dalla propria casa a causa della difficoltà di equilibrio. Alla fine la pratica divenne così popolare che una donna che non aveva i piedi fasciati non aveva speranza di contrarre un buon matrimonio, tra le classi meno agiate era addirittura impossibile sposarsi. Era l'unica cosa che una donna rispettosa, e una madre premurosa, avevano obbligo di pensare. Una buona fasciatura dei piedi sostituiva qualunque altra dote di una donna:

* garantiva che la sposa avrebbe compiaciuto in ogni modo il marito, pur di non essere ripudiata
* era prova di un'alta sopportazione del dolore
* era dimostrazione di coraggio
* era simbolo di docilità caratteriale di una donna.

Tuttavia, la sottomissione della donna non è l'unica chiave, molto occidentale, di lettura. Se le donne erano segregate in casa ed escluse dalla vita pubblica, controllavano però la vita all'interno della famiglia, comandando sui figli e soprattutto sulle figlie. La figura della suocera era spesso la più dispotica. Aspetto molto importante era il passaggio ad uno status sociale superiore attraverso il matrimonio combinato, spesso fin dall'infanzia, tra le famiglie.

I futuri suoceri avevano diritto di controllare prima del matrimonio la dimensione dei piedi. Va notato che per quanto fossero le donne le destinatarie della pratica, le loro vicende furono sempre decise dagli uomini, che inizialmente diffusero il loto d'oro, poi si batterono contro di esso e ne ordinarono la sospensione. Inizialmente l'abbandono della pratica era stato fortemente osteggiato: le donne non fasciate venivano denigrate in pubblico, e le bambine venivano spaventate con la storia dei piedi da elefante; all'interno di ogni famiglia l'ultima decisione sulla pratica era affidata alla donna più anziana della famiglia, ed era più facile che disconoscesse la bambina prima di acconsentire a toglierle le fasce: una donna con i "piedi grandi" era considerata viziata, poco adattabile, una moglie non condiscendente che difficilmente avrebbe avuto la forza di appoggiare il marito nella sua vita pubblica.

OGGI

loto


In molti mercatini cinesi si possono tuttora trovare in vendita le scarpine indossabili da chi praticava il Loto d'oro, così piccole da dubitare che non una donna adulta, ma persino una bambina potesse indossarle. Un libro fotografico pubblicato nel 2007 mostra un'anziana con i piedi fasciati ancora in vita.

Info da Wikipedia
 
Top
view post Posted on 20/12/2011, 14:38
Avatar

Millennium Member

Group:
Moderatore
Posts:
10,016
Location:
Winterfell and Tosa-han

Status:


Oroscopo Cinese

oroscopocinese2



Secondo la mitologia, il calendario lunare cinese risale al 2637 a.C. quando l'imperatore Huang Di introdusse il primo ciclo del suo Zodiaco. Alla base di questo sistema c'è un ciclo, durante il quale ciascuno dei 12 segni animali si combina con uno dei 5 elementi essenziali e primitivi, completandosi quindi in 12x5=60 anni.

LA LEGGENDA

« Secondo la leggenda il Buddha nel presentimento della sua fine sulla Terra, chiamò a raccolta tutti gli animali della terra, ma solo 12 andarono ad offrire il loro saluto. Come premio per la loro fedeltà il Buddha decise di chiamare ogni anno del ciclo lunare con il nome di ciascuno dei 12 animali accorsi. Il topo, furbo e veloce di natura, arrivò per primo. Il diligente bue arrivò secondo, seguito dall'intrepida tigre e dal pacifico coniglio. Il drago arrivò quinto seguito subito dal suo fratello minore, il serpente. L'atletico cavallo fu settimo e l'elegante capra ottava, subito dopo arrivò l'astuta scimmia, e poi ancora il coloratissimo gallo, il fedele cane per poi finire con il fortunato maiale che arrivò appena in tempo per salutare il Buddha. »



La leggenda spiega anche come mai il piccolo e furbo topo riuscì a battere il grande e onesto bue. Arrampicandosi sul suo dorso il topo evitò di percorrere la strada e giunto sul luogo saltò il bue e salutò il Buddha.

Esistono altre leggende relative a questo oroscopo. La leggenda deriva probabilmente dall'incontro tra il buddhismo e le tradizioni cinesi.

Ci sono parecchie storie riguardanti i dodici animali dello zodiaco cinese[senza fonte], e su come siano stati scelti. In una leggenda, l'Imperatore di Giada, sovrano del Cielo e della terra , decise di visitare la Terra personalmente. Si stupì nell'ammirare le creature terrestri. Decise di prenderne dodici, da portare al Cielo, per mostrarle agli esseri divini.

Gli animali che portò via furono: un topo, un toro, una tigre, un coniglio, un drago, un serpente, un cavallo, una capra, una scimmia, un gallo, un cane e un maiale.

Il gatto, il più bello degli animali, chiese al topo di informarlo il giorno in cui l'Imperatore di Giada sarebbe venuto a prenderli. Ma il topo, geloso della bellezza del gatto , non lo informò. Conseguentemente, il gatto non si presentò all'arrivo dell'Imperatore di Giada, e fu sostituito dal coniglio. L'Imperatore di Giada, affascinato dagli animali, decise di attribuire ad ognuno di essi un anno del calendario.
Quando il gatto venne a sapere cosa era successo, si arrabbiò furiosamente con il topo. Così la leggenda spiega anche l'origine dell'inimicizia tra gatti e topi.

I 12 SEGNI

Topo (鼠 Shǔ)
oroscopocinese15


Il Topo ( 鼠 ) era ritenuto, nei tempi antichi, protettore e portatore di prosperità materiale. È un animale associato con l'aggressione, la ricchezza, il fascino e l'ordine, ma anche con la morte, la guerra, l'occulto, la peste e le atrocità.

Essendo il primo segno dello Zodiaco cinese, i Topi sono leader, pionieri e conquistatori. Esercitano un forte fascino, sono passionali, carismatici, pratici e lavoratori. Le persone nate nell'anno del Topo sono dotati di grandi abilità di comando e sono i più altamente organizzati, meticolosi e sistematici dei dodici segni. Intelligenti e astuti allo stesso tempo, i topi sono molto ambiziosi e dotati di forte volontà, nonché acuti e inflessibili promotori della proprio modus vivendi, che spesso include soldi e potere. Sono energici e versatili, possono trovare il loro modo per aggirare gli ostacoli ed adattarsi alle varie situazioni ambientali molto semplicemente. Il fascino naturale di un Topo e l'acuto comportamento esteriore lo rendono un amico attraente per quasi chiunque, ma essi sono solitamente altamente esclusivi e selettivi, quando scelgono gli amici, e così spesso hanno solo pochi amici cari di cui si fidano.

Dietro i sorrisi e il fascino, i topi possono essere terribilmente ostinati, insistendo nell'ottenere le cose a modo loro a qualunque costo. Queste persone tendono ad avere un immenso controllo sulle loro emozioni, che essi possono usare come strumento per manipolare e sfruttare gli altri, sia emotivamente che mentalmente. I topi sono maestri dei giochi della mente e possono essere davvero pericolosi, calcolatori e assolutamente crudeli, se si presenta la necessità. Intelligentemente moderati ed aggressivi, essi non ci penseranno due volte di esigere, da coloro che li danneggiano in un qualche modo, la vendetta. I topi hanno bisogno di imparare a rilassarsi qualche volta, poiché possono essere talvolta ossessionati dai dettagli, intolleranti e severi, richiedendo ordine, obbedienza e perfezione.

Una preziosa lezione per i Topi è imparare a considerare gli altri prima di se stessi, almeno qualche volta, ed evitare di convincere gli altri alle proprie idee. I Topi sono onesti nei rapporti con gli altri e si aspettano lo stesso: possono risentirsi profondamente se sentono di essere stati ingannati o che della loro verità si è abusato. Qualche volta essi pongono il loro obiettivo troppo al di là delle loro reali possibilità, sia nei rapporti personali che in quelli lavorativi. Ma con il passare del tempo, diventano più idealisti e tolleranti. Se possono trovare il senso di sé e realizzarsi, lasciando porte aperte per gli altri nella propria vita, i Topi possono trovare la vera felicità.

Secondo la tradizione, i Topi spesso portano forti karma e nello stesso momento nella loro vita possono incontrare una crisi d'identità o una sensazione di colpevolezza. I Topi lavorano a lungo e duramente per ciò che vorrebbero guadagnare o possedere nella vita. Comunque, un Topo nato durante il giorno si ritiene che abbia la vita un po' più semplice di quelli nati durante la notte. Tradizionalmente, i Topi nati durante la notte possono trovare estreme difficoltà e sofferenza per tutta la vita. In generale, dovrebbero lottare contro l'edonismo e la nostalgia, giacché potrebbe portare all'autodistruzione. Il gioco d'azzardo, l'alcool e le droghe tendono ad essere grandi tentazioni per i nati durante l'anno del Topo

Tradizionalmente, i Topi dovrebbero evitare i Cavalli. Possono anche spesso trovare i loro migliori amici e l'amore nella Scimmia, nel Drago e nel Toro.

Le professioni adatte ai Topi riguardano lo spionaggio, la psichiatria, la psicologia, la scrittura, la politica, la legge, l'ingegneria e la patologia.

Toro o Bue o Bufalo (牛 Niú)
oroscopocinese16


Il Bufalo ( 牛 ) è uno dei 12 animali che appaiono nello Zodiaco cinese relativo al Calendario cinese. L'Anno del Bufalo è associato al simbolo della divisione dell'anno 丑. Nello zodiaco vietnamita, il Bufalo d'Acqua prende il posto del Bufalo.

Il Bufalo è il segno della prosperità attraverso la forza d'animo e il duro lavoro. Questo potente segno ha le doti del capo, essendo piuttosto affidabile e possedendo un'innata abilità nell'ottenere grandi cose. È evidente che le persone di questo segno siano affidabili, calme e modeste. Come l'animale omonimo, il Bufalo è incredibilmente paziente, instancabile nel suo lavoro e capace di tollerare qualsiasi difficoltà senza lamentarsi.

I Bufali necessitano pace e silenzio per pensare, e quando si convincono di qualcosa è difficile far cambiare loro idea. Un Bufalo ha una mente logica ed è estremamente sistematico in qualsiasi cosa faccia, anche senza immaginazione. Queste persone parlano poco ma sono molto intelligenti. Se necessario, sono articolate e eloquenti.

Le persone nate sotto l'influenza del Bufalo sono gentili, buone d'animo, logiche, positive, ricche di buon senso e con i piedi ben piantanti in terra. La sicurezza è la loro prima preoccupazione di vita e sono preparati a lavorare a lungo e duramente per creare un nido accogliente, confortevole e stabile per loro e per la loro famiglia. Determinati, cocciuti, individualisti, la maggior parte di essi sono individui molto intelligenti che non accettano di sentirsi dire cosa debbano fare.

Il Bufalo lavora duramente, pazientemente e metodicamente, con intelligenza creativa e pensiero riflessivo. Queste persone amano aiutare gli altri. Dietro questo aspetto esteriore tenace, laborioso e abnegato, giace una mente attiva.

Il Bufalo non è stravagante e il pensiero di dipendere dalle carte di credito, o di essere in debito, lo rende nervoso. La possibilità di correre un serio rischio può causargli insonnia.

I Bufali sono onesti e sinceri e l'idea di avere a che fare con un mondo competitivo li ripugna. Sono raramente attirati dalla prospettiva di guadagnare denaro. Queste persone sono sempre le benvenute grazie alla pazienza e all'onestà che le caratterizza. Hanno molti amici, che apprezzano la loro prudenza sulle novità, sebbene talvolta possano essere incoraggiati a provare qualcosa di nuovo.

Va ricordato che i Bufali sono socievoli e rilassati quando si sentono sicuri, ma occasionalmente una nuvola nera incombe su queste persone e si impegnano in decine di problemi per trovarne una soluzione.

Tigre (虎 Hǔ)
oroscopocinese17


Secondo lo zodiaco cinese i nati sotto il segno della tigre sono persone dotate di una personalità magnetica, senso di autorità e indipendenza e di un grande fascino e carisma. Per contro sono indifferenti, un po' freddi, orgogliosi e ambiziosi. Poco interessati ai valori del loro tempo, e decisamente insofferenti alle autorità, difendono ciò in cui credono in maniera risoluta, quasi testarda, perché sono sicuri di trovarsi dalla parte della ragione. Hanno un fascino quasi irresistibile perché hanno una forte componente di magnetismo e charme, inoltre, la loro aria autoritaria riesce perfino a infondere fiducia e sicurezza. Per questo le tigri possono servirsene facendo in modo che le persone sottostiano ai loro desideri. Sono molto energici, con una vitalità fuori del comune. Le femmine nate sotto questo segno sono temute come "particolarmente aggressive". Chi nasce di notte è in genere più vivace di chi lo è di giorno.

Coniglio o Lepre (兔 Tù)
oroscopocinese11


Il Coniglio ( 兔 ), o Lepre, è il quarto animale nel ciclo di 12 anni dello Zodiaco cinese. Secondo la tradizionale astrologia cinese, il Coniglio è quieto, riservato, retrospettivo, meditabondo e fortunato. L'Anno del Coniglio è associato con il simbolo 卯.

La tradizionale astrologia cinese considera i nati nell'Anno del Coniglio ideali per affermarsi come diplomatici e politici. Nella cultura cinese, il Coniglio è aggraziato, colto, ben educato, di talento e ambizioso. Essi sono virtuosi, riservati e hanno un gusto eccezionale. I Conigli sono ammirati, degne di fiducia e sono spesso finanziariamente fortunati. Sebbene i Conigli vanno d'accordo con molte persone, essi sono considerati essere, di base, creature riservate e sono le sole veramente felici quando ricevono meriti in qualche attività scolastica o intellettuale. I Conigli sono considerati anche troppo sensibili per il mondo attorno a loro; essi non sono in grado di prosperare in ambienti competitivi e aggressivi e sono ansiosi quando altri li forzano a rischiare. Il loro mondo interiore è considerato troppo delicato per situazioni sconvolgenti e imprevedibili e tendono a creare una pacifica e confortevole atmosfera istintivamente. Secondo la tradizionale astrologia cinese, questa caratteristica li rende ospitali e persone attente, a cui interessa di quelli attorno a loro. Timidi e attraenti, i Conigli dello Zodiaco cinese tendono ad agire più come coniglietti, che a loro piaccia o meno! Il segno è estremamente popolare e ha una larga sfera di amicizie. La sua natura compassionevole lo porta ad essere molto protettivo verso coloro che ritengono cari, ma la loro sentimentalità può portarli ad idealizzare i rapporti. Il dolce, sensibile Coniglio spesso finisce con il dare più di se stesso al partner di quanto sia realistico e salutare. La buona notizia è che, quando il segno perde l'equilibrio sentimentale, il gruppo di amici e la sua stabile vita familiare lo aiutano a ridargli serenità.

Il Coniglio è un segno abbastanza delicato che ha bisogno di una solida base per prosperare. In mancanza di una famiglia e di un gruppo di amici vicino alle sue esigenze e che lo supporta, il Coniglio potrebbe esplodere in un pianto a dirotto al primo segno di conflitto. Gli sconvolgimenti emozionali nella vita di questo segno può persino condurre a malattia fisica, perciò essi tentano sempre di evitare la battaglia. I Conigli possono cadere anche in depressione e potrebbero sembrare bloccati in vita, spesso per mascherare la loro natura insicura. Essi tendono a muoversi attraverso le lezioni di vita completamente soli, con un movimento contemplativo; è uno spreco di tempo diventare matti davanti al sembrare disinteressato di questo segno di fronte ai suoi problemi.

Con il giusto compagno—qualcuno i cui alti principi non gli permettano di avvantaggiarsi su questo sensibile e generoso segno—il Coniglio può instaurare un incredibilmente forte e protettivo legame con il proprio partner. Essi amano restare a casa ed essere sempre sicuri che la loro casa è confortante e ammobiliata con gusto. Ciò è che i Conigli necessitano di più è un più forte senso di autostima e la sicurezza che con esso arriva. La loro natura perspicace, accoppiata con un po’ di determinazione, aiuterà queste felici creature ad andare lontano. Il Coniglio medio enfatizza l'importanza dei piccoli dettagli, pone attenzione a tutto, dai colori, design e mobilia al cibo e alla conversazione. E solo quando essi sono sicuri che tutto è stato disposto come desiderato, questo segno si rilassa e comincia a divertirsi. I nati nell'anno del Coniglio spesso conducono uno stile di vita conservatore, dove uno dei più importanti punti è la sicurezza. Questa qualità ha delle conseguenze negative: optando per la sicurezza oltre il rischio, essi possono mancare buone opportunità. Queste persone non sono frivole o irresponsabili, quando essi veramente credano in qualcosa, sono serie, perseveranti e capaci.

Calmi come sono, non è facile provocare un Coniglio. Sono sentimentali e compassionevoli. Possono essere mosse nei rapporti da problemi personali che condividi con loro.

Drago (龙 Lóng)
oroscopocinese3


Il Drago ( 龙 ) è l'unica creatura mitologica dello Zodiaco cinese. In Cina, i draghi sono associati alla forza, alla salute, all'armonia e alla fortuna; vengono posti al di sopra delle porte o sui tetti per bandire i demoni e gli spiriti maligni. L'Anno del Drago è associato al simbolo della divisione dell'anno 辰.

Nella cultura Cinese, durante gli anni del Drago sono nati più bambini rispetto agli altri anni.

Il Drago è onnipotente. È vistoso, attraente e pieno di forza e vitalità. In Cina, il Drago è il segno dell'Imperatore cinese o l'elemento maschile Yang. Il Drago è il simbolo del potere e della ricchezza.

È giusto dire che le persone nate nell'anno del Drago hanno un naturale carisma e sono sicuramente dotate di potenza e fortuna. È improbabile che passino inosservati ad una festa o ottengano il secondo posto in una competizione. Il Drago ha una mente attiva e mostra un forte interesse per il mondo che lo circonda. È una persona sicura di sé al punto da sapere come dare una buona impressione. Siccome sono più grandi della vita stessa, i Draghi fanno qualsiasi cosa su larga scala. Sono egoisticamente egocentrici e ambiziosi, al limite della megalomania. Non si fermano di fronte ad alcun ostacolo per ottenere ciò che desiderano. Una persona nata in questo anno indossa la corona del destino ed è capace di ottenere grossi risultati, se sa come sfruttare la sua straordinaria energia, l'intelligenza e il talento. Pur amando essere al centro dell'attenzione, queste persone hanno anche un aspetto coraggioso e caritatevole. Se un amico di un Drago si trova di fronte ad un problema, egli offrirà aiuto, e quando gli altri lasciano il campo di battaglia, il drago fa un passo avanti per risolvere il problema dell'autorità e della dignità. I Draghi richiedono che le azioni, per loro o per gli altri, siano efficienti e sono sorpresi quando gli altri non riescono ad occuparsi di un compito; sono così trasportati dal processo di azioni che non vedono le debolezze delle altre persone.

Impieghi ideali per i Draghi sono: re, ufficiale militare, politico, musicista, poeta, artista, ingegnere biologico e ambientale, operatore di borsa, atleta, direttore di compagnia, esploratore e avvocato.

Il Drago è molto compatibile con il Topo, la Scimmia, il Serpente e il Gallo.

Serpente (蛇 Shé)
oroscopocinese7


Il Serpente ( 蛇 ), conosciuto dai cinesi anche come "piccolo drago".

Un individuo nato in questo periodo è il più saggio e il più affascinante tra tutti. Un Serpente potrebbe sfruttare le sue doti diplomatiche, potrebbe intraprendere la carriera di ristoratore o diventare un musicista di successo. Tali individui sono dei pensatori, ai quali piace vivere bene. Ai Serpenti piacciono i libri, la musica, i vestiti, il cibo raffinato e il vino; ma la loro passione per le cose più raffinate, la loro innata grazia ed eleganza li porta a evitare le frivolezze, le menti grette e le conversazioni inutili. Ai Serpenti piace comunicare e partecipare attivamente alle conversazioni; se però la conversazione divente ripetitiva, la loro concentrazione comincia a vacillare. È quasi impossibile fissare la loro attenzione su lunghe conversazioni incentrate su banali argomenti quotidiani, mentre preferiscono dilungarsi su argomenti e idee nuove e interessanti.

I Serpenti hanno uno speciale talento che li porta a giudicare le situazioni nel modo corretto. Sono sempre attenti a nuove idee e possibilità su cosa fare e su come svolgere qualsiasi cosa, inseguendo il loro intento con grande persistenza. Il Serpente si trova a suo agio in qualsiasi situazione sociale. In astrologia cinese si pensa che i Serpenti siano sicuri di sé, intenti sempre ad ascoltare le opinioni degli altri, senza però necessariamente accettarle. Intelligenti ma ostinati, sembrano quasi propensi a mettersi in guai inutili.

Sebbene sia difficile per queste persone ascoltare consigli, essi sono pazienti e compassionevoli nei confronti degli altri quando c'è bisogno di dare una mano, e la loro abilità nel vedere i problemi sotto diversi punti di vista si dimostra molto utile. Di fronte a dilemmi, i Serpenti agiscono con velocità e convinzione, in quanto pensano intensamente a ciò che fanno e raramente perdono tempo o energia in progetti poco attuabili.

Il Serpente è fortemente compatibile con gli individui nati negli anni del Coniglio, del Gallo e del Drago, parzialmente con quelli del Topo, del Cane, della Capra e con gli altri Serpenti, e per nulla compatibile con quelli del Bufalo, del Cavallo, della Scimmia, della Tigre e del Maiale.

Cavallo (马 Mǎ)
oroscopocinese9


Il segno del Cavallo vive di grandi ardori ed entusiasmi, con spirito libero e fiero e può facilmente diventare insofferente nelle situazioni che non si trasformano secondo i suoi piani. Curioso e vivace, si lascia condurre dall’istinto e dal bisogno di continua approvazione personale. Le critiche possono colpire profondamente il segno del Cavallo che, dietro la corazza di indipendenza e sicurezza, nasconde un animo fragile e fin troppo sensibile. Il segno del Cavallo è facile preda dei colpi di fulmine che segue senza freni, per poi spesso spegnersi in poco tempo. È la passione che guida tutte le scelte del segno del Cavallo e spesso vive in modo movimentato e frenetico, fuggendo di corsa dalla noia quotidiana. Nel lavoro è orgoglioso e sempre alla ricerca di nuovi stimoli e novità. Il segno del Cavallo non conosce mezze misure e non si risparmia, portando la propria versatilità ed eclettismo nel gruppo di lavoro. Grandi protagonisti nella vita sociale, sono spesso i beniamini del gruppo. Hanno anche la notevole qualità di afferrare il pensiero altrui al volo.

Il loro punto debole può essere l'improvviso senso di insicurezza. Il loro difett,o l'essere fin troppo chiacchieroni: non tutti amano i logorroici.

Capra o Pecora (羊 Yáng)
oroscopocinese10


I nati nell'anno della capra sono dotati di una notevole creatività che deve essere opportunamente indirizzata da chi li circonda. Ha bisogno di spazi liberi per esprimere tutta la sua creatività e l’innato talento artistico. Ama dare senza pretendere riconoscenza. Uno spirito sensibile, dal grande intuito che accanto alla natura fantasiosa riserva una forte ostinazione. Indipendente e capriccioso, il segno della Capra ha la tendenza ad appoggiarsi agli altri, perché non sopporta le responsabilità e i cambiamenti.

Romantico e sentimentale in amore, la sincerità governa il rapporto con il partner che è quasi sempre di lunga durata. Ha bisogno di trovare una persona affidabile e solida da ricoprire delle mille attenzioni di cui è capace e che stemperi le tante insicurezze dell’animo della capra. Nel lavoro è un perfezionista, abile nel comunicare e relazionarsi con gli altri. Il segno della Capra non sente la spinta dell’ambizione, ma riesce a esprimere al meglio la sua agilità mentale nel lavoro di gruppo.
Partner Ideali : Cinghiale o Lepre.

Scimmia (猴 Hóu)
oroscopocinese12


La Scimmia (猴) è uno dei dodici segni dell'astrologia cinese. La Scimmia è il segno più versatile dello zodiaco cinese. Queste persone sono spesso inventori, disegnatori, animatori e geni creativi dietro tutte le invenzioni, anche le monellate. Hanno una naturale intelligenza brillante che permette loro di capire cosa sta succedendo e poi prendere una decisione giusta. Anche durante la conversazione, una persona nata in questo anno è consapevole di ciò che sta accadendo intorno a lui/lei, e poi fare una nota mentale di chi ha detto qualcosa e conservarla per riferimenti futuri. In generale, con le loro menti agili e talenti diversi, le persone tipo scimmia possono dominare qualsiasi argomento. Sono persone affidabili e ospitali rendendo così un segreto al sicuro nelle loro mani. Queste persone sono anche oneste nei loro rapporti. Le persone scimmie sono molto bravi a risolvere i problemi. Ovunque tu sia, chiunque tu sia, se hai un problema alza il telefono e chiama la scimmia. Loro sanno ascoltare attentamente ed elaborare soluzioni nello stesso tempo.

In fin dei conti queste persone sono affidabili e difficilmente fanno male a qualcuno per dispetto, non permetterebbero mai alle persone di scappare se si sono comportati male o hanno danneggiato la reputazione di scimmia. La loro resistenza e determinazione per raggiungere i loro obiettivi principali possono far sì che queste persone appaiano presuntuose senza fondamento o manipolative. Vuol dire che le persone di tipo scimmia dovrebbero fare attenzione in modo da non danneggiare le loro amicizie. E’ importante ricordare che, per questo tipo di persone sarebbe più saggio a volte non perseguire i loro obiettivi e semplicemente lasciare che le cose passino.

Le persone scimmie hanno principi flessibili e serena fiducia in se stessi in modo che siano completamente contenti, ma di solito riescono a complicare la vita degli altri. Dopo ancora un altro piano o progetto che è andato storto, è raro che siano lì per aiutare a pulire il disordine e la confusione che lasciano nella loro scia. Le Scimmie sono in grado di gestire anche questo, con il loro fascino e la forza di persuasione possono far credere alla gente che semplicemente il solo conoscerla è un privilegio!

Gallo (鸡 Jī)
oroscopocinese13


Le persone nate nell’anno del Gallo sono spesso grandi osservatori. Esse sono coraggiose, elastiche e tenaci, ma possono anche essere immersi in sé stessi, pretenziosi e eccessivamente romantici. Il più delle volte, essi sono molto accurati e precisi nelle loro osservazioni.

Queste persone certamente amano trovarsi sotto i riflettori, amano intrattenere gli amici e adorano incontrare nuove persone, e perfino le circostanze inaspettate e incerte non sono una barriera per loro.

È quasi impossibile trovare persone nate in quest’anno che sembrano sciatte o disordinate. Il fatto è che queste persone sono spesso le meglio vestite e curate di tutte le altre. Essi sono attivamente interessati nei vestiti, colori e accessori e sono spesso molto critiche con il loro aspetto fisico come pure per quello delle persone attorno a loro. Alle persone nate in questo anno piace essere notate e lusingate. Alcuni potrebbero criticarli per il loro esibizionismo, ma il fatto che essi sono compassionevoli, saggi e hanno una natura coraggiosa che viene fuori quando altri hanno bisogno di aiuto, completa la loro mancanza.

I Galli sono individui molto leali. Ad essi non piace la disonestà oppure e la finzione di ogni sorta. Sono schietti e onesti e si aspettano che quelli intorno a loro facciano lo stesso. I Galli sono i più felici quando sono circondati dagli altri, ad una festa o solo ad una riunione di gruppo. Perfino si divertono sotto i riflettori e esibiscono il loro carisma e il loro brio in un minuto; possono diventare agitati se non parli con loro. I Galli hanno la tendenza di vantarsi di sé stessi e dei loro successi e richiedono un ascolto attento quando fanno ciò.

È difficile per queste persone accettare consigli per il loro fortemente indipendente spirito. Queste persone confidano molto nel loro giudizio e nelle loro scelte. Ci sono volte in cui questo segno diventa troppo schietto, il che può causare problemi nel relazionarsi con gli altri. Così sarebbe saggio se alcune volte non esprimessero le loro opinioni per mantenere la pace. I Galli possono sviare le persone con il loro bisogno di essere sempre perfetti, cosicché non riescono a rilassarsi e lasciare la parola ad altre persone.

Sono molto compatibili con il Toro, il Drago o il Serpente e completamente incompatibili con il Coniglio

Cane (狗 Gǒu)
oroscopocinese14


Sa essere altruista e affidabile, ma ha una psicologia complessa che lo porta spesso a momenti di pessimismo e malinconia. Creativo e intellettuale, sa essere molto piacevole in compagnia e punto di riferimento per gli altri. Generoso e capace di grandi attenzioni, è alla ricerca di sicurezze per sé, ma è amato per la sua capacità di proteggere gli altri. La sua fiducia deve essere conquistata, poiché il segno del Cane è diffidente per natura. Nel lavoro è pratico, realista e affidabile, senza essere mai aggressivo, competitivo ed è incapace di mettere in pratica né strategie né astuzie. Il segno del Cane si fa apprezzare per la serietà, il senso di lealà, disciplina, giustizia e onestà. I nati del Cane hanno un profondo senso dell'onore e della correttezza, nel lavoro e nella vita in generale. Se ritengono di avere ragione lottano strenuamente per affermare le loro ragioni, facendo uso anche della loro "lingua tagliente" per avere il sopravvento. Ispirano fiducia nel prossimo e sanno raccogliere le confidenze degli amici dispensando ottimi consigli. Il loro difetto puo' essere un'eccessiva introversione caratteriale e la mancanza di brillantezza con il partner.
Partner Ideali: Tigre o Cavallo

Maiale o Cinghiale (猪 Zhū)
oroscopocinese


Gli occhi del segno del Cinghiale trovano sempre nella vita il lato positivo e umano. Ha un grande senso di giustizia, sa essere coerente e franco in tutte le situazioni senza farsi sedurre. Dall'aspetto calmo e sicuro, nasconde una grande fantasia, imprevedibile e mai banale. Fatalista e orgoglioso, il segno del cinghiale è dotato di grande forza d’animo, che spesso nasconde con un atteggiamento pacifico. Vive in equilibrio con le proprie emozioni che segue anche con improvvisi slanci poco prudenti per avere qualcosa che desidera. In amore sa essere tenero e protettivo, ma anche pieno di sorprese e appassionato, dotato di grande immaginazione che segue senza riserve o paure di abbandono. I nati del Cinghiale sono spesso un po' bruschi con il prossimo, ma una volta conquistato la loro fiducia, sanno essere estremamente gentili e generosi. Il senso della famiglia e l'amicizia sono per loro valori estremamente importanti. Il principale difetto è la mancanza di un facile approccio con il prossimo.
Partner Ideali : Capra o Lepre

I 5 ELEMENTI
Legno, dominato da Giove:

Chia (legno duro) - maschile
Yi (legno dolce) - femminile

Fuoco, dominato da Marte:

Ping (sole) - maschile
Ting (focolare) - femminile

Terra, dominato da Saturno:

Wu (roccia) - femminile
Chi (sabbia) - maschile

Metallo o Oro, dominato da Venere:

Keng (metallo grezzo) - maschile
Hsin (metallo raffinato) - femminile

Acqua, dominato da Mercurio:

Jen (mare) - maschile
Kuei (pioggia) - femminile

Gli anni segno per segno
LEPRE o gatto (1927 - 1939 - 1951 - 1963 - 1975 - 1987 - 1999 - 2011).
DRAGO (1928-1940-1952-1964-1976-1988-2000).
SERPENTE (1929 - 1941 - 1953 - 1965 - 1977 - 1989 - 2001).
CAVALLO (1930 - 1942 - 1954 - 1966 - 1978 - 1990 - 2002).
CAPRA (1931 - 1943 - 1955 - 1967 - 1979 - 1991 - 2003).
SCIMMIA (1932 - 1944 - 1956 - 1968 - 1980 - 1992 - 2004).
GALLO (1933 - 1945 - 1957 - 1969 - 1981 - 1993 - 2005).
CINGHIALE (1935 - 1947 - 1959 - 1971 - 1983 - 1995 - 2007).
CANE (1934 - 1946 - 1958 - 1970 - 1982 - 1994 - 2006).
TOPO (1924 - 1936 - 1948 - 1960 - 1972 - 1984 - 1996 - 2008).
BUFALO (1925 - 1937 - 1949 - 1961 - 1973 - 1985 - 1997 - 2009).
TIGRE (1926 - 1938 - 1950 - 1962 - 1974 - 1986 - 1998 - 2010).

Attenzione: l'anno cinese non inizia in un giorno preciso, cambia di anno in anno. inoltre il capodanno cinese è a Gennaio/Febbraio, quindi non c'è un'esatta corrispondenza con il nostro anno ed il loro. Chi è nato in Gennaio e Febraio deve controllare il primo giorno dell'anno per essere sicuro di quale segno abbia!!!
Per esempio: io sono nata nel Gennaio 1984. Non sono Topo, ma Cinghiale!!!



Info da wikipedia e Facebook
 
Top
view post Posted on 20/12/2011, 16:18
Avatar

Millennium Member

Group:
Member
Posts:
13,872
Location:
𝒞𝑜𝐻𝑜𝓇𝓉 💗

Status:


Il Doljanchi

mini-20_2_1


Una delle più tipiche festività coreane è quella del “doljanchi” (돌잔치), chiamato anche cheottol (첫돌).
Si tratta del festeggiamento del primo anno di vita dei bambini: vengono invitati a casa del festeggiato nonni, zii e parenti, e tutti insieme festeggiano per propiziare una lunga e fortunata vita al bambino.

a0a2j5


mini-029_july2010



In passato, infatti, quando la Corea era un paese povero, la mortalità infantile era elevata, e per un bambino riuscire a superare il primo anno di vita rappresentava in un certo modo motivo di rassicurazione per i suoi genitori: durante il donjanchi tutto il villaggio festeggiava il compleanno del bambino, e riceveva in regalo cibo e vari oggetti.

Durante i festeggiamenti il momento centrale arriva con il doljabi (돌잡이): il bambino viene spinto dai genitori a prendere uno degli oggetti messi su un tavolo appositamente preparato: soldi, riso, frutta, dolci, penne e così via. L’oggetto che il bambino prenderà in mano in qualche modo predirà ciò che in futuro egli diventerà: se prenderà del riso non avrà mai problemi di cibo ( in passato in Corea le carestie erano un problema non raro), se prenderà una penna sarà bravo negli studi, se prenderà dei soldi diventerà ricco.

mini-191


mini-148376_147609908618409_110259829020084_255264_1959559_n



Recentemente, con la diffusione della tecnologia e del benessere, alcuni genitori addirittura mettono sul tavolino anche un mouse per computer ( il bambino diventerà un esperto di computer o lavorerà nell’elettronica) o uno spazzolino da denti ( diventerà dentista o medico ).
Durante i festeggiamenti, i genitori pregano i tre Samshin (삼신/三神), divinità protettrici che dovranno assistere il bambino durante la sua crescita, e i parenti preparano dolcetti di riso (chiamati tteok, 떡) da consumare durante la giornata.

Generalmente il regalo che riceve il bambino è una piccola collanina d’oro, o un braccialetto, un po’ come nei nostri battesimi. Ma negli ultimi anni, visti gli alti costi dell’oro si preferisce fare una colletta con i parenti per mettere via un po’ di denaro che il bambino potrà usare una volta cresciuto.
Un tempo il doljanchi veniva vissuto a casa e nei piccoli villaggi. Negli ultimi tempi, sempre più famiglie preferiscono svolgere la cerimonia in un ristorante, come ai nostri battesimi, dove i parenti partecipano a una sorta di lotteria: ognuno sceglie un numero, a cui corrispondono delle buste; queste contengono delle domande sul bambino: se i parenti indovinano, riceveranno un premio.
I bambini durante questa importante festa, vengono vestiti con abiti tradizionali (hanbok), e in particolare dei tipici copricapi: per le femminucce si ha il gulle (굴레) o il jobawi (조바위), mentre i maschietti hanno lo hogeon (호건/虎巾) o il bokkeon (복건/幅巾).

mini-IMG_1367
mini-507299364_ZUwka-M-L



Info qui: CoreaItalia
 
Web Contacts  Top
view post Posted on 20/12/2011, 16:58
Avatar

Millennium Member

Group:
Member
Posts:
13,872
Location:
𝒞𝑜𝐻𝑜𝓇𝓉 💗

Status:


I Giardini Coreani


aaa3-1


Per i coreani del passato la natura era l'essere assoluto creatore di tutto ciò che esiste sotto il sole e il più puro degli ideali. Per questo motivo essi stavano molto attenti quando inserivano strutture artificiali in uno spazio naturale. Evitavano perfino di costruire una fontana che gettasse l'acqua verso l'alto perché pensavano che andasse contro il cielo. Seguendo l'ordine naturale per cui l'acqua fluisce verso il basso e poi si riunisce e trabocca, essi costruivano semplicemente stagni e cascate.

aaa1-1


Consideravano anche i fiori e gli alberi come creature viventi che nascono e muoiono in modo naturale, e si astenevano dal costruire giardini artificiali con alberi e fiori ornamentali. Per i giardini gli studiosi preferivano alberi di pino, bambù, albicocchi giapponesi, orchidee, crisantemi e fiori di loto, mentre la gente comune preferiva gli alberi di zelkova, i parasoli del sultano, gli alberi delle locuste, gli aceri, le querce, i peschi, le camelie e i salici. Nella maggior parte delle case della gente comune venivano piantati alberi da frutta, come cachi, giuggioli, alberi di mele cotogne cinesi, ciliegi, albicocchi, castagni, peri, ciliegi cornioli giapponesi, noci e la vite.

Ai coreani piaceva anche che gli alberi crescessero piegati da una parte, piuttosto che crescere diritti, e li posizionavano in un modo naturale. Rispettando le caratteristiche geografiche, evitavano di distruggere o di cambiare la natura. Sui terreni acquitrinosi piantavano alberi originari di quelle aree e scavavano stagni o creavano ruscelli.
Nel costruire padiglioni o strutture nei giardini, pensavano per prima cosa all'armonia che gli edifici dovevano avere con la natura e li ponevano al bordo degli stagni, sulle rive dei fiumi o ai piedi delle montagne, in modo che dal padiglione si potesse apprezzare il paesaggio circostante. In casi estremi creavano giardini erigendo muri attorno ad aree da cui si godeva un bel paesaggio. Naturalmente, questi muri erano anch'essi costruiti tali da essere in armonia con l'ambiente naturale.

aaa1-2


Gli stagni dei giardini coreani avevano forme diverse. C'erano il kyedam (계담 溪潭), uno stagno che usava l'acqua di una valle, il sŏktam (석담 石潭), uno stagno circondato da pietre, il pangji (방지 方池), uno stagno rettangolare, e il kokchi (곡지 曲池), uno stagno sinuoso. L'acqua per questi stagni era fornita da cascate o da sorgenti. Nei giardini venivano usate delle pietre in vario modo: erano messe isolate una per una, o in piccoli gruppi o ancora ammucchiate con forme diverse. Venivano creati dei sentieri in accordo con le caratteristiche geografiche del luogo e non si facevano canali di drenaggio e scalini se si pensava che questi avrebbero potuto deturpare la bellezza naturale del posto.

I giardini tradizionali coreani si dividono grosso modo in: boschi sacri, o sillim (신림 神林), giardini di case private, giardini reali, giardini dei tempietti-accademia confuciani (sŏwŏn 서원 書院), giardini delle costruzioni separate (pyŏlsŏ 별서 別墅), dei templi buddisti e dei padiglioni all'aperto, e infine i boschi-cimiteri. Il termine sillim si riferisce ai boschi sacri che si trovano vicino ai tempietti sciamanici o ai tempietti dei villaggi e che ora sono protetti dal governo centrale o dai governi locali. Famosi sillim sono il bosco presso l'altare Ch'amsŏngdan (참성단 塹星壇) nell'isola Kanghwado e il bosco Kyerim (계림 鷄林) a Kyŏngju nella regione Kyŏngsangpuk-to. Appartengono a questa categoria anche i boschi presso gli altari Sajiktan (사직단 社稷壇), Sŏnnongdan (선농단 先農壇), Sŏnjamdan (선잠단 先蠶壇) e il Chongmyo (종묘 宗廟), tempietto ancestrale della dinastia Yi di Chosŏn.

aaa2-1


Come si può ancora vedere nel villaggio Hahoe ad Andong o nel villaggio Yangdong a Kyŏngju, entrambi nella regione Kyŏngsang-pukto, le case private erano costruite in modo da essere in armonia l'una con l'altra nel formare il villaggio. Nella progettazione di una casa era molto importante lasciare spazio per i cortili. Di norma, la casa di una famiglia nobile aveva una zona riservata per le abitazioni della servitù (haengnangch'ae 행랑채 行廊~) immediatamente all'interno del portone principale, una zona riservata all'abitazione degli uomini (sarangch'ae 사랑채 舍廊~) e una zona riservata alle donne (anch'ae 안채) situata nella parte più interna della residenza. Un poco staccata dalla sarangch'ae si trovava una costruzione separata (pyŏltang 별당 別堂), mentre nel cortile posteriore vi era un tempietto ancestrale.

La costruzione del giardino delle case private era fatta in modo da essere in armonia con il paesaggio e con l'intero villaggio. I muri periferici erano creati con materiali vari in modo che si armonizzassero con le case e i giardini erano ornati con piante e fiori per trasmettere una calda senzazione di benvenuto. Le case private erano progettate in modo da comprendere ampi spazi aperti e luminosi per incoraggiare la coltivazione di un buon carattere morale.
Per quanto riguarda i giardini dei palazzi reali, il luogo in cui il re risiedeva e dove conduceva gli affari di stato era lo standard più importante su cui si basava la costruzione della stessa città che era scelta come capitale del regno. Poco si sa sullo stile dei palazzi reali del primo periodo dei Tre Stati (1º secolo a.C. - 7º secolo d.C.) a causa della mancanza di chiare evidenze storiche. Tuttavia, basandoci su antichi documenti, si ha notizia del fatto che il regno di Paekche possedeva le più avanzate tecniche di sistemazione del paesaggio ed era noto per i suoi giardini anche all'estero.
Si è potuto conoscere molto sui giardini reali del regno di Silla con gli scavi di Anapchi, il giardino del palazzo del principe reale, costruito nel 674. Anapchi era un giardino reale studiato con l'unico scopo di apprezzare la natura. Con la creazione di formazioni che rappresentavano le Samsindo, le tre leggendarie isolette, e i dodici picchi del monte Wushan della Cina, gli ideatori del giardino cercarono di rappresentare il Nirvana. Per quanto riguarda invece i giardini dei palazzi reali del periodo di Silla Unificato (668-935), il più noto è il P'osŏkchŏng nella valle occidentale del monte Namsan a Kyŏngju.
La maggior parte dei restanti giardini reali furono creati nel corso del periodo Chosŏn (1392-1910). Questi comprendono il Kyŏnghoeru nel palazzo Kyŏngbokkung (il principale palazzo reale), il giardino posteriore di Kyot'aejŏn (la residenza principale della regina), Hyangwŏnjŏn, Chagyŏngjŏn, il giardino posteriore del palazzo Ch'angdŏkkung (una villa reale) e il giardino posteriore di T'ongmyŏngjŏn nel palazzo Ch'anggyŏnggung.
La costruzione dei tempietti-accademia confuciani (sŏwŏn) e delle case separate (pyŏlsŏ) risale al 15º secolo o a epoche successive. I loro giardini erano costruiti in modo da includere l'ambiente naturale per servire agli studiosi come luogo di studio e meditazione lontano dalle distrazioni mondane della vita di ogni giorno. I giardini sŏwŏn più notevoli sono il Sosu sŏwŏn a Youngju, il Tosan sŏwŏn ad Andong e l'Oksan sŏwŏn a Kyŏngju, tutti nella regione Kyŏngsangpuk-to, mentre i più notevoli giardini pyŏlsŏ sono il Sosewŏn a Tamyang e il Pyŏlsŏwŏn di Yun Sŏn-do sull'isola di Pogildo nella regione Chŏllanam-do.

aaa4-1


Oltre che in questi luoghi, la bellezza dei giardini tradizionali può essere ammirata nei templi buddisti come nel sito del tempio Chŏngnimsa a Puyŏ, nella regione Ch'ungch'ŏngnam-do, nel tempio Mirŭksa a Iksan, nella regione Chŏllapuk-to, nel tempio Pulguksa a Kyŏngju nella regione Kyŏngsangpuk-to. Notevoli sono anche i padiglioni all'aperto, come il Ch'oksŏngnu a Chinju, nella regione Kyŏngsangnam-do, il Yŏnhoru ad Andong, nella regione Kyŏngsangpuk-to, e il Kyŏngp'odae a Kangnŭng, nella regione Kangwŏn-do.
La creazione dei giardini reali era fortemente influenzata dalla geomanzia e dalla filosofia dello Yin e Yang e dei cinque elementi, mentre quella dei giardini dei templi buddisti era influenzata dalla teoria dell'Elisio buddista. Quando si costruivano giardini sŏwŏn o pyŏlsŏ, prevaleva il monasticismo di Zhu Xi. Anche il taoismo sembra però aver esercitato in Corea un'importante influenza nella costruzione dei giardini.
Come conclusione, si ricorda ancora una volta quello che, per i coreani del passato, era l'essenziale nella creazione dei giardini. Al di là di ogni altra considerazione, il fattore più importante era certamente quello di rispettare l'armonia con la natura.

Altre immagini sotto spoiler


Info qui: Corea.it
 
Web Contacts  Top
Kimu
view post Posted on 20/12/2011, 18:45




Geisha



2064042862_b2961a7bbf



La geisha (芸者?) o gheiscia è una tradizionale artista e intrattenitrice giapponese, le cui abilità includono varie arti, quali la musica, il canto e la danza. Le geisha erano molto comuni tra il XVIII e il XIX secolo, ed esistono tutt'oggi, benché il loro numero stia man mano diminuendo. Nel mondo moderno e soprattutto in Occidente vengono erroneamente considerate come prostitute.

Introduzione

"Geisha", pronunciato /ˈɡeːʃa/,[1] è un termine giapponese (come tutti i nomi di questa lingua, non presenta distinzioni tra la forma singolare e quella plurale) composto da due kanji, 芸 (gei) che significano "arte" e 者 (sha) che vuol dire "persona"; la traduzione letterale, quindi, del termine geisha in italiano potrebbe essere "artista", o "persona d'arte".
Un altro termine usato in Giappone per indicare le geisha è geiko (芸妓?), tipico del dialetto di Kyōto. Inoltre la parola "geiko" è utilizzata nella regione del Kansai per distinguere le geisha di antica tradizione dalle onsen geisha (le "geisha delle terme", assimilate dai giapponesi alle prostitute perché si esibiscono in alberghi o comunque di fronte ad un vasto pubblico, vedi più sotto).
L'apprendista geisha è chiamata maiko (舞妓?); la parola è composta anche in questo caso da due kanji, 舞 (mai), che significano "danzante", e 子 o 妓 (ko), col significato di "fanciulla". È la maiko che, con le sue complicate pettinature, il trucco elaborato e gli sgargianti kimono, è diventata, più che la geisha vera e propria, lo stereotipo che in occidente si ha di queste donne. Nel distretto di Kyoto il significato della parola "maiko" viene spesso allargata ad indicare le geisha in generale.

200px-Geisha-fullheight




Storia

Le prime figure presenti nella storia del Giappone che potremmo in qualche modo paragonare alle geisha sono le cosiddette saburuko: esse erano cortigiane specializzate nell'intrattenimento delle classi nobili, che ebbero il loro apice attorno al VII secolo per poi scomparire pochi secoli più tardi, soppiantate dalle juuyo, ossia prostitute di alto bordo, che ebbero più successo tra gli aristocratici.
Per cominciare però a parlare di una figura simile all'odierna "donna d'arte", dobbiamo aspettare fino al 1600, quando alle feste importanti, dove erano chiamate le juuyo, presero a partecipare le prime geisha, che in principio erano uomini. Anche se può sembrare strano, queste figure maschili avevano il compito di intrattenere con danze, balli e battute di spirito gli ospiti e le juuyo partecipanti, qualcosa di simile ai nostri giullari e buffoni medioevali. Col passare degli anni, circa attorno alla metà del secolo successivo, cominciarono a comparire le prime donne geisha, che presero rapidamente piede, contrapponendo alle rudi figure degli uomini la grazia della figura e dei movimenti femminili. Fatto sta che donne geisha furono così tanto richieste che in pochi anni soppiantarono i loro antenati uomini, acquistando l'esclusiva su questa professione.
Quando nel 1617, durante il periodo Edo, Tokugawa Hidetada, secondo shōgun dello Shogunato Tokugawa, rese la prostituzione legale in tutto il Giappone, bordelli e case di piacere si moltiplicarono a dismisura nelle città; poiché in questi anni la professione della geisha era ancora in via di assestamento, spesso questa figura e quella della prostituta si confusero. Infatti, anche se alle geisha fu subito proibito di acquistare la licenza di prostituzione[2], il controllo non era molto stretto. Fu solo nel XIX secolo, quando ormai le geisha avevano completamente soppiantato le juuyo, che si cominciarono ad emanare leggi più precise in tale proposito; in tutte le principali città del Giappone (Kyōto e Tokyo in particolare) furono approntati dei quartieri, detti hanamachi (花街? "città dei fiori"), perché in essi vi potessero sorgere le case da té (ochaya) e gli okiya (le case delle geisha), ben distinti dai bordelli, dove le geisha avrebbero potuto svolgere la loro professione, distinguendola definitivamente da quella delle prostitute. I primi hanamachi furono quelli di Kyoto, capitale imperiale, che avevano nome Yoshiwara e Shimabara.
Nel frattempo, in Europa e nel mondo occidentale, il Giappone stava cominciando a fare la sua comparsa nella cultura popolare. Il fenomeno denominato giapponismo, infatti, alla fine dell'800 dilagò in tutto il continente, poiché le navi mercantili inglesi si trovarono d'improvviso davanti ad un porto nuovo, che fino ad allora era stato chiuso ai loro commerci: il Giappone, appunto, che tra il 1866 e il 1869, con un radicale cambiamento politico, pose fine al lungo periodo di isolamento che aveva caratterizzato la sua politica estera fino a quel momento, aprendosi alle importazioni occidentali ed esportando in occidente molte stampe ukiyo-e, che furono immediatamente molto conosciute.
Artisti come Manet, Van Gogh, Klimt e tutto il movimento impressionista furono profondamente influenzati da queste stampe che, sebbene fossero eseguite da artisti contemporanei, si rifacevano a tradizioni pittoriche antichissime, che non si curavano tanto dei volumi e delle prospettive quanto del colore. Il tratto semplice e netto, privo di chiaroscuro, e la stesura omogenea dei colori, sempre smaglianti e chiari, furono aspetti che piacquero molto, all'epoca, poiché rendevano queste stampe (spesso applicate su tavole lignee) estremamente decorative. Il soggetto nipponico, quindi, cominciò spesso ad essere rappresentato anche da artisti europei, come Claude Monet, che dipinse la moglie con il kimono e il ventaglio, o lo stesso Van Gogh, che nel 1887 dipinse "La cortigiana", il ritratto di una donna nei tipici costumi nipponici.

250px-Yoshimachi_Geisha



Il Giappone, insomma, aveva cominciato ad influenzare un po' tutti gli aspetti della vita quotidiana europea (furono rappresentate opere musicali sul tema, come The Mikado e la Madama Butterfly di Puccini, e all'inizio del '900 si affermò la moda dei kimono, indossati dalle signore bene di tutta Europa), ma la sua cultura, come spesso accade, fu travisata. In particolare la figura della geisha, appunto, che agli occhi degli occidentali divenne una donna sensuale e provocante, un'artista del sesso, che rifletteva quella rivolta contro il puritanesimo vittoriano che in quegli anni cominciava a svilupparsi maggiormente.
Lo spirito, infatti, con cui i soldati americani sbarcarono sulle coste giapponesi, nella Seconda guerra mondiale, rifletté subito quest'idea distorta che gli occidentali avevano delle geisha. Costoro, infatti, si aspettavano prostitute di classe, donne completamente asservite all'uomo e desiderose di compiacerlo. Ma questa immagine che si erano portati dietro, non corrispondeva alla realtà, dove le geisha rappresentavano invece gli unici esempi nella civiltà giapponese di donne emancipate e "libere", tutto il contrario di come erano state dipinte.
Nonostante questo, il mito della geisha prostituta, sottomessa e servile non terminò affatto con la fine del conflitto. Contribuì il fatto che, per compiacere i soldati, gli alti ranghi delle forze armate assunsero un vero e proprio esercito (più di 60.000 secondo lo storico orientalista John W. Dower) di prostitute, chiamate geisha girls, che contribuirono sia ad intrattenere gli uomini che a banalizzare ancor più la figura della geisha vera e propria. Difatti, dopo la vittoria americana, si cominciò a sviluppare, nella neonata Hollywood, un filone cinematografico molto prolifico, teso a ridisegnare ancora una volta la figura di queste donne, stavolta come arma anti-femminista. Le donne, infatti, che avevano preso il posto dei mariti, partiti per il fronte, negli enti pubblici e privati, rivendicavano ora con forza i loro diritti, e quale modo migliore di stroncare questi moti se non far tornare di moda la figura di una donna amorevole e sottomessa? Ecco che l'uomo torna, dopo la liberazione dal vittorianesimo, a rifugiarsi in oriente, per sentirsi servito e riverito.
Solo di recente, complice l'editoria, con la pubblicazione di molti volumi e romanzi sull'argomento (sicuramente importante il celebre Memorie di una geisha di Arthur Golden), e la cinematografia, si sta riscoprendo la vera storia di queste donne, che non poteva essere più lontano da quanto fino ad oggi è stato creduto.

Le geisha ieri: l'educazione

Tradizionalmente le geisha cominciavano il loro apprendimento in tenerissima età. Anche se alcune bambine venivano e vengono ancora vendute da piccole alle case di geisha ("okiya"), questa non è mai stata una pratica comune in quasi nessun distretto del Giappone. Spesso, infatti, intraprendevano questa professione in maggior numero le figlie delle geisha, o comunque ragazze che lo sceglievano liberamente.
Gli okiya erano rigidamente strutturati; le fanciulle dovevano attraversare varie fasi, prima di diventare maiko e poi geisha vere e proprie, tutto questo sotto la supervisione della "oka-san", la proprietaria della casa di geisha.
Le ragazze nella prima fase di apprendimento, ossia non appena arrivano nell'okiya, sono chiamate "shikomi", e venivano subito messe a lavoro come domestiche. Il duro lavoro al quale erano sottoposte era pensato per forgiarne il carattere; alla più piccola shikomi della casa spettava il compito di attendere che tutte le geisha fossero tornate, alla sera, dai loro appuntamenti, talvolta attendendo persino le due o le tre di notte. Durante questo periodo di apprendistato, la shikomi poteva cominciare, se la oka-san lo riteneva opportuno, a frequentare le classi della scuola per geisha dell'hanamachi. Qui l'apprendista cominciava ad imparare le abilità di cui, diventata geisha, sarebbe dovuta essere maestra: suonare lo shamisen, lo shakuhachi (un flauto di bambù), o le percussioni, cantare le canzoni tipiche, eseguire la danza tradizionale, l'adeguata maniera di servire il tè e le bevande alcoliche, come il sake, come creare composizioni floreali e la calligrafia, oltre che imparare nozioni di poesia e di letteratura ed intrattenere i clienti nei ryotei.
Una volta che la ragazza era diventata abbastanza competente nelle arti delle geisha, e aveva superato un esame finale di danza, poteva essere promossa al secondo grado dell'apprendistato: "minarai". Le minarai erano sollevate dai loro incarichi domestici, poiché questo stadio di apprendimento era fondato sull'esperienza diretta. Costoro per la prima volta, aiutate dalle sorelle più anziane, imparavano le complesse tradizioni che comprendono la scelta e il metodo di indossare il kimono, e l'intrattenimento dei clienti. Le minarai, quindi, assistevano agli ozashiki (banchetti nei quali le geisha intrattevano gli ospiti) senza però partecipare attivamente; i loro kimono, infatti, ancor più elaborati di quelle delle maiko, parlavano per loro. Le minarai potevano essere invitate alle feste, ma spesso vi partecipavano come ospiti non invitate, anche se gradite, nelle occasioni nelle quali la loro "onee-san" (onee-san significa "sorella maggiore", ed è l'istruttrice delle minarai) era chiamata. Abilità come la conversazione e il giocare, non venivano insegnate a scuola, ma erano apprese dalle minarai in questo periodo, attraverso la pratica. Questo stadio durava, di solito, all'incirca un mese.
Dopo un breve periodo di tempo, cominciava per l'apprendista il terzo (e più famoso) periodo di apprendimento, chiamato "maiko". Una maiko è un'apprendista geisha, che impara dalla sua onee-san seguendola in tutti i suoi impegni. Il rapporto tra onee-san e imoto-san (che vuol dire "sorella minore") era estremamente stretto: l'insegnamento della onee-san, infatti, era molto importante per il futuro lavoro dell'apprendista, poiché la maiko doveva apprendere abilità rilevanti, come l'arte della conversazione, che a scuola non le erano state insegnate. Arrivate a questo punto, le geisha solitamente cambiavano il proprio nome con un "nome d'arte", e la onee-san spesso aiutava la sua maiko a sceglierne uno che,secondo la tradizione deve contenere la parte iniziale del suo nomee che secondo lei, si sarebbe adattato alla protetta.
La lunghezza del periodo di apprendistato delle maiko poteva durare fino a cinque anni, dopo i quali la maiko veniva promossa al grado di geisha, grado che manteneva fino al suo ritiro. Sotto questa veste, adesso, la geisha poteva cominciare a ripagare il debito che, fino ad allora, aveva contratto con l'okiya; l'addestramento per diventare geisha, infatti, era molto oneroso, e la casa si accollava le spese delle sue ragazze a patto che queste, lavorando, ripagassero il loro debito. Queste somme erano spesso molto ingenti, e a volte le geisha non riuscivano mai a ripagare gli okiya.

What-is-Geisha



Le geisha oggi

Ai giorni nostri, il rituale di formazione ed educazione della geisha non è molto diverso da quello di cento anni fa. Le discipline in cui ogni geisha si deve specializzare sono le medesime, e la serietà con cui vengono offerte è sancita dal kenban (検番 ?), una sorta di albo professionale che obbliga coloro che vi sono iscritte al rispetto di regole morali ed estetiche molto severe, dall'abbigliamento, al trucco, allo stile di vita.

Il loro salario, inoltre, è fissato da organi statali appositamente adibiti; a costoro la geisha deve far sapere a quali incontri ha partecipato e per quanto tempo, perché essa possa ricevere lo stipendio in base al numero di clienti ed al tempo, e perché l'ufficio possa mandare il conto al cliente. In questo modo le geisha non sono più legate economicamente all'okiya, che per legge non può più far contrarre dei debiti alle sue geisha. Il tempo che viene loro pagato è misurato in base a quanti bastoncini di incenso bruciano durante la loro presenza, ed è chiamato senkōdai (線香代? "compenso del bastoncino d'incenso") o gyokudai (玉代? "compenso del gioiello"). A Kyoto, invece, si preferiscono i termini ohana (お花? "compenso del fiore") e hanadai (花代? con lo stesso significato).
Come si è detto precedentemente, le geisha stanno man mano scomparendo. La ragione principale, infatti, del successo delle geisha in passato va trovata nella passata posizione sociale della donna, soprattutto nel periodo Kamakura; essa doveva, infatti, rimanere confinata in casa, e riceveva un'educazione molto approssimativa, che non permetteva loro di conversare e di interessare adeguatamente i loro uomini. La geisha, perciò, compensava una figura femminile poco attraente, assolutamente sottomessa all'uomo e totalmente priva di una propria personalità, fornendo all'uomo quell'interesse che egli non riusciva a trovare tra le mura della propria abitazione. Ed è proprio la mutata condizione sociale della donna dei giorni nostri che sta facendo scomparire la figura della geisha. Le scuole stanno chiudendo una dietro l'altra e le ragazze iscritte sono in numero sempre minore, poiché il duro tirocinio a cui devono sottostare non è più gradito alle nuove generazioni.
Ancora oggi, comunque, le geisha esistono, sebbene in minor numero. Le comunità che resistono sono principalmente quella di Tokyo e quella di Kyōto, la più importante. In quest'ultima esistono cinque hanamachi, i più famosi ed importanti dei quali sono quelli di Gion (diviso in Gion Kobu e Gion Higashi) e di Pontochō (gli altri due sono Miyagawacho e Kamishichiken), mentre Tokyo ne conta sei, anche se di minore importanza, Shimbashi, Akasaka, Asakusa, Yoshicho, Kagurazaka e Hachioji. Le geisha di Kyōto vivono ancora nei tradizionali okiya, e persistono figure come l'oka-asan, mentre fuori da questa città sempre più spesso queste decidono di vivere indipendentemente, in appartamenti nell'hanamachi o nei suoi pressi.
Le giovani donne che desiderano diventare geisha cominciano il loro addestramento sempre più tardi, dopo aver terminato un primo piano di studi nelle scuole statali, o persino l'università. Questo accade specialmente nelle città più popolate e aperte alla cultura occidentale, come Tokyo, dove le geisha sono, in media, più anziane rispetto a quelle di altre città.
Nel moderno Giappone è raro vedere geisha e maiko all'esterno del loro hanamachi. Nel 1920, infatti, c'erano più di 80.000 geisha in tutto il Giappone, ma oggi sono molte meno; il numero esatto non è noto se non alle geisha stesse (che sono molto protettive nei confronti del mistero che, anche nello stesso Giappone, aleggia attorno alla loro figura), ma si stima non siano più di un paio di migliaia. Molte di loro, inoltre, sono ormai quasi solamente un'attrazione turistica. La diminuzione dei clienti, infatti, con l'avvento della cultura occidentale, e la grande spesa che occorre pagare per ottenere l'intrattenimento di una geisha, hanno contribuito al declino delle antiche arti e tradizioni, che oggi sono difficili da trovare.

250px-Geisha-kyoto-2004-11-21



Geisha e prostituzione

Come già accennato in precedenza, esiste oggi molta confusione, specialmente fuori dal Giappone, riguardo alla natura della professione della geisha; nella cultura popolare occidentale, le geisha sono frequentemente scambiate con prostitute di lusso. L'equivoco, che ha cominciato a diffondersi dal periodo dell'occupazione americana del Giappone, nella cultura cinese è, se possibile, ancor più marcato; in cinese, infatti, la parola geisha è tradotta con il termine yì jì (艺妓), dove jì (妓) ha il significato, appunto, di "prostituta".
Le geisha sono state spesso confuse con le cortigiane di lusso, chiamate oiran. Come le geisha, queste portano elaborate acconciature e tingono il viso di bianco; ma un semplice modo per distinguerle è che le oiran, portano l'obi (la cintura a fiocco legata in vita nel kimono) sul davanti, mentre le geisha lo portano a contatto con la schiena. La differenza, probabilmente, è dovuta al fatto che per le prime, dovendosi svestire spesso, l'obi risulterebbe in una posizione meno difficoltosa da rifare una volta finita la prestazione.
Un tipo particolare di geisha è costituito dalle cosiddette onsen geisha, "geisha delle terme". Costoro, infatti, sono geisha che lavorano negli onsen, ossia gli stabilimenti termali del Giappone, oppure più genericamente nei villaggi e nei luoghi turistici; sono viste molto male dai giapponesi, che le considerano quasi alla stregua delle prostitute, poiché, lavorando per i grandi alberghi, si esibiscono in danze e canti per un vasto pubblico, invece che per la ristretta cerchia di intenditori, come fa una geisha vera e propria, e ovviamente non sono iscritte al kenban.

200px-Geisha_in_Kyoto



Relazioni interpersonali e danna

Le geisha sono donne nubili, e possono decidere di sposarsi solo ritirandosi dalla professione. Se anche gli impegni di una geisha possono includere anche intrattenimenti di tipo amoroso, questo non è previsto nella sua professione. Una vera geisha non viene pagata per fare sesso, anche se può scegliere di avere relazioni con uomini incontrati durante il suo lavoro, sebbene mantenute al di fuori del contesto del suo lavoro come geisha.
Era uso nel passato che una geisha, per stabilirsi, prendesse un danna, o patrono. Tradizionalmente il danna era un uomo ricco, talvolta sposato, che aveva i mezzi per accollarsi le enormi spese di cui il lavoro di geisha abbisognava; anche oggi la tradizione del danna è viva, in Giappone, ma solo qualche geisha ne sceglie uno.
Anche se succedeva spesso che una geisha ed il suo danna si innamorassero, il sesso non era richiesto come pagamento per il supporto finanziario che il danna elargiva. Le convenzioni e i valori che si celavano dietro questo particolare rapporto sono molto intricate, sconosciute ed incomprensibili agli occidentali, come a molti giapponesi stessi.

220px-Mameroku



Le geisha nell'arte

Opera lirica

Madama Butterfly, di Giacomo Puccini (1904)

Cinema

Yoshiwara, il quartiere delle geishe, film di Max Ophuls (1937)
La musica di Gion, film di Kenji Mizoguchi (1953)
La strada della vergogna, film di Kenji Mizoguchi (1956)
Il barbaro e la geisha (The Barbarian and the Geisha) è un film del (1958) diretto da John Huston, interpretato da John Wayne.
La mia geisha, film di Jack Cardiff con Shirley MacLaine (1962) M. Butterfly, film di David Cronenberg (1993)
Memorie di una geisha (Memoirs of A Geisha), film di Rob Marshall (2005) prodotto da Steven Spielberg e basato sul Memorie di una geisha di Arthur Golden

img_237597_lrg




Come vive una geisha…

Lei si dipinge il viso per nascondere il viso

I suoi occhi sono acqua profonda.

Non è per una geisha desiderare.

Non è per una geisha provare sentimenti.

La geisha è un’artista del mondo, che fluttua, danza, canta, vi intrattiene.

Tutto quello che volete.

Il resto è ombra.

Il resto è segreto…


Poesia tratta dal blog:
Il Cigno Rosa

japanese-geisha-in-fall-leaves



Altre immagini sotto spoiler:




Info: Wikipedia

Edited by Kimu - 20/12/2011, 19:34
 
Top
Kimu
view post Posted on 20/12/2011, 19:31




Ninja



ninja1



Ninja (忍者?) è un termine giapponese che indica una spia del Giappone feudale (dal 1185 al 1868 circa). Il ninja è per definizione l'esperto nelle tecniche militari di strategia e intelligence che prendono il nome di ninjutsu e che hanno una lunga storia. Tuttavia le fonti storiografiche ed enciclopediche giapponesi riferiscono che il termine ninja ha conosciuto una diffusione significativa solo dopo gli anni cinquanta, a partire cioè dalla popolarizzazione - principalmente attraverso manga e trasmissioni televisive - di personaggi conosciuti con questo nome nella letteratura e nel teatro di intrattenimento della tarda epoca Edo (1601 - 1868). Bisogna quindi distinguere il personaggio del ninja, ormai ben noto anche in occidente, dai guerrieri e militari anche molto famosi che negli scontri sanguinosi del medioevo giapponese utilizzarono metodi spionistici (avvalendosi talvolta dell'aiuto di esperti noti come ninjutsutsukai, rappa, shinobimetsuke e altri appellativi). Il mito del ninja merita nondimeno la giusta attenzione per il suo significato e il successo che ha riscosso e continua a riscuotere in Giappone e soprattutto all'estero.

Etimologia

"Ninja" è la lettura "on" dei due kanji 忍者 utilizzati per scrivere shinobi-no-mono (忍ノ者) un termine nativo giapponese utilizzato per descrivere una persona che praticava il ninjutsu. Tra i sinonimi di ninja vi sono i termini kanja (間者), shinobi (忍) e shinobi no mono (忍ノ者). In epoca Tokugawa anche il termine Oniwaban (御庭番) o "custode dei giardini" della dimora shogunale divenne sinonimo di spia. Secondo alcune fonti di tenore romanzesco le spie di sesso femminile avrebbero avuto l'appellativo di kunoichi (くノ一), un gioco di parole che si riferisce al carattere grafico per "donna" (onna (女)) ed ha anche altre accezioni.

200px-Ninja_kanjisvg



La figura storica dei ninja

I ninja portavano abiti neri per la notte e abiti di colore marrone-cachi per le ore del giorno: lo sappiamo grazie ad esemplari autentici conservati nel museo Ninja di Iga-Ueno. Erano esperti di arti marziali e la preparazione fisica meticolosa occupava gran parte della loro giornata: uno degli esercizi più in voga era quello di saltare di ramo in ramo roteando il corpo attorno al fulcro costituito dalle braccia tese. All'occorrenza, un Ninja poteva fungere da sicario e compiere un omicidio mirato, ma non stragi come ormai consueto pensare nell'immaginario collettivo. Essi, poi, non erano soltanto delle spie. Oltre allo spionaggio vero e proprio, costoro erano esperti di sabotaggio, tortura, ed appunto, l'eliminazione fisica degli avversari (omicidio mirato), azioni tipiche dei commando. Praticavano le arti marziali ad alti livelli. Erano, in breve, polivalenti. Non di rado, avevano compiti di polizia per il mantenimento dell'ordine pubblico, oppure costituivano una specie di servizio segreto alle dipendenze del daimyo locale. Infine, spesso, erano pure investiti del compito di guardia del corpo dello shogun: una specie di guardia pretoriana nipponica.[1]. I Ninja operarono dal 1185 circa alla fine dello shogunato, nel 1868, quando ebbe termine il cosiddetto "Medioevo giapponese". In realtà essi non smisero di esser addestrati, ma il loro utilizzo divenne maggiormente "mirato" e la loro preparazione venne rigorosamente e meticolosamente organizzata a livello centrale da parte dello Stato: diminuirono di numero, ma la qualità delle loro prestazioni aumentò notevolmente. Ad esempio, a differenza di quanto avveniva nei secoli precedenti, a partire dal 1890 essi erano obbligati ad imparare una o più lingue straniere. Figure di agenti infiltrati nelle linee nemiche con caratteristiche identiche a quelle dei Ninja sono state descritte dalle fonti dell'esercito zarista durante la Guerra russo-giapponese, e precisamente nelle battaglie del fiume Yalu, di Mukden e durante l'assedio di Port Arthur. Inoltre, siamo abituati allo stereotipo del guerriero Ninja armato di una sciabola, la Katana, tipica del samurai. In realtà, l'armamento dei Ninja era quanto mai variegato e scelto in base alla tipologia di missione che in quel particolare frangente era da compiere[2]. Pertanto, oltre alla katana, esisteva un arsenale composto da archi e dardi, giavellotti, pugnali, e via discorrendo. Nella fattispecie entravano nel loro corredo:

la Katana (sciabola)
la Ninjatô anche chiamata Shinobi-to (un particolare tipo di spada a profilo dritto e più corto rispetto alla tradizionale katana);
il Bō (un bastone molto lungo);
la Wakizashi (spada corta, ad un solo filo);
il Kunaï (un coltello in metallo atto a scavare piccoli buchi nel terreno, all'occorrenza utilizzabile anche come dardo da lancio)
le Shuriken o shaken (letteralmente lame volanti sia di forma circolare sia oblunghe. Sono note come "Le stelle dei Ninja")
le Bo-Shuriken (chiodi lunghi 20 - 30 centimetri da posizionare negli spazi interdigitali per poter esser lanciati);
la Kaginawa (ancorette unite ad una corda, sia da lancio, che per arrampicarsi);
la Kamayari (una picca con arpione);
la Kusarigama (falcetto con una catena attaccata all'incrocio tra lama e manico. la catena aveva anche un peso all'altra estremità);
i Manrikigusari (coppia di piccoli pesi posti all'estremità di una catena)
i Mizugumo (dei galleggianti per attraversare pozze d'acqua);
il Tanto (tipico coltello da uso quotidiano giapponese)
le Ashiko (calzature chiodate);
il Tekagi e la sua variante, il Shuko (bracciali puntuti e pugni di ferro anch'essi puntuti);
il Jô (una spranga di legno);
la Fukumibari (una cerbottana);
le Makibishi (chiodi a quattro punte da disseminare sulle strade) e le loro varianti, le Tetsubishi (dardi a quattro punte per egual fine);
la Naginata (una alabarda);
il Kyoketsu Shogei (un corto pugnale con paramano curvo che dà la forma di un arpione, dotato di una lunga corda con al termine un anello metallico);

Entrarono, in tempi recenti (a partire dal 1700) anche armi da fuoco (piccoli obici quali gli Ōzutsu) e granate Metsubushi (目潰し, "Chiudi occhi", ovvero piccole bombe dirompenti a carica metallica). In pratica, i Ninja non ebbero in alcuna epoca quell'alone di guerrieri dalle caratteristiche "soprannaturali" che il cinema ci ha da sempre mostrato. Semplicemente, essi erano una casta di guerrieri che operavano in genere singolarmente ed il cui teatro d'azione era talmente vasto che poteva andare dalla semplice raccolta di informazioni, all'omicidio su commissione.

200px-Ninja_Armour-1



Le armi dei ninja



Collocazione storica dei guerrieri ninja

I Ninja comparvero circa nel 1185 con il compito di polizia, quindi per mantenere l'ordine nei vari feudi. Il loro periodo aureo si colloca tra il 1300 ed il 1870. Per il ninja non esistevano differenze di casta: gli uomini si dividevano in adepti del proprio clan, cui era dovuta fedeltà assoluta, e gli altri nei confronti dei quali tutto era lecito. Nel 1467 venne ufficializzato il loro servizio presso gli shogun locali[3]: nel Giappone sconvolto da un lungo periodo di guerre furono sempre più i nobili che si rivolgevano ai clan Ninja per essere aiutati nelle battaglie o per far compiere silenziose vendette. Spesso l'impiego dei ninja faceva pendere l'ago della bilancia dalla parte di uno dei contendenti. Grazie a ciò il potere politico dei clan ninja si sviluppò enormemente sino al punto che, attorno al 1467, fu lo stesso Shogun Yoshihisa Ashikaga (1436 - 1489) a richiedere il loro aiuto nella guerra di Onin. In questo modo intere provincie del Giappone finirono sotto l'influenza ninja. A volte i ninja decretavano l'ascesa o la cacciata degli shogun[4]. Il potere dei ninja diveniva sempre più vasto, tanto che lo shogun Oda Nobunaga (1534 - 1582) si appoggiò apertamente agli europei per poter estromettere i ninja dalle posizioni di potere oramai consolidate durante il suo tentativo di unificare il Giappone. Egli, da un lato, protesse il nascente cristianesimo e lo incoraggiò a diffondersi. Dall'altro combatteva i ninja senza un attimo di tregua, tanto da scendere in guerra aperta nel 1579, incaricando il figlio Katsuyori di assaltare, conquistare e distruggere la roccaforte Ninja di Iga. Nella battaglia di Teusho Iga no Ran (1580) le truppe di Katsuyori subirono una disastrosa disfatta per opera dei Ninja che dimostrarono in questa come in altre occasioni di essere eccellenti combattenti anche in campo aperto. Non maggior successo ebbe la spedizione militare del 1581. Il successore di Nobunaga, invece, appoggiandosi ai ninja, quasi sradicò dall'arcipelago il cristianesimo: con l'avvento allo shogunato di Ieyasu Tokugawa (1543 - 1616) nel 1582, favorito da un uso spregiudicato dei ninja medesimi, i ninja si trasformarono in spie, poliziotti e repressori. I ninja erano all'apogeo della loro potenza e lo sarebbero stati fino al 1853. Nel 1853, quando le "navi nere" del commodoro Perry violarono l'isolamento in cui era rinchiuso il Giappone, una spia ninja Jinsaburo Yasusuke Sawamura fu incaricato di salire di nascosto a bordo di una di esse per sottrarre documenti che facessero intuire le intenzioni degli stranieri. Egli ritornò dalla missione con dei manoscritti che sono ancora oggi conservati dalla famiglia Sawamura nella città di Iga-veno, prefettura di Mie. I manoscritti però non contenevano segreti, bensì erano una lettera di un marinaio olandese alla sua fidanzata ed una canzone che decanta le doti delle donne francesi a letto e delle inglesi in cucina[5]. I ninja furono adoperati nella guerra cino-giapponese del 1894, nella guerra russo-giapponese del 1904 e nelle due guerre mondiali. L'occupazione militare del Giappone da parte degli americani (1945 -1949) costrinse tutte le arti marziali ed il ninjutsu in particolare a tornare alla più totale segretezza, in quanto ritenuti veicoli di propagazione di sentimenti xenofobi.

I Ninja ed il Cristianesimo nipponico

Il rapporto tra il ninjutsu ed il cristianesimo fu sempre caratterizzato da antagonismo e da repressione ad opera dei ninja stessi. Il cristianesimo giapponese, che coincide quasi interamente col cattolicesimo romano, sbarcò in Giappone nel 1549 con San Francesco Saverio (1506 - 1552), braccio destro di Sant'Ignazio di Loyola (1491 - 1556). Ma la rivolta dei contadini di Nagasaki (1637), molti dei quali convertiti al cristianesimo, diede allo shogun il pretesto di reprimere e di mettere al bando la religione cristiana, comminando nel contempo numerose pene capitali.
I Ninja pare abbiano avuto un ruolo di primo piano in quest'opera di repressione. Nel 1640 il cristianesimo giapponese era ufficialmente estinto. Gli editti dello shogunato di Tokugawa (1600 - 1868)del 1633 e del 1639 chiusero il paese in se stesso impedendo ogni contatto con gli stranieri, ad eccezione di un porto franco aperto ai commerci con poche nazioni: iniziava l'isolazionismo (in nipponico: Sakoku). L'isolamento durò ben due secoli. L'8 luglio del 1853 l’ammiraglio statunitense Matthew Perry (1794 - 1858) gettò le ancore nella baia di Uraga, vicino alla città di Edo (la moderna Tokyo), al comando di quattro navi da guerra della marina statunitense, chiedendo formalmente l’apertura dei porti del Giappone, la stesura di accordi per i soccorsi in caso di naufragio e la stipula di trattati commerciali.
Il 14 luglio la richiesta venne ufficialmente presentata allo shogun in persona nella città di Kurihama (la moderna Yokosuka), minacciando l'intervento armato in caso di non accoglimento delle sue richieste. Missioni analoghe non avevano ricevuto alcuna risposta precedentemente: vascelli statunitensi tra il 1793 ed il 1809 poterono operare solo sotto bandiera olandese (i giapponesi consentivano solo agli olandesi ed ai cinesi di commerciare nel porto franco di Nagasaki); venne invece respinta nel 1804 la spedizione guidata dal primo ambasciatore russo in Giappone, Nikolai Petrovic Rezanov (1764 - 1807); nel 1846 e nel 1848 nuovamente accadde con le spedizioni al comando dell’ammiraglio statunitense James Bidle (1783 - 1848) e James Glynn (1800 - 1871) rispettivamente. Solo nel 1853, sotto la minaccia delle cannoniere americane del commodoro Perry, il Giappone consentì a riaprirsi ai traffici occidentali e all’invio di missionari.
Nel 1854 Perry tornò in Giappone e firmò la Convenzione di Kanagawa che ufficializzò la fine dell'isolazionismo nipponico. Molti di questi missionari, giunti in seguito all'intervento di Perry, rimasero stupiti di trovare ancora cristiani. Questo fatto pose termine all'isolamento nipponico ed indebolì notevolmente il potere della classe dei samurai, tanto che nel 1868 il potere centrale facente capo all'imperatore prese definitivamente il sopravvento sui feudatari ed avviò la modernizzazione del paese sullo stampo occidentale.


Altre immagini sotto spoiler



Info: Wikipedia
 
Top
Kimu
view post Posted on 20/12/2011, 20:10




Samurai



samurai6



« Ho scoperto che la Via del Samurai consiste nella morte. »

(Yamamoto Tsunetomo)


Il samurai (侍) era un militare del Giappone feudale, appartenente ad una delle due caste aristocratiche giapponesi, quella dei guerrieri. Il nome deriva sicuramente da un verbo, saburau, che significa servire o tenersi a lato e letteralmente significa colui che serve. Un termine più appropriato sarebbe bushi (武士, letteralmente: bu significa marziale; shi è l'unione tra il tratto basso orizzontale che indica il numero 1 e la croce il 10: l'unione di questi due segni rappresenta la conoscenza, quindi colui che discerne tutto, l'illuminato) che risale al periodo Edo. Attualmente il termine viene usato per indicare proprio la nobiltà guerriera (non, ad esempio, gli ashigaru o i fanti, né i kuge o aristocratici di corte). I samurai che non servivano un daimyō perché era morto o perché ne avevano perso il favore, o la fiducia, erano chiamati rōnin, letteralmente "uomo onda", che intende libero da vincoli, ma assume sempre un significato dispregiativo.

I samurai costituivano una casta colta, che oltre alle arti marziali, direttamente connesse con la loro professione, praticava arti zen come il cha no yu o lo shodō. Durante l'era Tokugawa persero gradualmente la loro funzione militare divenendo dei semplici Rōnin che spesso si abbandonavano a saccheggi e barbarie. Verso la fine del periodo Edo, i samurai erano essenzialmente designati come i burocrati al servizio dello shōgun o di un daimyo, e la loro spada veniva usata soltanto per scopi cerimoniali, per sottolineare la loro appartenenza di casta.

Con il Rinnovamento Meiji (tardo XIX secolo) la classe dei samurai fu abolita in favore di un esercito nazionale in stile occidentale. Ciò nonostante il bushidō, rigido codice d'onore dei samurai, è sopravvissuto ed è ancora, nella società giapponese odierna, un nucleo di principi morali e di comportamento simile al ruolo svolto dai principi etici religiosi nelle società occidentali attuali.

225px-Samurai



Etimologia

La parola samurai ha avuto origine nel periodo giapponese Heian, quando era pronunciata saburai, e significava "servo" o "accompagnatore". Fu soltanto nell'epoca moderna, intorno al periodo Azuchi-Momoyama e al periodo Edo del tardo XVI e XVII secolo che la parola saburai mutò in samurai. Per allora, il significato si era già modificato da tempo.
Durante l'era di più grande potere dei samurai, anche il termine yumitori (arciere) veniva usato come titolo onorario per un guerriero, anche quando l'arte della spada divenne la più importante. Gli arcieri giapponesi (vedi arte del kyūjutsu) sono ancora fortemente associati con il dio della guerra Hachiman.

Questi sono alcuni termini usati come sinonimo di samurai.

Buke 武家 - un appartenente ad una famiglia militare, un suo membro;
Mononofu もののふ - termine arcaico per "guerriero";
Musha 武者 - abbreviazione di Bugeisha 武芸者, letteralmente "uomo delle arti marziali";
Shi 士 - pronuncia sinogiapponese del carattere che comunemente si legge samurai
Tsuwamono 兵 - termine arcaico per "soldato", fatto celebre da un famoso haiku di Matsuo Basho; indica una persona valorosa.

125px-Samurai-shodosvg



Armi

samurai usavano una grande varietà di armi, anzi un'evidente differenza tra la cavalleria europea e i samurai riguarda proprio l'impiego delle armi, poiché i samurai non ritennero mai che esistessero armi disonorevoli, ma solo armi efficienti ed inefficienti. Anche se l'uso delle armi da fuoco fu una parziale eccezione, poiché fu scoraggiato in maniera fortissima durante il XVII secolo dagli shogun Tokugawa, fino a proibirle quasi completamente e ad allontanarle dalla loro partaica della maggior parte dei samurai.
Nel periodo Tokugawa si diffuse l'idea che l'anima di un samurai risiedesse nella katana che porta con sé, a seguito dell'influenza dello Zen sul bujutsu; a volte i samurai vengono descritti come se dipendessero esclusivamente dalla spada per combattere. Raggiunti i tredici anni, in una cerimonia chiamata Genpuku, ai ragazzi della classe militare veniva dato un wakizashi e un nome da adulto, per diventare così vassalli, cioè samurai a tutti gli effetti. Questo dava loro il diritto di portare una katana, sebbene venisse spesso assicurata e chiusa con dei lacci per evitare sfoderamenti immotivati o accidentali. Insieme, katana e wakizashi vengono chiamati daisho (letteralmente: "grande e piccolo") ed il loro possesso era la prerogativa del buke. Portare le due spade venne vietato nel 1523 dallo Shogun ai cittadini comuni che non erano figli di un samurai, per evitare rivolte armate, perché prima della riforma tutti potevano diventare samurai.
Un'altra importanitissima arma dei samurai, cui erano connessi importanti riti scintoisti, fu l'arco e non fu modificata per secoli, fino all'introduzione della polvere da sparo e del moschetto nel XVI secolo. Fino alla fine del XIII secolo anzi la via della spada (kendo) fu meno considerata della via dell'arco da molti esperti di bushido. Un arco giapponese era un'arma molto potente: le sue dimensioni permettevano di lanciare con precisione vari tipi di proiettili (come frecce infuocate o frecce di segnalazione) alla distanza di 100 metri, arrivando fino a 200 metri quando non era necessaria precisione.
Veniva usato solitamente a piedi, dietro un tedate, un largo scudo di legno, ma poteva essere usato anche a cavallo. La pratica di tirare con l'arco da cavallo divenne una cerimonia Shinto detta Yabusame. Nelle battaglie contro gli invasori mongoli, questi archi furono l'arma decisiva, contrapposti agli archi più piccoli e alle balestre usate dai cinesi e dai mongoli.
Nel XV secolo, anche la lancia (yari) divenne un'arma popolare. Lo yari tese a rimpiazzare il naginata allorquando l'eroismo individuale divenne meno importante sui campi di battaglia e le milizie furono maggiormente organizzate. Nelle mani dei fanti o ashigaru divenne più efficace di una Katana, soprattutto nelle grosse cariche campali. Nella battaglia di Shizugatake, in cui Shibata Katsuie fu sconfitto da Toyotomi Hideyoshi (da allora anche noto come Hashiba Hideyoshi) i cosiddetti "Sette Lancieri di Shizugatake" ebbero un ruolo cruciale nella vittoria.
Seppuku (切腹, Seppuku?) è un termine giapponese che indica un rituale per il suicidio in uso tra i samurai. In Occidente viene usata più spesso la parola Harakiri (腹切り, harakiri?), a volte in italiano erroneamente pronunciato come karakiri, con pronuncia e scrittura errata dell'ideogramma hara. Nello specifico, però, Seppuku e Harakiri presentano alcune differenze, qui di seguito spiegate.
La traduzione letterale del termine Seppuku è "taglio dello stomaco", mentre per Harakiri è "taglio del ventre" e veniva eseguito, secondo un rituale rigidamente codificato, come espiazione di una colpa commessa o come mezzo per sfuggire ad una morte disonorevole per mano dei nemici. Un elemento fondamentale per la comprensione di questo rituale è il seguente: si riteneva che il ventre fosse la sede dell'anima, e pertanto il significato simbolico era quello di mostrare agli astanti la propria anima priva di colpe in tutta la sua purezza.
Alcune volte praticato volontariamente per svariati motivi, durante il periodo Edo (1603 – 1867), divenne una condanna a morte che non comportava disonore. Infatti il condannato, vista la sua posizione nella casta militare, non veniva giustiziato ma invitato o costretto a togliersi da solo la vita praticandosi con un pugnale una ferita profonda all'addome di una gravità tale da provocarne la morte.
Il taglio doveva essere eseguito da sinistra verso destra e poi verso l'alto. La posizione doveva essere quella classica giapponese detta seiza cioè in ginocchio con le punte dei piedi rivolte all'indietro; ciò aveva anche la funzione d'impedire che il corpo cadesse all'indietro, infatti il guerriero doveva morire sempre cadendo onorevolmente in avanti. Per preservare ancora di più l'onore del samurai, un fidato compagno, chiamato kaishakunin, previa promessa all'amico, decapitava il samurai appena egli si era inferto la ferita all'addome, per fare in modo che il dolore non gli sfigurasse il volto.
La decapitazione (kaishaku) richiedeva eccezionale abilità e infatti il kaishakunin era l'amico più abile nel maneggio della spada. Un errore derivante da poca abilità o emozione avrebbe infatti causato notevoli ulteriori sofferenze. Proprio l'intervento del kaishakunin e la conseguente decapitazione costituiscono la differenza essenziale tra seppuku e hara-kiri: sebbene le modalità di taglio del ventre siano analoghe, nello hara-kiri non è prevista la decapitazione del suicida, e pertanto viene a mancare tutta la relativa parte del rituale, con conseguente minore solennità dell'evento.
Il più noto caso di seppuku collettivo è quello dei "Quarantasette rōnin", celebrato nel dramma Chushingura, mentre il più recente è quello dello scrittore Yukio Mishima avvenuto nel 1970. In quest'ultimo caso il kaishakunin Masakatsu Morita, in preda all'emozione, sbagliò ripetutamente il colpo di grazia. Intervenne quindi Hiroyasu Koga che decapitò lo scrittore.
Una delle descrizioni più accurate di un seppuku è quella contenuta nel libro Tales of old Japan (1871) di Algernon Bertram Mitford, ripresa in seguito da Inazo Nitobe nel suo libro Bushido, l'anima del Giappone (1899). Mitford fu testimone oculare del seppuku eseguito da Taki Zenzaburo, un samurai che, nel febbraio 1868, aveva dato l'ordine di sparare sugli stranieri a Kobe e, assuntasi la completa responsabilità del fatto, si era dato la morte con l'antico rituale. La testimonianza è di particolare interesse proprio perché resa da un occidentale che descrive una cerimonia, così lontana dalla sua cultura, con grande realismo.
Anche all'interno di un libro di Mishima, Cavalli in fuga, sono contenute numerose descrizioni di seppuku compiute da alcuni samurai che tentano una insurrezione per restaurare l'ordine tradizionale in Giappone e reintegrare nella pienezza del proprio potere l'Imperatore. Anche il personaggio principale compie il rito del seppuku all'ultima pagina del libro.[1].
Nel 1889, con la costituzione Meiji, venne abolito come forma di punizione. Un caso celebre fu quello dell'anziano ex-daimyō Nogi Maresuke che si suicidò nel 1912 alla notizia della morte dell'imperatore. Casi di seppuku si ebbero al termine della Seconda guerra mondiale tra quegli ufficiali, spesso provenienti dalla casta dei samurai, che non accettarono la resa del Giappone.
Con il nome di Jigai, il seppuku era previsto, nella tradizione della casta dei samurai, anche per le donne; in questo caso il taglio non avveniva al ventre bensì alla gola dopo essersi legate i piedi per non assumere posizioni scomposte durante l'agonia. Anche di ciò è presente una descrizione nel citato libro di Mishima, Cavalli in Fuga.
L'arma usata poteva essere il tantō (coltello), anche se più spesso, soprattutto sul campo di battaglia, la scelta ricadeva sul wakizashi, detto anche guardiano dell'onore, la seconda lama (più corta) che era portata di diritto dai soli samurai.

katana



I precetti di un Samurai

I samurai seguivano un preciso codice d'onore, chiamato Bushidō (via del guerriero), la più famosa opera che lo sintetizza è l'Hagakure di Yamamoto Tsunetomo. Non bisogna però ritenere che il Bushido praticato nelle diverse epoche in cui vissero i samurai fosse sempre attinente ad un medesimo codice d'onore, privo di modifiche o di differenze. Per esempio l'Hagakure è sostanzialmente diverso e confliggente in molte parti con un'altra celebre opera sul Bushido, scritta poche decine di anni prima, il "Libro dei cinque anelli" di Miyamoto Musashi. Infatti il concetto di onore dell'Hagakure è basato sull'accettazione della morte e sull'obbedienza ceca al proprio signore, mentre Musashi lo lega alla ricerca dell'auto perfezionamento, e alla completezza culturale e filosofica. Si noti che Musashi non era un "vero" samurai ma un bushi, rifiutandosi per tutta la vita di prestare servizio ad un signore giurandogli fedeltà, rimanendo sempre indipendente; una pratica normale nel XV e XVI secolo, ma eccentrica nel XVII, e considerata con sospetto negli ambienti culturali affini a quelli in cui fu redatto l'Hagakure. Inoltre Musashi si interessò pochissimo dell'onore fomale e l'etichetta, concentrandosi soprattutto sull'onore sostanziale e personale.
L'Hagakure è un libro scritto, in un'epoca di pace, per creare un samurai perfetto, a partire dal suo obbligo di servire il proprio padrone e il suo onore, con la propria spada e con la propria vita, il Libro dei cinque anelli, al contrario, punta a creare un perfetto samurai facendolo divenire un uomo completo o il più possibile completo, ed inoltre pone molto l'accento sulla spiritualità buddista zen (e marginalmente sul buddismo esoterico colto) ed alla preparazione filosofica, puntando a fare del suo samurai perfetto anche un uomo "buono" secondo i principi del buddismo giapponese. Si noti che il Libro dei cinque anelli fu scritto appena dopo la pacificazione del Giappone, da un simpatizzante per la fazione sconfitta, e quindi è molto meno "teorico" e molto più pragmatico e figlio di combattimenti reali e non dispute sull'onore. Forse non è un caso se l'Hagakure divenne un libro importantissimo per il nazionalismo e il fascismo giapponese (che comunque lo utilizzarono snaturandolo) che lo resero una lettura quasi obbligatoria all'interno dei loro circoli, mentre il Libro dei cinque anelli conobbe una grande fortuna anche al di fuori del Giappone, in ambiti culturali differenti.
I precetti dei samurai furono pesantemente influenzati dalle principali correnti spirituali e culturali giapponesi. Verso il 1000 era ancora lo Shintoismo la principale fonte d'ispirazione per i samurai, corrente che sottolineava la fedeltà all'imperatore, in un'epoca in cui essere samurai voleva dire, innanzi tutto, essere un guerriero abile, ma successivamente concetti taoisti, buddisti e confuciani iniziarono a diffondersi e a sovrapporsi a questi. In particolare ebbero grande fortuna, dopo il buddismo cinese, il buddismo zen e il buddismo esoterico (quest'ultimo soprattutto nelle casate nobili più ricche e potenti, mentre il primo anche a livello di piccole scuole e ronin). In quest'epoca si diffusero molte scuole che associavano ai doveri del samurai l'obbligo di svolgere i propri compiti non solo al massimo delle proprie capacità, ma con grazia ed eleganza, dimostrando attraverso il gesto la propria superiorità, pratica che fu molto contestata nel XVI secolo (quando riprese l'attenzione all'efficacia e non alla forma del gesto), ma che è rimasta in molte scuole di pensiero samurai.
L'arrivo delle filosofie occidentali ebbe un'altra importante conseguenza sul modo di vivere dei samurai e di chi ad essi poteva essere accomunato, perché inserì tra i precetti da seguire anche la grande attenzione alla cultura. I ruvidi guerrieri del 900 erano divenuti, prima del 1300, raffinati poeti, mecenati, pittori, cultori delle arti, collezionisti di porcellane, codificando in molte opere di bushido (fino al Librod dei cinque anelli) la necessità per un samurai di essere esperto in molte arti, non solo in quella della spada. La prima grande codificazione di questa svolta avvenne nel Heike Monogatari, opera letteraria più famosa del periodo Kamakura (1185-1249), che attribuiva alla via ddel guerriero l'obbligo dell'equilibrio tra la forza militare e la potenza culturale. Gli eroi di quest'epopea (la storia di una lotta tra due clan, i Taira e i Minamoto)e di altre che si ispirarono a questa negli anni immediatamente successivi, sono gentili, ben vestiti, molto attenti all'igiene, cortesi con il nemico nei momenti di tregua, abili musicisti, competenti poeti, letterati talvolta particolarmente versati nella calligrafia o nella disposizione dei fiori, appassionati cultori del giardinaggio, spesso interessati alla letteratura cinese. Inoltre morendo spesso mettono in versi il proprio epitaffio.
Questa visione duplice dei compiti del samurai si affermò grandemente, fino a diventare egemonica, Hojo Nagauji (o Soun), signore di Odawara (1432-1519), uno dei più importanti samurai della sua epoca scrisse nei "Ventuno Precetti del Samurai": "La Via del guerriero deve sempre essere sia culturale che marziale. Non è necessario ricordare che l'antica legge stabilisce che le arti culturali dovrebbero essere rette con la sinistra, e quelle marziali con la destra", in questo sottolineava una certa predominanza per le arti marziali, ma da questo insegnamento trassero spunto numerosi samurai che divennero famosi tanto come spadaccini, quanto, e più, come esperti della cerimonia del té, o come artisti, attori di teatro Nō, poeti. Imagawa Royshun (1325-1420), grande commentatore dell'Arte della guerra di Sun Tzu, nelle sue "Norme" si era spinto oltre, affermando che "Senza conoscere la Via della cultura, non ti sarà possibile raggiungere la vittoria in quella marziale", creando un nuovo concetto di equilibrio tra cultura e guerra noto come bunbu ryodo ("non abbandonare mai le due vie").
Lo stesso Miyamoto Musashi, uno dei più grandi duellisti del XVII secolo (con 59 vittorie e un pareggio o 60 vittorie e un pareggio entro i trent'anni, a seconda delle fonti), divenne nella seconda parte della sua vita uno dei più grandi pittori di quel periodo. Concordava con Takeda Shingen (1521-1573), forse il più brillante generale del XVI secolo, che affermava come la grandezza di un uomo dipendeva dalla pratica di numerose vie.
Questo atteggiamento ovviamente provocò tutta una serie di aspre critiche; in particolare si ricorda l'avversione di Kato Kiyomasa (1562-1611) per tutto ciò che non era marziale e la sua opinione, condivisa da molte scuole "estremamente marziali", secondo la quale un samurai dedito alla poesia sarebbe divenuto "effeminato" mentre un samurai che avesse praticato il mestiere dell'attore o si fosse interessato al teatro Nō avrebbe dovuto suicidarsi per il disonore che arrecava al suo nome. Correnti di pensiero "estremamente marziali" e di rifiuto degli aspetti culturali della figura del samurai si diffusero notevolmente nei secoli successivi. Questo fatto potrebbe sembrare paradossale per un'epoca di pace (la Pax Tokugawa) durante la quale in piccoli dojo non solo si accettava l'etichetta ma anzi la si studiava a fondo; al contempo però si intendeva anche ritornare al significato originario dell'essere samurai, il guerriero impavido; in questo contesto persino l'Hagakure potrebbe essere stato considerato troppo "raffinato".
Inoltre le differenti fonti d'ispirazione culturale cui erano soggetti i samurai (scintoismo, scintoismo esoterico, taoismo, buddismo cinese, buddismo della terra pura, buddismo zen, buddismo esoterico, confucianesimo ufficiale cinese, confucianesimo dei glossatori giapponesi, epica classica giapponese) crearono scuole di pensiero e di pratica molto differenti, con principi di vita talvolta contrapposti o, più spesso, semplicemente complementari, anche grazie alla grande attitudine al pragmatismo e al sincretismo della cultura giapponese.

250px-Samurai_1



Sakura - il ciliegio

Oggi assunto a simbolo di tutte le arti marziali, venne adottato dai samurai quale emblema di appartenenza alla propria classe. Nell'iconografia classica del guerriero il ciliegio rappresenta insieme la bellezza e la caducità della vita: esso, durante la fioritura, mostra uno spettacolo incantevole nel quale il samurai vedeva riflessa la grandiosità della propria figura avvolta nell'armatura, ma è sufficiente un improvviso temporale perché tutti i fiori cadano a terra, proprio come il samurai può cadere per un colpo di spada infertogli dal nemico. Il guerriero, abituato a pensare alla morte in battaglia non come un fatto negativo ma come l'unica maniera onorevole di andarsene, rifletté nel fiore di ciliegio questa filosofia. Un antico verso ancora oggi ricordato è "hana wa sakuragi, hito wa bushi" (花は桜木人は武士) che tradotto significa "tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il guerriero" - (Come il fiore del ciliegio è il migliore tra i fiori, così, il guerriero è il migliore tra gli uomini).

220px-_



Altre Immagini



Info: Wikipedia
 
Top
Kimu
view post Posted on 20/12/2011, 20:50




Omiai Kekkon



I Matrimoni Combinati In Giappone

ca7qkf7xxk6



Capire Il Sistema Dell'Omiai

I matrimoni combinati in Giappone, adesso sono la minoranza, in quanto il 70% delle coppie si sposa per amore e il restante 30% si sposa dopo il classico "omiai".
Una parte essenziale dell'omiai è il nakodo, una persona che funge da intermediario tra genitori e figli. I genitori si rivolgono al nakodo, di solito un professionista serio e affidabile, oppure una persona che conosce uno dei 2 single e, magari con l'assenso delle due famiglie o di una di esse, decide di farli conoscere. Anche il capo ufficio può diventare nakodo e, questo implica, che i due futuri sposi sono e saranno colleghi di lavoro. Il nakodo capo ufficio nasce dal fatto che avere dipendenti sui 30 anni non sposati viene considerato negativo dal punto di vista del rendimento lavorativo o, anche solo, per il semplice fatto che a 30 anni la consuetudine sociale impone che ci si sarebbe già dovuti sposare.
Le prime informazioni scambiate tramite il nakodo sono solitamente un documento scritto, chiamato “tsurisho”, con allegate le foto dei papabili futuri sposi. Le informazioni dello tsurisho riguardano, oltre il lavoro (e quindi ovviamente il reddito specialmente dello sposo) e gli eventuali hobbies, la famiglia di appartenenza. Motivo per il quale taluni cercano di nascondere il fatto di discendere da talune categorie sociali poco appetibili, tipo i burakumin.
In questa fase di valutazione “del curriculum vitae pro matrimonio”, cioè lo tsurisho, un'informazione che è considerata importante riguardo agli uomini, oltre al fatto estetico (la foto scambiata), lo stipendio e le eventuali discendenze sgradite, è se l'uomo è un primogenito o figlio unico. Cosa che implicherebbe, secondo la prassi sociale, che la futura moglie si faccia carico dei suoceri quando saranno anziani. Questo fatto spinge molte donne a preferire i secondogeniti o futuri sposi con genitori defunti.


L'Omiai nell' Antichità

Nei tempi antichi il matrimonio avveniva all'interno del “mura” , la comunità. La coppia si conosceva da sempre perché era nata e cresciuta nella stesso villaggio.
Successivamente il matrimonio rientro nella sfera dello “ie”, cioè sul nucleo familiare, quindi il capofamiglia decideva se il futuro /sposo/a era adatto al proprio figlio/a. Lo scopo era garantire alla famiglia il mantenimento dello status sociale o, addirittura, migliorarlo con un matrimonio che facesse trarre un beneficio ad entrambe le famiglie capostipiti. Basti pensare ai matrimoni del periodo Tokugawa tra i mercanti ricchi, che avevano comunque uno status sociale basso, e le famiglie samuraiche cadute in disgrazia. Con quelle unioni il mercante capofamiglia acquisiva lo status sociale per il figlio/a e futuro sposo/a, ed il capofamiglia samurai, in cambio, ne otteneva i benefici economici per il figlio/a e futuro sposo/a, ma entrambi i gruppi familiari, mercante e samurai, ne risultavano avvantaggiati.



Info: Professorshouse & Giappone Forum
 
Top
66 replies since 12/12/2011, 22:10   11045 views
  Share